choice C

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-Tornerò in Italia per Natale.. ho parlato con tua mamma e mi ha detto che posso stare da voi per qualche giorno- esclamò entusiasta.
La guardai sorpreso e sorrisi.
-Sul serio?-
Ero incredulo, non mi sembrava vero.
Lei, in tutta risposta, sventolò davanti alla webcam dei biglietti aerei.
-Parto domani mattina col volo delle nove, quindi sarò lì.. tipo per le dieci e mezza- spiegò lei, senza togliersi quel meraviglioso sorriso dal viso.
Nemmeno io riuscivo a levarmi il sorriso, ero felice.
-È fantastico- dissi solo.
Mi conosceva, aveva colto le mie emozioni.
-Ora scusami Arthur, ma voglio riposarmi, domani devo svegliarmi presto-
Aveva gli occhi stanchi.
-Certo, vai pure.. a domani-
-A domani- sorrise lei, poi si disconnesse.
Avevo un sorriso da ebete stampato in volto, ero felice. Era da davvero tanto tempo che non la vedevo e la sentivo raramente, mi mancava molto.
Mi alzai dalla sedia, togliendomi la felpa, poi mi svestii restando in boxer; infilai velocemente una maglietta presa da sotto le coperte, poi mi sdraiai nel letto, coprendomi con la calda e soffice trapunta.
Guardai un po' Instagram, tanto per fare qualcosa, ma non era mio solito aprire quell'app, dato che non mi interessava mostrare la mia vita agli altri, ma lo usufruivo al solo scopo di vedere la vita noiosa delle persone, farmi gli affari loro.
Sentivo i miei occhi chiudersi da quanto avevo sonno, quindi impostai una sveglia per la mattina seguente, prima di addormentarmi; la misi alle 09:10, cosicché avrei avuto il tempo di farmi una doccia e prepararmi un minimo. Mi addormentai poco dopo.
Fui risvegliato dal fastidioso frastuono della sveglia, quindi mi alzai barcollando.
Mi diressi in bagno, e senza perdere tempo andai in doccia e mi lavai con acqua calda: mi scorreva lungo la schiena ed era una sensazione che adoravo. Mi asciugai e andai in camera a cambiarmi indossando una maglietta nera, una felpa in tinta e dei jeans scuri, tutto rigorosamente largo.
Scesi al piano inferiore e presi dei biscotti e del latte, mangiai tranquillamente; le mie sorelle dormivano ed i miei erano andati a fare la spesa, quindi c'era molto silenzio.
Sistemai ciò che avevo tirato fuori al suo posto, poi mi dirigei a prendere la giacca e le scarpe; decisi di indossare le d3 quel giorno, dato che erano le scarpe messe meglio che avevo. Mi sedei nel divano e le infilai senza alcuna fatica, essendo davvero larghe, poi sentii delle persone parlare e scendere le scale: erano le mie sorelline.
-Arthur!- urlò Xenia, aumentando il passo, poi venne vicino a me e mi abbracciò.
-Dove vai?- chiese l'altra.
-Vado a prendere Felisja all'areoporto, starà da noi per alcuni giorni-
-Sii- esclamò felice Xenia.
Le mie donne conoscevano bene Felisja, dopo tutte le volte che era venuta a casa nostra. Sorrisi lievemente.
Aveva un dono particolare e riusciva sempre a farle addormentare in poco tempo; le faceva giocare e fare i compiti senza nemmeno una lamentela da parte loro.
-Ma voi non dovreste essere a scuola?- domandai, sistemandomi il septum che sentivo essere storto.
-Abbiamo la recita, dobbiamo andare a scuola alle dieci e mezza per fare le prove con la quinta D, ed iniziamo a mezzogiorno- spiegò Kayla, sedendosi accanto a me.
-Sarete bravissime- le rassicurai, mettendomi in piedi. Mi sorrisero, ed indossai la giacca.
-Ciao Arthur!- mi salutarono, poi ricambiai ed uscii di casa.
Mi diressi alla fermata dell'autobus più vicina a casa mia, quella della linea 13, che mi avrebbe portato in aereoporto. Avrei dovuto aspettare una decina di minuti, e nell'attesa mi fumai una sigaretta, che mi gustai fino all'ultimo tiro.
Una volta arrivato, salii; era praticamente vuoto se non per due vecchiette che scesero poco dopo, ed un ragazzo riccio e moro dagli occhi color zaffiro. Scese un paio di fermate prima di me, e poco prima che le porte dell'autobus venissero aperte, si ficcò tra le labbra una sigaretta, che accese l'attimo immediatamente successivo all'abbandono del mezzo di trasporto.
Circa venti minuti più tardi, arrivai vicino all'ingresso dell'aeroporto, entrai e aspettai l'arrivo di Felisja.
