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Hai delle isole negli occhi

e il dolore più profondo riposa almeno un'ora se t'incontro

(Hai delle isole negli occhi, Tiziano Ferro)

Rimango paralizzata sul posto. Harry mi osserva, ma non si avvicina ulteriormente e di questo gliene sono grata.

"C-come, scusa?" balbetto dopo un paio di minuti.

"Ricordi quando mi chiedesti di andare da Burger King? Eravamo in quell'hotel, a Londra." dice. "Sì, lo ricordo." rispondo. "Bene. Quando sono uscito ho origliato la conversazione tra tua madre e quel tale, Peter, quel bastardo che ti ha sparato." sputa le ultime parole con rabbia. Non ho le parole al momento per esprimere quello che provo.

Lui sapeva.

"Lyn." mi richiama. Tenta di afferrare la mia mano, ma la scosto bruscamente.

"Come hai potuto?" mormoro sconvolta.

"Eri serena dopo settimane e non ti avevo mai vista così. In più eri preoccupata per la sfilata e per me, non volevo darti un peso in più." spiega. "Tu non volevi... Harry, mia madre voleva uccidermi!" esclamo mettendomi improvvisamente in piedi. Il riccio copia le mie azioni e sospira. "E io volevo proteggerti. Se te lo avessi detto, tu saresti andata nel panico." "Certo, perché quella voleva farmi fuori!" urlo sul punto di avere una crisi isterica fissandolo. "Se lo avessi saputo almeno mi sarei protetta! Avrei fatto qualcosa, non lo so-" le mie parole lo colpiscono talmente tanto da compiere due passi indietro e sgranare gli occhi.

Poi realizzo quello che ho davvero detto e quasi non mi picchio da sola. L'ho appena incolpato di quello che mi è successo.

"Harry, non intendevo dire-" "No, hai ragione – la voce gli trema – forse se te l'avessi detto le cose sarebbero andate in maniera diversa e tu non... non avresti rischiato di morire." deglutisce. C'è dolore nella sua voce.

"Vado a fare un giro. Torno prima di cena." si affretta ad uscire dalla stanza per poi chiudersi la porta alle spalle. Sobbalzo e chiudo gli occhi.

Sono una stupida. Mi sono arrabbiata per una cosa che non si sarebbe comunque potuta aggiustare e per migliorare la situazione ho pure involontariamente incolpato il mio ragazzo di quello che è successo.

La porta viene aperta poco dopo da Julian. Guarda il mio viso bagnato dalle lacrime, non fa domande e mi avvolge tra le sue braccia.

Il suo abbraccio mi riporta alla prima volta che lo aveva fatto: avevo diciotto anni e lui ventitré e ci eravamo conosciuti ad una festa. Stavo male quella sera e dopo aver cercato di farmi sorridere per un breve tempo mi aveva abbracciata. Aveva abbracciato una sconosciuta e da lì era nato tutto. Immagino che con Julian sia sempre stata più una relazione da migliori amici che una da fidanzati ed è per questo che anche dopo esserci lasciati in accordo siamo comunque rimasti grandi amici...

"Non voglio mettere il dito nella piaga, ma sei stata dura." dice mentre mi fa cenno di sederci sul mio letto. "E se ti stai chiedendo come faccio a saperlo, utilizzavi un tono abbastanza alto." aggiunge. "Ti giuro che non volevo. Maledizione, sono un'idiota!" esclamo scacciando altre lacrime. "Beh, direi di sì. Spiegati e scusati, un paio di occhi dolci e un po' di sesso e vedrai che ti perdonerà." tenta di farmi ridere. "Julian, per favore..." scuoto il capo. "Ehi, sono serio: Harry ti perdonerà. Io credo abbia fatto bene a non dirti nulla perché ti conosciamo entrambi abbastanza da sapere come avresti reagito." "Io – singhiozzo – è vero, è così, ma la cosa mi ha presa alla sprovvista e ho reagito male e-" "Brook, non devi dirlo a me questo. Adesso smettila di piangere e aspetta che torni a casa." mi ferma. "Sì, hai ragione..."  

The Game Is Over. || H.S. || LPAG's SequelWhere stories live. Discover now