You Wanna Have a Great Time?

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Frisk p.o.v.

«Non ci voglio credere.»

Sans, davanti a me, restò in silenzio. Guardò con aria assente i duecento fogli che Catty aveva dato ad ognuno.
«È uno scherzo? Sono anche fronte retro!» Il mio tono sconcertato non provocò altra reazione alla gatta oltre ad un'alzatina di sopracciglio.
«Volevate informazioni, eccole qua. Parliamo del pagamento...» La interruppi con un gesto della mano.

«No, aspetta. Che ne sappiamo che non sono quattrocento pagine di pure stronzate? Senti qua.» Dissi indicando la prima pagina «"Mettaton si fa la manicure tre volte alla settimana, il bagno due volte al giorno con shampoo sempre incluso"! Mi dici a cosa ci serve questa roba?» Chiesi rivolta allo scheletro di fianco a me che sembrava addormentato con gli occhi aperti, fissando semplicemente la piccola montagna di carta nelle sue mani come inebetito.

Gli sventolai nervosamente la mano davanti alla faccia e solo allora si accorse di essere ancora nel mondo dei vivi.
Si girò verso di me, con la testa che ciondolava un po'.
«Hai... Ragione, non sembra tutta... Roba utile, ma...» Non sembrava affatto a posto. Pareva stanco e stralunato, come all'improvviso si fosse addormentato e svegliato allo stesso tempo. Fino a tre secondi prima stava benissimo!
Cercò a fatica di continuare a parlare.
«È l'unica fonte... Di informazioni che... Abbiamo, e...»

Catty sembrò tutt'un tratto molto preoccupata, tanto che tagliò corto e disse che avrebbe rimandato il pagamento ad un'altra volta.

«Grazie... Catty...» Disse lui alzandosi e barcollando leggermente. Lo imitai, chiedendomi se dovessi preoccuparmi o no.

Catty si avvicinò a lui e gli bisbigliò qualcosa all'orecchio, ma lui scosse energicamente la testa. Lei fece il broncio e gli diede una pacca sulle spalle, aggiungendo qualcosa. Lui fece ancora no con la testa e lei sospirò.

Vecchi amici, di sicuro.

Sans si voltò e mi guardò, insicuro su cosa fare. Io invece decisi di fargli un favore.

«Vatti a fare una dormita, mi occupo io delle informazioni.»
Lo scheletro sembrò apprezzare sinceramente il mio gesto.
«Grazie mille...» Mormorò lui.

«Non è nulla, solo...» Feci una pausa. «Sei sicuro di riuscire a tornare a casa?» Chiesi.

«Prima devo riportarti... A Nyarang Town...» Disse lui. «So tornare da sola senza farmi notare.» Replicai, incrociando le braccia.
Lui rise, una goccia di sudore gli scese sullo zigomo. «Siamo nel mezzo... Di Underground City, bimba. Dubito che riusciresti...»

«Non sono una bambina, amico.» Sans sembrò sorpreso dal mio improvviso tono duro, ma subito dopo sul suo viso si fece strada una strana espressione.

Sembra un bambino che ha trovato cento dollari per terra.

Commentò Chara, per poi emettere un risolino divertito.

Non è che hai fatto colpo su di lui?

"Oh, stai zitta." La rimbeccai, infastidita da quella sua reazione ed accigliata da quel "bimba".

Bimba un cazzo.

«Ops, scusami. In ogni... Caso, devo riportarti là, per... Sicurezza.» Continuò a dire lui, sorridendomi senza sosta.

«Va bene, ma non mi sembri in grado in queste condizioni.» Accettai, infine.

«Nah, ce la faccio.» Detto questo mi offrì di nuovo la mano, salutai con un cenno della testa la gatta e l'afferrai, insicura. Spesso pensavo che il sesto senso era una vaccata e poteva sbagliare, ma stranamente quella volta mi pentii di non averlo ascoltato.