Mi sedei in una poltroncina d'attesa e mi misi a giocare a CodyCross; era un giochino piuttosto interessante e stimolava il mio cervello ad incasellare le parole e le lettere.
-Arthur!- sentii urlare per tutta la sala, era Felisja che mi saltò in braccio e mi abbracciò, era felicissima di potermi rivedere.
Sorrisi e la strinsi forte a me, accarezzandole i capelli.
-Andiamo dai- esclamò lei entusiasta prendendo con una mano la valigia e con l'altra la manica della mia felpa. Iniziammo a parlare, di tutto. Qualsiasi argomento ci passasse per la testa andava bene.
Eravamo alla fermata della linea tredici, con la quale saremo tornati al nostro quartiere.
Mentre aspettavamo, mi iniziò a raccontare nei dettagli come si trovava in Francia: lavorava in un bar e aveva il turno alternato da mattina a quello di notte.
Intravidi l'autobus arrivare, quindi preparai l'abbonamento e tornai a guardare la ragazza vicino a me.
-Anne, la mia collega del turno di notte, per campare fa bocchini nel bagno del locale- mi raccontò, salendo subito dopo di me nell'autobus.
-Quanto prende?- scherzai, sedendomi in uno dei posti disponibili, nel fondo.
Lei si mise accanto a me, poggiando la valigia in uno dei sedili davanti ai nostri.
Ci eravamo messi in quelli a quattro, posizionati in modo che si guardassero a coppie.
-Dai, poverina, è simpatica- la difese lei, tirando un lieve colpo scherzoso sul braccio.
-Immagino- risposi ridacchiando.
-Raccontami tu qualcosa ora- mi invitò lei, giocherellando con la manica della felpa.
-Non so che fare per la scuola, vado malissimo, quando ci vado- sbuffai poggiando i piedi nel sedile davanti a me.
-Devi studiare, o ti bocciano un'altra volta- mi raccomandò, scostandosi una ciocca di capelli dal viso.
-Lo so- affermai, mordendomi il labbro inferiore. Si avvicinò a me, aggrappandosi piano al mio braccio destro ed appoggiandosi col capo alla mia spalla. Stava accarezzando piano la mia mano, provocandomi non pochi brividi in tutto il corpo.
Arrivammo alla fermata vicino a casa mia, scendemmo e ci dirigemmo verso la mia abitazione; arrivati al cancelletto presi le chiavi e aprii, la feci passare prima, da vero gentilman, aprii anche la porta d'ingresso ed entrammo.
-Dove metto la valigia?- mi chiese Felisja, dolcemente.
-In camera mia- risposi indicando le scale.
-Si, mi ricordo dov'è camera tua- mi rispose ridendo, alludendo al gesto fatto precedentemente. Presi la valigia dalle sue mani dolci e la portai al piano superiore, non volevo farla stancare troppo, soprattutto dopo il viaggio.
-Cosa vuoi mangiare?- le domandai, appoggiando la valigia contro il muro grigio di camera mia.
-Mh, ho voglia di sushi- esclamò, guardandomi con i suoi grandi occhi castani.
-Okay, andiamo al solito posto allora-
-Sii-, adoro quel ristorante- disse saltellando come una bambina: era così bassa e carina, risultava davvero adorabile ed avevo voglia di abbracciarla, e così feci, stringendola forte a me.
-Mi sei mancata- mormorai, con un tono di voce a malapena udibile.
La sentii sospirare e successivamente rilassarsi tra le mie braccia.
Andammo giù e bevemmo un bicchiere d'acqua per risvegliare i gusti in modo da assaporare al meglio la bontà del sushi in seguito, poi uscimmo nuovamente di casa; era all'incirca mezzogiorno, ed in una decina di minuti, passati a parlare, arrivammo al "ristorante sushi Liu".
Era il nostro posto preferito: qualche anno prima ci recavamo in quel ristorante quasi ogni settimana, solo io e lei, parlavamo e ridavamo tantissimo. C'era una certa intesa tra noi, c'era chimica.
Mi sono sempre divertito in sua compagnia, non era la solita ragazza noiosa, e per quel motivo mi trovavo così tanto bene con lei.
Entrammo nel ristorante e ci sedemmo nel primo tavolo per due libero, quindi prendemmo subito il menù in mano. Avevo una voglia matta di salmone e riso, ed ordinammo veramente tante cose.
Dopo dieci minuti o poco più, iniziarono ad arrivare i primi piatti e cominciammo ad mangiare di gusto, senza far mancare le solite battute che ci accumunavano e le risate.
La guardai, era così graziata e al contempo impacciata nei movimenti, con quelle bacchette di legno chiaro che teneva tra le sue curate mani era adorabile.
