20. Morso e la Regina dei Ratti

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Priscilla inchioda bruscamente. Dopo quello che sembra un momento di silenzio eterno, la voce di Zucchero risuona più acuta più del solito: «Credo ci sia qualcosa che dovreste vedere».

Alaska appoggia il mitra sul divano leopardato, poi si avvicina al sedile del guidatore. Tra i brandelli del vestito strappato le sue gambe appaiono magrissime.

«Bene», dice Adore, chiudendo gli occhi e appoggiando la testa ad una vetrata. Espira nervosamente, come se sapesse già cosa ci aspetta.

Didì mi aiuta ad alzarmi. Le sue mani tremano un po', ma non dice nulla. Abbiamo passato un altro cancello di filo spinato. Gli spari assordanti e la pioggia di pallottole (accompagnate dalle sue urla stridule), sono ormai lontani. Forse per un po' di tempo ha finito la sua scorta di fiato.

Mentre mi avvicino al parabrezza di Priscilla, un fischio persistente mi assorda le orecchie, e devo tenermi ai sedili per non perdere l'equilibrio.

Poco a poco metto a fuoco due figure.

Sono un uomo e una donna, seduti su due sedie a rotelle. Non si può dire che siano delle sedie a rotelle qualsiasi: hanno ruote luminose come le insegne di un circo, e una lunga fila di palloncini sgonfi e pieni di polvere attaccati allo schienale.

L'uomo indossa una bizzarra tuta gialla, la donna una rosa. Entrambi hanno il viso oscurato da un cappuccio, su cui spuntano due orecchie di stoffa. Sembrano due cartoni animati inquietanti e un po' grotteschi.

Le lunghe orecchie gialle, incorniciano cadenti il viso ghignante e scarno dell'uomo, che arrotola una manica fino alla spalla, scoprendo il braccio magro e mal tatuato.

L'individuo ci rivolge un sorriso freddo, mentre la ragazza al suo fianco inizia a fare dei fischi acuti, intermezzati da borbottii, spingendosi avanti e indietro sulla sedia a rotelle, come se stesse giocando a radiocomandare una macchina futuristica.

Sembrano abbastanza innocui, se non fosse per il fatto che ognuno di loro ha un'arma appoggiata in grembo: un mitra colorato come un lecca-lecca.

Forse è quando li puntano verso di noi, facendoci segno di scendere, che le mie orecchie smettono di fischiare e inizio a sentire il tremore dei vetri, scossi dai bassi delle vibrazioni di una musica che viene dall'esterno.

La voce suadente di Alaska mi giunge ancora ovattata: «Be' biscottini, benvenute nel Distretto degli Antisociali.»


***


Scendere da Priscilla è strano. Non solo per la musica che mi esplode nelle orecchie (a metà tra il rap e l'elettronica, in cui sembra cantare una bambina), ma anche perché l'aria è calda e non riesco a tenere gli occhi aperti. La luce è troppo forte, così cerco di farmi ombra con una mano.

Quando delle piccole macchie bianche smettono di vorticare nei miei occhi, vedo emergere in lontananza dei palazzi, alti e anneriti. Case, edifici, strade sembrano state bombardate da una guerra violenta o consumate da un enorme incendio. Ma quello che è ancora più curioso, è che anche il cielo sembra ferito: è crepato, come se fosse fatto di vetro e qualcuno si fosse divertito a lanciargli dei sassi contro.

Alcuni frammenti di cielo-vetro dondolano un po' pigramente. Sembrano non volersi staccare. In altri punti, dove i pezzi si sono schiantati a terra, si intravedono piccole lampadine elettriche, alcune fulminate, altre debolmente accese.

È come se l'intero luogo fosse finto (con questo non intendo dire che gli altri scenari fossero più reali), ma qui si ha la sensazione che tutto sia coperto da semplice carta da parati pronta da strappare.

Ciscandra - Personality Disorders  || 2° LibroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora