Chapter 29: 22,4 cm

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Calum

«Calum.»
Quando entro nel bar dove Ashton lavora come cameriere, sento la voce del riccio chiamare il mio nome. Neanche il tempo di far richiudere la porta d'ingresso alle mie spalle; lui è già davanti a me, un bicchiere in una mano e uno straccio nell'altra. Mi guarda con insistenza.

«Ashton? Tutto bene?»
«Sì, tutto bene. Volevo parlarti di una cosa.»

Annuisco, alzando le braccia e facendole poi ricadere lungo i fianchi. «Ti ascolto».
Raggiungiamo il bancone. Si offre di prepararmi una bevanda, una sua nuova invenzione, che fa davvero schifo ma stringo i denti e mando giù.
«Come ti sembra?» si appoggia al bancone, gli occhi velati da un luccichio di soddisfazione. Quasi mi dispiace deludere le sue aspettative e dirgli la verità.
«Particolare.», borbotto. Un brivido mi percorre la schiena quando sento il liquido scendere per la mia gola.
«È un modo carino per dirmi che non ti piace?» il suo sorriso mi costringe a buttare giù un altro sorso.
«Amico, è un modo carino per dirti che fa davvero schifo. Ma cosa ci hai messo? Valeriana? È un sedativo?»
Esamino il liquido verdolino contenuto nel bicchiere. È quasi... gelatinoso.

«Ah, non ne ho idea. Ho trovato un po' di ingredienti per i cocktail e sono andato a istinto. Non sembra così malvagio.»
Prende il bicchiere dalle mie mani e ne beve un sorso. Fronte corrucciata, occhi chiusi e labbra sigillate. Tossisce un paio di volte e «No, hai ragione, è proprio una merda.»

Incrocio le braccia sopra il bancone e guardo Ashton versare il drink nel lavandino, pulendo poi il bicchiere e lasciandolo asciugare su una mensola.
«Allora,» dico. «Di cosa volevi parlarmi?»

«Giusto. Me ne stavo dimenticando.»
Rivolge la sua attenzione a me, schioccando la lingua sul palato.
«Ricordi la notte in cui sei caduto dallo skate?»
Corrugo le sopracciglia. «Sono caduto dallo skate?»
«Sí. Volevi fare una delle tue solite acrobazie da iperattivo e sei finito per terra. Eravamo entrati nella pista di tuo zio scavalcando la recinzione.»

«Oh, sì, adesso ricordo. Dove vuoi andare a parare?»

«E se quella caduta c'entrasse qualcosa con la tua Prosopagnosia? Se lo scontro con il cemento avesse danneggiato un qualcosa? Hai detto che puó essere causata da lesione bilaterale-»

Sbuffo. «E anche se fosse? Non posso tornare indietro nel tempo ed evitare di fare quella cazzata, Ash.»

«No di certo. Volevo solo dare un punto d'inizio a questa cosa.»
Sbuffo una risata. Nel mentre il riccio ha fatto il giro del bancone e si è seduto al mio fianco. «I tuoi?»
«Incredibilmente demoralizzante. Domanda di riserva?»

«Non glielo hai detto, non è così?»
Nonostante tutti questi anni, riesce a capire ancora quando la mia risposta non soddisferà le sue aspettative.

«Di quella notte ricordo lo scontro con il cemento. Nient'altro, se non quando siamo tornati a casa.»

«Sei svenuto, poco tempo dopo averti steso sui sedili posteriori. Volevamo portarti all'ospedale, ma poi ti sei ripreso. Hai detto di star bene e che si trattava solo di un calo di zuccheri. Quindi hai convinto tuo padre ad andare a casa e lasciarti riposare.»

Ricordo di essermi sballato di brutto quella sera, sicuramente i miei avrebbero reciso la mia vita se i medici avessero fatto le analisi e visto tutta la roba che avevo assunto. «Prendimi a pugni, ti prego.»

«Io lo farei volentieri»
L'inconfondibile voce di Michael Clifford ci fa voltare. Lo vediamo camminare con disinvoltura verso di noi, poggiarsi sul bancone e sorriderci in modo beffardo.
«Ho interrotto qualcosa?»
Scuotiamo il capo all'unisono, così lui si affretta a dire «Indovinate un po'?»
Ashton precede ogni mia possibile risposta. «Gli alieni stanno finalmente arrivando e le multinazionali moriranno insieme a tutti quei avidi bastardi che popolano il pianeta?»