L'impatto, infatti, non fu dolce come il primo. Mentre lo scheletro ebbe la fortuna di atterrare sul pavimento del mio ufficio, io invece feci contatto bruscamente con lo spigolo della scrivania. Sentii la mia coscia urlare straziata come se quel pezzo di legno mi si fosse infilato direttamente nella carne, ma riuscii a trattenermi dal gridare nonostante la mia espressione facciale fosse crollata miseramente. I fogli che tenevo in mano caddero per terra e si sparpagliarono per tutto il parquet.

Le scuse da parte di Sans durarono un bel po' e per qualche motivo, sembrava che mi stesse pregando di non ucciderlo.

Sans p.o.v.

«Oh santo... Mi dispiace, mi dispiace!» Continuai a ripetere, terrorizzato dalla sua faccia piegata da una smorfia di puro dolore e frustrazione. Avevo già visto una volta quell'espressione sul viso di qualcun'altro e subito dopo ero stato menato come un cane, quel ricordo mi rese nervoso e spaventato. Tutto ma non quello. Una volta al giorno era già abbastanza, anzi troppo. I pensieri mi si annebbiarono nella mente, già in piena nevrosi per la mancanza di cereulanina nella mia anima, e la stanza iniziò a girare vorticosamente intorno a me.

Frisk mi chiamò e quando barcollai mi si avvicinò velocemente e fece una cosa che mi fece restare a mascella aperta. Mi schiaffeggiò. Tuttavia, il dolore non troppo forte sembrò fermare il giramento di testa e mi risvegliò da quell'idiota senso di sonnolenza.
«Grazie.» Mormorai massaggiandomi la parte lesa.

"Perfetto, ora penserà che avrò bisogno del babysitter per tutta la durata di questa fottuta operazione" pensai vergognandomi nuovamente a morte.

«No, scusami. Ti ho colpito troppo forte.» La guardai sorpreso.
Frisk Nichols non era il tipo da chiedere scusa, lo avevo capito da alcune persone che avevano avuto a che fare con lei quando quel pezzo di metallo aveva ammazzato Asgore. Le informazioni sul suo conto erano poche ma chiare: affidabile ma pericolosa. Una strega a tutti gli effetti. Un demone nato nel corpo di una femmina.

«Non è nulla. Penso di riuscire... A tornare.» Mi girai solo per venire fermato da lei.
«No, aspetta un attimo. Come faremo a contattarci? A meno che tu non abbia voglia di comparire nel mio ufficio a sorpresa.» Chiese scettica.
«Nah, non voglio causarti troppi casini. Useremo questi.» Concentrai un poco di magia nel palmo della mia mano e la strinsi a pugno. La riaprii e feci vedere alla meravigliata ragazza due piccoli Gaster Blaster, grandi come un uovo di storno, infine gliene diedi uno.
«Quando hai bisogno di me, strofina il dito sulla cima del Gaster Blaster e parla. Ti sentirò ed allora decideremo dove e quando incontrarci, ok?»

«Gaster Blaster, huh? Bel nome, sembra il nickname di un pugile o qualcosa del genere.»
Commentò lei guardando più da vicino l'oggettino. Il frammento di magia prese vita ed iniziò a svolazzare in giro.

«Allora... Ci sentiamo domani?» Disse lei.

«Sì, a domani. Ah, dei primi cento fogli me ne occupo io, facciamo a metà.» Dissi infine, non volendo darle tutto il lavoro da fare. Lei annuì, in piedi davanti a me.

In un battito di ciglia, mi ritrovai nella mia stanza. Le finestre erano chiuse e con le tapparelle abbassate, la stanza era perciò in penombra. Una piccola luce azzurra illuminava fiebilmente il comodino di fianco al letto sfatto, la bustina piena di polvere fosforescente celeste era l'unica luce nella stanza. Era metà pomeriggio, Papyrus non sarebbe arrivato a casa fino a sera, avevo tempo.

Mi avvicinai a passi pesanti verso il paradiso. Presi la piccola confezione e versai la polverina in striscioline sulla superficie della mia cattedra affianco all'attacco, accesi la lampada. Presi una banconota da dieci dollari dal portafoglio e la piegai a sigaretta.
Sentii un'altra goccia di sudore scendermi dalla guancia e le mie dita tremare.

«Sto per avere un fantastico quarto d'ora.»

I Ain't No Kid, Pal (Mafiafell Frans)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora