15. L'Indovina di Ferro

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Quella che compare in una nuvola di polvere è una vecchia molto magra. Ma non è una vecchia qualunque.

Forse dico così perché porta una gigantesca parrucca bianca, terribilmente alta (come quelle del settecento), cosparsa di una strana polvere profumata.

Forse è per la sua faccia incipriata, per le vene blu disegnate sulle tempie o il suo neo finto, dipinto con maestria appena sopra il labbro.

Forse invece è per la grande crinolina di ferro che indossa, su cui si arrampicano diverse foglie d'edera e... della carta igienica.

Guardandola meglio, mi accorgo che siede con difficoltà su un vecchio gabinetto senza tavoletta.

Sto per formulare una riflessione sul fatto che è abbastanza particolare come trono, ma il pensiero svanisce in fretta, perché vengo rapita da quello che vedo quando la donna spalanca il corsetto che sembra soffocarla: il petto è inesistente.

Dal seno in giù è come se qualcuno le avesse strappato pezzo dopo pezzo, o si fosse dimenticato di riempire di carne quella parte. Ciò che rimane è solo una lunga e flessuosa colonna vertebrale, che troneggia fiera, adornata da qualche pezzo di metallo.

«Andiamo non ho tempo da perdere! Avvicinatevi!», gracida l'Indovina di Ferro, liberandosi con un sospiro del corsetto e schioccando le dita.

A quel punto mi sembra più assurdo il fatto che la donna soffochi con un corsetto (dato che non ha il petto!), più che lo strano tavolino che compare magicamente (formato da una lamiera e un pneumatico), su cui la vecchia stende abilmente delle carte consumate.

Guardo per un secondo Dalila e Ambra che restano immobili e mi fanno cenno di proseguire, mentre io vengo colta da uno dei miei rari momenti di stizza furente per il grande sostegno che mi dimostrano.

Mentre avanzo a passi tremanti, la testa della donna si solleva con uno scatto, fissandomi con occhi ardenti: «Siedi»

Mi accuccio intimidita vicino al copertone, mentre l'anziana raccoglie le carte appena stese, mescolandole con una strana cantilena a bocca chiusa.

Vedo i suoi occhi scomparire dietro le palpebre rugose, e per un attimo mi ritrovo a pensare a come doveva essere affascinante in passato. Lo dico per i lineamenti, che anche se in declino sono delicati, e dallo sguardo ardente, di una bellezza in un certo senso spietata. Devo ammettere comunque, che un fascino magnetico in qualche strano modo lo conserva ancora.

«Scegli una carta», gli occhi neri splendono con uno strano luccichio, e quando abbasso la testa sul copertone le carte sono di nuovo lì. Non mi sono neanche resa conto di quando le ha stese.

Allungo una mano che decide (con mio grande imbarazzo) di tremare incontrollabilmente.

La vecchia mi afferra il polso rudemente, tirando la mia mano verso le carte: «Non fare la sciocca ragazzina, ci sono ben altre cose da temere che una vecchia pazza su un cesso ridipinto»

Faccio scorrere le dita sulle carte, ma non riesco a chiudere gli occhi, anche se ad un certo punto sento uno strano calore provenire da una di esse, e quel caldo sussurro ben presto si trasforma in un bruciore violento.

Scosto la mano sobbalzando, mentre la carne sul mio palmo viene mangiata da una scottatura rossastra.

La donna ride, facendo scivolare la carta coperta davanti a me, mentre sulla sua pelle si espandono una miriade di tatuaggi fluorescenti. Alcuni sono tagli lineari, altri sono simili a figure geometriche. È come se avesse delle componenti metalliche luminose appena sotto la carne.

Ciscandra - Personality Disorders  || 2° LibroWhere stories live. Discover now