Michael sbatte una mano sulla superficie in marmo del bancone, visibilmente stupito. «Diamine Ash, come fai a indovinare ogni volta?»

«Sentiamo», lo invito a continuare.
Lui si sistema su di uno sgabello e si stringe nelle spalle. «Non lo so, era un modo per intraprendere una conversazione. Sai, ho la tendenza a rimanere in disparte durante un rapporto sociale e volevo impedire al mio alter-ego di diventare invisibile a se stesso. Come state?»

Un tipo bizzarro, Clifford. Non che non lo sapessi già (dal secondo anno, quando è venuto a scuola con indosso un costume in lattice alla Freddie Mercury dopo aver perso una scommessa, ha acquistato una certa notorietà fra gli studenti), ma è sempre interessante entrare in contatto con persone come lui. Perchè non sai mai cosa aspettarti: da un secondo all'altro potrebbe spararsi un colpo oppure ridere a crepapelle.
Devi sempre calcolare le probabilità di beccarlo nel suo momento meno fragile.
Perchè potrebbe crollare tutto in un attimo.

«Una favola. Sto una favola.» Mi affretto a dire. Vedo i suoi occhi smeraldini brillare, come se mi stesse scannerizzando da testa a piedi. Si stampa un sorrisetto in faccia e mi lascia due pacche di consolazione sulla spalla.
«Tu come te la passi?» Ashton torna dietro il bancone per servire due bambini, che non sarebbe neanche riuscito a vedere se non fosse stato dalla parte opposta. Il suo tono si addolcisce terribilmente quando prende gli ordini e i due piccoletti gli porgono i soldi, poi consegna loro il resto e i due tornano al tavolo, dai propri genitori.

«Io? Non lo so, a dirla tutta. Sto e basta.»
«Vuoi qualcosa?» Ashton richiude la cassa e torna davanti a noi. Michael scuote il capo. «No, grazie Ash.»
«Sicuro? Sei un po' sciupato.»
Osservo le sue occhiaie, le labbra screpolate, gli occhi stanchi e le movenze lente e disconnesse. Stringe le palpebre quando gli assesto una spallata amichevole, poi lo vedo ricomporsi e scuotere la testa per la seconda volta.
Ridacchia e «Sto bene. Davvero, ragazzi. Ho passato la notte sui libri e sono solo preoccupato per gli esami. Non voglio ripetere l'anno di nuovo.»

«Andrà bene. Lo sappiamo tutti che andrà per il meglio. L'unico a non crederci sei tu.»
Silenzio. Ashton assume quell'espressione  da "so-di-cosa-sto-parlando-e-anche-tu" che mi fa sentire di troppo. Si scambiano uno sguardo complice e il moro poggia entrambe le mani sul bancone, protendendosi in avanti.

«In cosa credi, Michael Clifford?»

«E ci risiamo...» lo sento borbottare. Rivolge ad Ashton un sorriso accondiscende e poi dice: «Tu, invece? In cosa crede Ashton Fletcher Irwin?»

«Come fai a sapere il mio secondo nome?»
«Al primo anno eri la mia cotta. So tutto di te. Anche quante volte vai in bagno durante il giorno. Una la mattina, due il pomeriggio e la sera prima di andare a dormire. Conosco pure la lunghezza del tuo ca–»
Scoppio a ridere quando Ashton spalanca gli occhi e rimane con la bocca semiaperta. Lo straccio che teneva tra le mani scivola a terra e io quasi cado dallo sgabello in balìa di un soffocamento.

«Okay, Michael! Ho capito il concetto.»
Il tinto sorride raggiante, evidentemente soddisfatto di aver fatto arrossire Ashton.
Poi il campanellino sopra la porta d'ingresso suona e Luke e Aurora entrano, sorridendo quando ci vedono al bancone. Si avvicinano mano nella mano e Luke rivolge un occhiolino a Michael. Mi trattengo dal fare domande. Forse è stata una sua cotta anche lui.

«Ciao! Di cosa stavate parlando?»

Michael si morde il labbro, interdetto sul da farsi. Guarda Ashton per chiedergli conferma ma il riccio scuote il capo e mima un "No" tra una risata e l'altra.
Allora lui prende un respiro profondo e trattiene una risata compiaciuta.

«Della lunghezza del cazzo di Ashton.»

𝐂𝐎𝐔𝐍𝐓𝐃𝐎𝐖𝐍Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang