Spider Dance With a Hot Fellow

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Frisk p.o.v.

«No, devo proprio andare. Sono stanco morto.»

«Ma dai, ti offro qualcosa. C'è un posto che conosco qui vicino, ci fermiamo per due secondi...»
Lo scheletro sembrava avere un dote innata nel farmi sentire una merda. Per tutta la giornata, sia da Alphys che da altri informatori, mi aveva praticamente ignorato come se non fossi neanche esistita. Era irritante.

Le ore passate a parlare con la donna-pesce non erano state quasi di alcuna utilità. Non c'era quando Asgore e tutte le sue guardie del corpo erano morte, era stata allontanata dal robot poco prima dell'accaduto e quando era tornata era stata presa alla sprovvista. Ma era riuscita a danneggiare uno dei circuiti di carica durante la lotta, ed era riuscita a scappare. Tuttavia, questo apriva un altro problema: Alphys aveva creato Mettaton e fino ad allora era stata sempre lei a ripararlo in caso di danni. Perciò chi aveva restaurato i circuiti distrutti da Undyne? La rettile era sicura di essere l'unica ad avere i pezzi necessari, lei e nessun altro. Eppure, Mettaton era stato visto nei giorni successivi senza un graffio. Ed Alphys aveva ricevuto controlli su controlli dai Gaster, proprio perché era l'unica a possedere le componenti, ma non era stata lei a riparare il robot. Come avrebbe potuto?

Qualcuno di importante stava proteggendo Mettaton, sicuramente. La maggior parte dei suoi uomini erano brutti ceffi mai visti da nessuno ed i materiali del robot erano frutto di anni di ricerche, erano terribilmente costosi e quasi introvabili perfino nel mercato nero .
Questa conclusione aveva peggiorato ulteriormente la situazione. Ma dovevo prima fare due chiacchiere con lo scheletro e poi preoccuparmi per quella faccenda merdosa.

«È qui di fianco. Per favore.» Quest'ultima parola mi uscì con difficoltà, ma ebbe l'effetto desiderato. Sans cedette ed accettò. Era sera ormai, l'aria era fresca e il cielo chiaro, circondato dalle sfumature delle luci della città. Lo guidai per le strade poco affollate, diretti verso il confine di Nyarang Town, fino ad arrivare al posto designato.
Uno stiloso pub all'inglese, addossato all'angolo di un edificio moderno, spiccava fra tutti gli altri.
L'insegna recitava a caratteri fieri: "Grillby's and Muffet's" e dentro non c'era tanta gente.
Era il mio locale preferito perché aveva un'atmosfera tranquilla, aveva alimenti scrupolosamente di qualità e perché spesso accoglieva degli artisti di talento. Pianisti, cantanti ed a volte musicisti di musica classica, anche se il genere non mi interessava molto.

Entrammo, guadagnandoci le occhiate di tutti per qualche attimo e ci dirigemmo verso il bancone di legno, dove due Mostri stavano litigando a bassa voce.
«Non ti ho mai chiesto di spostarli, dovevi lasciarli lì dov'erano!»

«Erano in mezzo alle palle, non potevo lasciarli lì, lo capisci?»

«No, cervello carbonizzato! Li hai messi da qualche parte ed ora non li troviamo più, ho speso un sacco di soldi su quei piatti!»

Di buon umore come al solito.

Prima che Muffet potesse tirare sei sberle a suo marito, mi vide e sul suo viso imbestialito si dipinse un'espressione di stupore, che diede poi spazio ad un sorrisetto malizioso.
«Ohibò, se non è la mia testa di rapa preferita!» Mi avvicinai al bancone, sorridendo.
«Hey piccioncini, come va?» Chiesi prendendoli in giro. Grillby sbuffò, facendo la linguaccia alla moglie da dietro in modo che non lo vedesse.
«Tutto bene, tesorino. Andava tutto alla grande prima che questo inutile buono a nulla...» Esordì lei, ritornando a essere furibonda, ma l'altro fu abbastanza veloce da sparire nel retro senza fare rumore e scappare dall'imminente sfuriata. Muffet lasciò perdere e si concentrò su di me, notando il mio accompagnatore.

«E lui chi è, Frisky?»

«Sono Sans, piacere.» Disse Sans timidamente e porgendole la mano. Questo gesto formale la fece ridacchiare, ma afferrò la mano lo stesso e la strinse.
«Piacere mio, Sans. Io sono Muffet e quello scansafatiche di prima è, purtroppo, mio marito Grillby. Sedetevi dove volete e poi vi porto da bere.» Disse facendo un gesto con una delle sei mani alla parete dietro di lei, un enorme scaffale ripieno di bottiglie di alcolici di tutti i tipi. Notai che quel giorno aveva addosso un vestito nero particolarmente elegante, con le maniche a sbuffo, una gonna striata rossa e dei fiocchi fra i codini. Muffet aveva sempre avuto uno strano gusto nel vestire, il che causava sempre molte liti con suo marito. Grillby era un uomo spesso irresponsabile e lei era tirchia ed attaccata al denaro, eppure era una delle poche coppie che mi stavano a cuore.
Muffet vide che guardavo il suo vestito, poi mi indicò con un cenno della testa Sans e mi fece l'occhiolino. Poi andò a servire degli altri clienti, mentre io la guardavo senza comprendere.

