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Corro a perdifiato verso un punto non definito. Non so dove mi trovo, non so chi mi sta inseguendo. Mi volto guardandomi le spalle ma niente, continuo a correre fino a quando non mi trovo davanti un profondo dirupo.

Morire uccisa da chissà cosa, o morire buttandomi da un dirupo? Scelta ardua.

"Libertati"

Una voce calma alle mie spalle.
Cosa diavolo significa "liberati"?

Liberarmi di cosa? O da cosa? O da chi?

Chiudo gli occhi e penso a cosa vorrei fare, ad un posto in cui vorrei essere e quando li apro mi trovo davanti ad una casetta in legno scuro, in mezzo ad un prato dall'erba alta. Il cielo è azzurro e il vento mi scompiglia i capelli.

E ora dove sono?

Apro gli occhi confusa, o spaventata, o forse entrambe.

Mi alzo chiedendo a Jarvis di accendere la luce della stanza, e così fa.

Un altro sogno del genere e giuro che potrei impazzire. Sono mesi che cerco di non pensarci e reprimerli ma la cosa sta solo degenerando e non porterà a niente continuare a fingere che in realtà non mi spaventi questa cosa.

Mi siedo al bordo del letto e appoggio i gomiti sulle cosce lasciando cadere letteralmente la testa sui miei palmi aperti.

Se continuo così non chiuderò più occhio e la cosa non può andare avanti.

"Che ore saranno" - borbotto fra me e me

Alzo la testa cercando l'orologio ma Jarvis mi precede.

"Le 3.42, signorina Collins"

"Mmm" - mugugno guardandomi in giro. Ho due possibilità:

Far finta,ancora, che non stia succedendo niente nella mia mente contorta e credere che siano solo stupidi sogni,oppure chiedere aiuto a qualcuno.

Mi sdraio di nuovo al mio posto, ancora caldo, e mi copro con le coperte. Chiedo gentilmente a Jarvis di spegnere la luce e provo a chiudere gli occhi sperando di non fare più qualche strano sogno, almeno per qualche ora.

***

Fortunatamente sono riuscita ad addormentarmi quasi subito, pensando, come mi aveva insegnato mia mamma, a qualcosa di bello che mi faceva stare bene.

Spazzolai velocemente i capelli, troppi lunghi, e li lasciai cadere sulle spalle.

Jarvis mi aveva avverito che Natasha mi aveva spostato gli allenamenti al pomeriggio ma mi ero alzata lo stesso dal letto abbastanza presto.

Era giugno inoltrato e a New York faceva abbastanza caldo.

Il sole entrava dalla grande vetrata nella mia stanza alla Stark Tower e i grandi grattacieli si stagliavano verso l'alto.

Scesi velocemente le scale, sperando che Steve non fosse ancora sceso. Mi ero ripromessa di preparargli la colazione dopo aver saputo che lui il giorno prima l'aveva lasciata proprio per me.

Arrivai in cucina e accesi subito la macchinetta del caffè lasciandone uscire una quantità indrustriale. Appoggiai la caraffa piena del liquido scuro sulla penisola mentre Jarvis da una parte tagliava velocemente la frutta fresca e faceva la spremuta d'arancia e io cercavo di non bruciarmi le dita con i fornelli all'avanguardia della Stark Tower.

Till the end •Steve Rogers•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora