Old Friends

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Frisk p.o.v.

«Non è affar mio. Se non sai fare il tuo lavoro vai a piangere tra le sottane delle tue fidanzate, non scassarmi le scatole con i tuoi problemi.» Risposi neanche degnandolo di uno sguardo, mentre una minuscola goccia di sudore mi attraversava il viso: giugno stava finendo. Lui parve trattenersi dall'urlare come era suo solito fare e mi parlò con voce quasi tremante di rabbia e vergogna.

«Ti sto chiedendo un favore.» Era coraggioso, dovevo ammetterlo. Lo sapeva che lo stavo sfottendo sotto sotto, ma continuava a pregarmi di aiutarlo. Inoltre doveva essere uno sforzo enorme, per un maschilista come lui, chiedere aiuto ad una femmina, per giunta una con cui litigava sempre.

«Giusto, anch'io te ne sto chiedendo uno: quello di levarti dai piedi. Ho da fare.» Risposi io, con una maschera di beata strafottenza.

«Non ti ho mai chiesto nulla!» Sbottò lui, facendo sempre più fatica a starmi dietro tra la folla di persone che doveva andare a lavoro. Le strade, durante le prime ore lavorative, erano piene di vita e di voci.

«Ci mancherebbe altro, ti saresti beccato un simpatico ceffone. Non tentarmi che questa giornata non è iniziato nel migliore dei modi.» Dissi iniziando a irritarmi della sua faccia tosta.

Hai fatto un notevole volo dalle scale, a Sans gli facevi un baffo. Te l'ho mai detto che sei leggiadra come un cucciolo di elefante?

La mia caviglia si era stortata dolorosamente, nell'insulso tentativo di frenare la caduta. Mi ero praticamente accucciata sul freddo pavimento a scacchi di marmo, maledicendo qualsiasi forma di vita esistente per il dolore.
Hawa mi aveva trovato per terra mentre usciva dalla villa, accompagnata da Jean-Pierre. Si era offerta di curarmela ma avevo troppa fretta ed ero uscita di corsa e zoppicando. Il mio umore perciò non era decisamente dei migliori e quel caldo che iniziava a farsi torrido non aiutava di certo.

L'odioso biondino non mi diede retta e continuò a seguirmi ostinatamente. Feci altri dieci dolorosi passi, infine mi girai e lo afferrai per la collottola della camicia, segno indistinguibile che la mia pazienza si era sbriciolata in mille pezzi.

La gente per strada si fermò a guardare e si allontanò velocemente da noi due, ridotta ad una folla bisbigliante. I bambini scapparono via spaventati, solo due ragazzine rimasero preoccupate a fissare la scena.

«Senti, faccia da culo. Per quanto ne so, non sono ai tuoi ordini e meno che mai avrei il minimo interesse nell'aiutare un imbecille come te. Perciò...» Dissi strattonandolo e spingendolo all'indietro, lontano da me. «...Smamma, Hans!» Lui non oppose resistenza, si limitò a squadrarmi con odio, poi si girò furente e se ne andò.

«Non per nulla ti volevano morta insieme a quella puttana di tua madre. Scommetto che eravate identiche.»

Il disgusto di essere paragonata a lei mi fece vacillare, ma restai in piedi. Non potevo ucciderlo, per quanto avrei voluto. Tutti noi della gang eravamo sotto l'ala protettrice di Annika Kalashnikov e questo significava anche che ammazzandoci tra noi ne saremmo stati sbattuti fuori. Nonostante l'impulso furioso di infilargli la lama del mio macete nella gola, facendogli spruzzare una deliziosa quantità di sangue da quel suo collo snello e perfetto, mi trattenni e lo lasciai andare via, vivo.
Non potevo fargliela pagare per tutto quello che mi aveva detto e fatto. La cosa mi fece imbestialire ancora di più.

Latrando alle persone di farsi gli affari propri, riniziai a camminare verso i confini del territorio, osservando con occhio torvo qualsiasi movimento della gente. Tutti mi conoscevano, pochi mi salutavano, intimoriti dal mio titolo. Le costruzioni iniziarono a farsi più miseri, finché non ne scorsi una familiare.

I Ain't No Kid, Pal (Mafiafell Frans)حيث تعيش القصص. اكتشف الآن