9. Un origami di carta sul baratro dell'incendio

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Ci sono enormi nuvole di polvere nella strada.

L'asfalto non è così accecante come credevo, anche se Didì accetta volentieri da Ambra degli strani occhiali, con una montatura azzurra e appuntita.

Forse lo prende come un gesto di tregua dalla bionda, che guida scalza, anche lei con grandi lenti scure e graffiate sopra gli occhi vuoti.

Da una radio scassata, Real Wild Child di Iggy Pop cerca con tutto il volume possibile di sovrastare il rumore del vento, che ci scompiglia i capelli (non certo quelli di Didì, che si è sciolto il turbante per metterselo come un foulard, stile diva anni sessanta).

Il sudore mi incolla ai sedili di pelle nera, che sembrano aver raggiunto una temperatura sopportabile.

«Quanto distante è questo paese?», urlo sopra la musica, voltandomi verso Ambra, che sterza a sinistra, seguendo l'asfalto rovente nelle nubi di sabbia.

Gli occhiali scuri rimandano un'espressione immobile. Solo delle rughe sottili si scontrano tra le sopracciglia marcate. «Non manca molto», grida la ragazza, dando uno sguardo veloce a Didì, che sdraiata sui sedili posteriori fa danzare le braccia alzate a ritmo di musica, fingendo di conoscere la canzone in radio (emette anche dei suoni strani, che somigliano a delle specie di ululati). Comunque, sembra aver recuperato in fretta il suo buon umore.

Le lenti nere di Ambra tornano su di me scuotendo la testa, e io mi lascio andare ad un sorriso. Poi mi distendo sul sedile con un grande sospiro ed osservo la mia mano nuotare nell'aria, spinta da onde invisibili di vento.

Mi sento strana. C'è qualcosa di inspiegabile che non riesce a cancellarmi il sorriso dalle labbra. È una gratitudine appena sbocciata, un timido calore nato da fattori stupidi forse... ma la musica alta, il forte vento addosso, e la macchina che corre veloce lasciando scorrere tutto dietro di noi, mi fa sentire viva come mai prima.

Una distesa luminosa di sabbia ci avvolge, ma non mi agita essere dispersa nel nulla. Forse, quel cielo di vetro viola senza nuvole è la cosa più bella che io e Dalila potremmo mai desiderare, dopo aver trascorso un tempo indefinito tra le mura rotanti del Sanatorio.

Pochi metri dopo sorpassiamo un cartello autostradale arrugginito. Una scritta sbiadita dal sole ci informa che siamo ufficialmente dentro i confini di 'Dissociation', ma passa ancora molto tempo prima che fiorisca qualcosa di fronte a noi.


***


Quando raggiungiamo un piccolo gruppo di case dai colori sgargianti, una strana inquietudine torna ad accarezzarmi le spalle.

Il sole è alto nel cielo, ma le silenziose villette a schiera, con i giardini anteriori perfettamente curati, mi rendono tremendamente nervosa.

Ho imparato a non fidarmi mai delle cose che sembrano perfette, pulite e ordinate.

Ambra parcheggia nel vialetto di una casetta gialla e quando spegne il motore, si sistema gli occhiali fissandosi nello specchietto, prima di mettersi i tacchi vertiginosi e sbattersi la portiera della Cadillac alle spalle.

Dalila balza fuori dall'auto come ridestata da un sogno agitato (sembra abbastanza frastornata dal viaggio), mentre io, quando scendo, resto imbambolata a fissare la lunga strada asfaltata che si snoda al mio fianco, delimitata dalle piccole case colorate.

Forse sto esagerando con tutta questa apprensione, ma è in quel momento che sento lo stomaco annodarsi ripetutamente: mi sembra di essere rinchiusa nel plastico di una città perfetta.

Ciscandra - Personality Disorders  || 2° LibroWhere stories live. Discover now