Mi sa che ha capito la situazione.
Disse Chara. Ma io continuai a non capire.

Mio Dio, Frisk. Secondo te cosa può pensare quando un'asessuale come te arriva in un locale con un essere vivente di genere maschile? È speranzosa.

"Chara, vorrei farti notare che lo conosco da meno di quarantotto ore." Pensai ironica. "E che non sono asessuale."

Lasciala sperare.

Irritata dalle sue prese in giro, mi rivolsi a Sans.

«Ti va di sederci al bancone?» Chiesi indicandogli gli alti sgabelli di fianco a noi, lui assentí e ci sedemmo.
Calò un silenzio imbarazzante, così cercai disperatamente di fare conversazione.

«Sai già cosa prendi? Qui fanno dei cocktail fantastici.»

Questa domanda lo rese, se possibile, ancora più a disagio. Distolse lo sguardo e borbottò un sì.

Secondo me è astemio e si sente obbligato a bere. Non ci sai fare con gli uomini, Frisk.

"Santo cielo, Chara, ma ti sembra astemio?! Perché non te ne vai a dormire e mi lasci in pace?" Pensai iniziando a scaldarmi.

Come vuoi. Ti lascio al tuo appuntamento.

La sua voce non si fece più sentire. Bene.
Feci un cenno a Grillby, ritornato quasi di soppiatto dal retro bottega. L'uomo di fuoco si avvicinò a noi, e ci chiese cosa volessimo ordinare. La sua camicia scura a righe era aperta fino a quasi metà petto, mostrando la sua strana pelle viola acceso. Spostai lo sguardo da un'altra parte, prima che mi notasse e facesse il tacchino come la prima volta che ci eravamo incontrati. Mi ricordo che Muffet gli aveva dato una sberla sulla nuca ed era scoppiata una lite così interessante che avevo deciso di venire in quel locale nuovamente.

«Per me un Blueberry Mojito, Grillby.»

«Per me... Della mostarda.»
Mi girai sorpresa verso di lui, che sembrava avere molta voglia di sprofondare dall'imbarazzo. Cercai di contenermi e di non fare commenti scomodi.
Grillby invece non era per nulla sorpreso, probabilmente era una cosa "da Mostri". Chiamò la donna ragno, che stava sparecchiando un tavolo.

«Muffet, questo fallo tu.»

«Scusa?! Non vedi che sto facendo altro. Muoviti e fai il tuo lavoro.»

«Dai, tesoro...» Il Mostro fiammeggiante, si avvicinò alla moglie e le mise un braccio attorno alla spalle. Lei gli disse, senza neanche degnarlo di uno sguardo, di volare a fare il cocktail sennò lo avrebbe spedito a calci nel deretano.
Grillby si staccò mesto mesto e fece come la donna gli aveva ordinato.

In pochi minuti arrivarono le nostre bevande.
Sans mostrò particolare interesse per il mio cocktail, ma non mi chiese di assaggiarlo. Io fece lo stesso.
Dopo un paio di sorsi di mostarda, Sans sembrò rilassarsi un po'.
Ingaggiai una conversazione non troppo sospetta e abbastanza piacevole, incoraggiandolo a bere un po' di più. Al secondo bicchiere di mostarda, il Mostro era già ubriaco. Le sue guance erano rosate e si doveva per forza appoggiare al bancone, come se potesse cadere addormentato da un secondo all'altro.
Trovai la cosa stranamente adorabile, ma mi concentrai sullo scavare un pochino più in profondità nel discorso che stavo facendo.
«Però ho notato che tuo fratello non partecipa all'operazione, di solito di che cosa si occupa?» Chiesi casualmente, tirando un altro sorso del mio cocktail senza mostrarmi troppo interessata. Lui fece una risata amara.
«Quello stronzo si occupa solo di rovinarmi la vita, nient'altro.»

Ecco, stava tirando fuori qualcosa.
«Mmh? In che senso?»
«Lui è... Un fottuto sadico, sai? Quando si annoia, o quando è irritato, o semplicemente quando ne ha voglia, viene da me e... Mi mena come se fossi un sacco da boxe. Devo sempre preoccuparmi di come si sveglia la mattina, di com'è il suo umore, sennò son dolori.»

«Lo sapevo.»

Lui si raddrizzò e mi gettò un'occhiata malinconica.
«...Come hai fatto a capirlo?»

«Intuizione. E la macchia di sangue sul lato destro della tua camicia.»
Mi avvicinai a lui sussurandogli nell'orecchio:« Lo so che non sono fatti miei, ma voglio aiutarti.»

I Ain't No Kid, Pal (Mafiafell Frans)Où les histoires vivent. Découvrez maintenant