Death Next Door

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(Questo capitolo contiene varie scene di violenza esplicita, se siete particolarmente sensibili non leggete.)

I primi tempi furono orribili, come Frisk aveva immaginato.
Lo svegliarsi presto tutte le mattine, le lezioni con i bambini più piccoli che la mettevano in imbarazzo, i compiti pomeridiani... Tutto era terribile, noioso e frustrante.
La bambina era, a parer suo, completamente negata e senza speranze, nonostante suor Cristina continuasse a dire il contrario. Frisk avrebbe voluto prendere a calci lei, la sua odiosa insegnante di matematica e tutte quelle suore, per aver complicato ulteriormente la sua vita disastrata. Lo avrebbe voluto così tanto, ma anche se si fosse rifiutata di andare in quell'inferno loro sapevano dove abitasse e scappare di casa era uguale al suicidio.
Perciò era bloccata sopra quella sedia scricchiolante per sei maledette ore al giorno, a ricevere bacchettate sulle sue minuscole dita, gessetti in faccia e urli di sdegno, senza dimenticare le altre bambine odiose che le buttavano gocce di inchiostro tra i capelli.

Suor Cristina si faceva carico ogni mattina di portarla a scuola e ogni pomeriggio di portarla a casa. Alcune volte, la porta di casa era chiusa poiché la madre della bambina era fuori, a lavorare.
Allora la giovane ecclesiastica la accompagnava in strada, dove stava a guardarla mentre giocava con gli altri bambini finché la madre non rincasava. Quest'ultima sembrava invece apprezzare la compagnia della ragazza, nonostante non le rivolgesse quasi mai la parola se non per ringraziarla.

Quando arrivava a casa, Frisk aveva una fame terribile e una tremenda voglia di picchiare qualcuno, dovute entrambe allo stress. Fu in quel periodo che iniziò a fare a botte con gli altri bambini del vicinato, nonostante loro la cacciassero perché era una femmina.
Era un gruppo di mocciosetti che lottava in piazza, tra polvere e asfalto, con un'unica regola: il primo che tocca il suolo perde. La bambina si guadagnò il diritto di lottare con loro con molta fatica e molti lividi, diventando infine una specie di membro della banda dopo aver rotto il dente a un ragazzino undicenne. Si sentiva forte quando picchiava uno più grande, era sublime quando quel qualcuno si accorgeva che quella bambina così piccina ti stava perforando la faccia con quel pugnettino e ti aveva appena spaccato un canino. La sensazione di potere, una fontana di gioia immensa mista a orgoglio... Frisk conservò a lungo dentro di sé quel momento di gloria, il modo in cui quella banda di piccoli combattenti l'aveva guardata, l'ammirazione nei loro sguardi tuttavia sconvolti.

Dopo quel giorno perse molte volte, tornando a casa con le braccia stanche e massacrate, ma tranquilla come un uccellino. Fare a botte le permetteva di sfogarsi a suo piacimento sul suo avversario, anche se perdeva e veniva sbattuta a terra non se la prendeva. Ritornava nel suo appartamento silenziosa e rilassata, iniziando allora a fare quei dannati compiti che le facevano ritornare la fame e il malumore. Sua madre era ormai quasi totalmente assente dalla sua vita, dopo quella notte.
Da quasi quattro anni usciva la mattina e rientrava la sera, nient'altro che questo. Quelle rare volte che si incrociavano, o quando la donna tornava a notte fonda, Frisk la ignorava completamente anche se lei le stava parlando. Si girava dall'altra parte nel letto e chiudeva gli occhi, con quell'orribile pensiero fisso che le faceva venire i brividi.

Sporca, sporca, sporca.

Era tremendamente snervante parlare di lei con Cristina. Quell'insistente ragazza continuava a chiederle cosa pensasse di sua madre, se le volesse bene e un sacco di altre domande stupide che non chiedi neanche a un ritardato. Frisk evitava l'argomento come la peste e iniziava a pensare che quella suora fosse veramente ottusa: era ovvio che solo vedere quella donna le provocava la nausea, eppure lei continuava a farle le solite ramanzine sull'immenso amore che Mary Ann provava per la bambina.

Un pomeriggio, mentre Cristina e Frisk stavano tornando verso casa, la giovane donna le feve una domanda diversa dal solito.

«Dimmi Frisk, tu odi tua madre?» Il suo tono era piatto e calmo, così la piccola si illuse di poter dire finalmente la verità.

I Ain't No Kid, Pal (Mafiafell Frans)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora