Go Pay Yourself a Hooker!

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Sans p.o.v.

Passarono due interminabili settimane, spese a correre da un posto all'altro nel tentativo di fare luce sull'identità del possibile fornitore di Mettaton. Per quanto cercassimo, nessuno dei nostri sospettati venne confermato.

Dopo quella sera, non avevo più parlato con Frisk di simili argomenti. Mi ricordavo perfettamente di quello che era successo e quello che ci eravamo detti, soprattutto il fatto che mi aveva fatto ubriacare apposta.
La allontanai bruscamente come se quella notte non fosse mai esistita e non avessi mai gettato lacrime davanti ai suoi occhi. Sapevo perché lo aveva fatto, lo sapevo e faceva tremendamente male rendersi conto di ciò: lo aveva fatto per umiliarmi, come tutti gli altri.
Si sarà divertita un sacco, avevo immaginato. Cosa c'era di più divertente della miseria degli altri?
Ero stato così stupido, un completo idiota a confidarmi sulla mia vita schifosa con una sconosciuta che avevo letteralmente incontrato il giorno prima.
Non nascondevo a me stesso il fatto di trovarla tremendamente affascinante, ma ciò non giustificava la cazzata che avevo fatto. Come se la mia vita non fosse già abbastanza umiliante, avevo peggiorato ulteriormente la situazione. Ero penoso, farmi abbindonare in quel modo.
Cosa ci avrebbe potuto guadagnare, Frisk Nichols, ad aiutare uno come me? Niente. E quando uno fa qualcosa senza guadagno, lo fa in realtà solo per divertimento e per abbandonare la noia. In qualsiasi altro posto al mondo, avrei potuto sperare in sentimenti sinceri, ma non qui. Non a Ebott City. In questa città non esistevano, erano estinti e schiacciati sotto le suole dei gangster.

Mi aveva preso in giro, ne ero sicuro.

Il giorno dopo, mi ero svegliato sul letto di una camera. Non era la mia e non era neanche quella della ragazza, che io sapessi. Mi ero alzato a fatica, con la testa che pulsava dal dolore ed ero andato a controllare cosa si trovasse nell'altra porta. La aprii e vi trovai Frisk che dormiva tranquillamente, avvolta dal lenzuolo fino alla vita e in posizione fetale. Il lucernario sopra di lei la illuminava della luce del mattino, ma lei non sembrava infastidita da ciò, e neanche dai miei passi pesanti e rumorosi. Non si svegliò neanche quando mi avvicinai al suo letto, tentato dallo svegliarla, ma infine non lo feci. La lasciai dormire, e mi teletrasportai a casa, sapendo perfettamente a cosa andassi incontro.
La mia camera era stata massacrata. Le cassettiere senza cassetti, dove il legno era stato sfondato a furia di pugni a calci. Il letto era stato aperto in due, i cuscini svuotati delle piume, che decoravano il pavimento come la neve le strade d'inverno. Anche la mia scrivania era stata distrutta e la sedia ormai era solo un mucchio di pezzi di legno sparpagliati per terra. La porta si era staccata dai cardini e le pareti erano piene di solchi e graffi.

"Fantastico. Stasera ci sarà un bella festa."
Pensai, per nulla sorpreso. In quel momento, il piccolo Gaster Blaster nella tasca del mio giubbotto iniziò ad agitarsi. Lo presi e lo avvicinai al viso per sentire meglio: era Frisk.
«Sans, dove sei?!»

«A casa. Ho delle cose da fare, ci vediamo tra un'oretta da te?»

«Oh, okay...»
Sembrò essere sorpresa dal mio tono freddo, ma in ogni caso chiusi la comunicazione. Presi il frammento di magia fra il pollice e l'indice, ammirando la struttura ossea che sembrava un cranio di mammifero.
Le telefoniche non erano abbastanza sicure per lo scambio di informazioni, le chiamate potevano essere intercettate dalle persone sbagliate e questo avrebbe fatto saltare tutto. Per fortuna che potevo usare questi comodi mezzi di comunicazione.

Da lì i giorni andarono avanti lentamente. Frisk non sembrò covare rancore per il mio atteggiamento distaccato verso di lei, cosa che sostenne la mia tesi. Per lei che io stessi bene o male non era un problema, voleva solo andare avanti il più velocemente possibile con questo lavoro in modo da ritornare a farsi i cazzi suoi il prima possibile. Tipico.

Tutto andò normalmente per due settimane, quando ebbi una serata particolarmente intensa con il mio amato fratellino: mi spaccò un dente e il giorno dopo non uscii di casa. Non mi aveva mai fatto una ferita tanto visibile, e non la presi neanche lontanamente con filosofia, restando nel letto tutto il giorno, senza riuscire neanche a dormire a causa del dolore. Ed inalai venti grammi di cereulanina. Ero così fatto che non riuscivo neanche a rispondere alle chiamate di Frisk, o forse non ne avevo semplicemente voglia; tuttavia, perfino quella droga paradisiaca mi lasciava insoddisfatto.

Era tremendamente difficile e triste da accettare, ma la verità era che volevo...

...Frisk. Solo lei con le sue promesse, vere o false che fossero. Volevo ritornare da Muffet & Grillby's, bere troppo e chiederle invece come fosse stata la sua infanzia, ero sicuro che non aveva vissuto tra rose e fiori. Nessuno in quella città aveva avuto una bella infanzia, la credevo in quel modo.

Tutt'un tratto ebbi una tremenda voglia di vederla e di chiederle scusa.
Senza neanche pensarci, mezzo fatto, mi teletrasportai nel suo ufficio.
Lei fu tanto presa di sorpresa che balzò subito in avanti con i pugni tesi, mentre era ancora seduta dietro la scrivania. Ma si accorse che ero io e solo allora si fermò, chiedendomi con gli occhi come diavolo mi fossi permesso di giocare all'intruso in casa sua dopo l'orario di cena.

«Hey, Frisk~ Ti andrebbe di-» Uno ceffone niente male mi interruppe. Imbambolato, guardai prima il suo volto furioso e poi la sua piccola mano, che pur essendo così delicata e minuta faceva un male cane.

«Se vuoi compagnia abbi la dignità di pagarti una prostituta.» Ringhiò lei, facendomi capire che in effetti ci era rimasta male dal mio comportamento.
Tentai di scusarmi, ma quello che mi venne fuori fu solo un brontolio lamentoso, causato dal segno rossastro che ora avevo sul lato della guancia. E una manata di aggressività.
Ero stufo marcio di essere picchiato, prima da Papyrus poi da lei. Lasciai uscire la mia frustrazione e mi misi a ringhiare anch'io.

«Senti, bimba. Sono venuto qui per scusarmi e tu mi tratti in questo modo? Pensi di essere superiore, huh?!»
La parte non drogata di me stesso urlava di smetterla di parlarle in quel modo e di scusarsi, ma la mia parte veemente non si fermò fino a quando la sua voce rimbombò nella stanza.

«CHIUDI QUELLA BOCCA!» Urlò lei, mentre concentrava minacciosa la sua magia. Riuscii ad obbedire a quel comando e la fissai, sorpreso dalla sua voce potente.

«Ascoltami tu, questa volta. Puoi essere il più pietoso tra tutte le persone al mondo, puoi essere quello che ha fatto la vita peggiore di tutti, e ti assicuro che non è vero, ma se sei uno stronzo ti tratterò da stronzo quale sei. Sono premurosa per le persone che mi rispettano, ma se osi non farlo e pretendi che io lo faccia puoi anche andartene a fanculo.»
Mi prese per la collottola e mi portò all'altezza del suo viso, i nostri nasi quasi si toccavano ed il suo respiro era caldo, bollente.

«Dovresti smetterla di farti di cereulanina.» Commentò lei. Mi lasciò andare e mise le braccia conserte, aspettando che me ne andassi.
Lentamente mi girai e mi preparai a tornare nella solitudine della mia camera.

«Mi dispiace.» Mormorai mortificato.

«Ah davvero...» Ribatté ironica. Poi qualcosa nella sua voce cambiò.

«Trattala di nuovo così e ti faccio qualche presa d'aria extra.»

Mi voltai velocemente, per ritrovarmi faccia a faccia con un paio di occhi rosso sangue. Non aveva attivato la sua magia, era come se fosse un'altra persona. La ragazza mi fece un sorriso minaccioso.

«Hai capito, testa di cazzo?»

I Ain't No Kid, Pal (Mafiafell Frans)Where stories live. Discover now