-Noo, ma daii- sentii urleggiare di fronte a me. Alzai lo sguardo dal mio piatto e vidi che le era caduto un nigiri nella salsa di soia; mi misi a ridere, quasi troppo animatamente, ma era una situazione divertente.
Lei mi lanciò un'occhiataccia, ma era così carina anche mentre era arrabbiata, sembrava Brontolo, uno dei sette nani; si mise a ridere insieme a me, forse il fatto che io stessi ridendo l'aveva coinvolta.
Avevamo ancora molto cibo in tavola, ma eravamo pieni, non riuscivamo più ad addentare altro, quindi decidemmo che al posto di pagare ciò che non avevamo finito, avremmo messo il cibo restante nella borsa di Felisja, che intelligentemente si era portata un sacchettino; nascondemmo tutto ciò che avanzammo e ci alzammo per andare a pagare.
-Pago io, Arthur- esclamò, estraendo il portafoglio dalla borsa. Era nero in pelle e glielo avevo regalato io; sorrisi lievemente, mi faceva piacere sapere che teneva ed usava un mio regalo.
-Tu mi ospiti, te lo devo- aggiunse. Annuii, era così una brava persona, gentile.
Lei aveva molti soldi, ma non li dava a vedere per nulla e non li sperperava, anche se avrebbe potuto permetterselo. Non si vestiva firmato e non si vantava di nulla, non mi facendomi così sentire inferiore.
Andammo fuori dal locale, ci infilammo le giacche poi ci avviammo verso la mia dimora; volevo fumarmi una sigaretta, ma sapevo che non le garbava molto come cosa, quindi feci a meno.
Sentii una pressione nel braccio, mi girai, ed era lei che si era avvinghiata al mio bicipite, tenendosi saldamente a me. Continuammo a camminare, parlando di argomenti futili e poco importanti, e sentii anche il suo capo poggiarsi al mio braccio, poiché alla spalla non ci arrivava. Sorrisi lievemente, poi gettai uno sguardo sul mio iPhone e segnava le tredici e venti; camminammo un'altra decina di minuti, poi arrivammo davanti casa mia, dove Felisja mi lasciò. Aprii prima il cancelletto, poi la porta d'ingresso, facendola accomodare.
La prima cosa che feci una volta dentro, dopo aver chiuso la porta ed essermi tolto la giacca e le scarpe, fu alzare il riscaldamento.
-Arthur, guardiamo qualcosa su Netflix?- propose lei.
-Okay, ma andiamo su, così possiamo sdraiarci- dissi io, sorridendo lievemente. Lei acconsentì e salimmo le scale, andando subito in camera mia, dove chiusi la porta.
Ci sedemmo nel letto ed accesi la tv col telecomando che presi dal comodino, collegando Netflix con il telefono.
-Che vediamo?- chiese lei, sospirando.
Mi sdraiai, e lei fece lo stesso, mettendosi accanto a me, poi mi tolsi la felpa e la lanciai davanti a me, nel bordo del materasso.
-Vuoi vedere il film di Breaking Bad?- domandai, non sapendo che altro proporre. Avevamo visto la serie insieme, un anno prima circa.
-Sì, dai- rispose lei, sorridendo. Misi il film, poi mi sistemai appoggiandomi con la schiena alla parete, e poco dopo lo fece anche lei.
Piano piano allungò la sua mano verso il mio corpo, iniziando a farmi grattini nell'avambraccio; era brava e mi stavo rilassando da morire.
Era da tantissimo tempo che non ricevevo così tante attenzioni, e la situazione mi piaceva parecchio; la sua mano poi si spostò senza alcun preavviso sul mio addome, dove continuò con i grattini.
La avvicinai maggiormente stringendola dal fianco, dove vi posai la mano; lei invece spostò la sua sempre più vicina all'elastico dei miei boxer.
Le sue mani si erano scaldate contro la mia pelle; si avvicinò a me e mi guardò con occhi innocenti. La distanza tra noi si ridusse ancora, e mi lasciò una piccola serie di baci sul collo, poi passò alle mie labbra: fu un bacio a stampo inizialmente, poi domandai l'accesso alle sue labbra, e me lo concesse, facendolo diventare un bacio lento e dolce.
La mia mano scese dal suo fianco alla sua coscia, poi la presi con sicurezza e le feci capire di mettersi sopra di me, e così fece.
Spostai il mio tocco dalle coscie al suo culo, stringendolo piano, poi mi spostai lungo la schiena, mentre non smettevamo di baciarci; sentivo la sua pelle morbida, ed era bellissimo. Mi accorsi che la vedevo appena, dato che fuori si era fatto buio, ed eravamo illuminati solamente dalla luce emanata dal film ancora in riproduzione.
Incontrai il suo reggiseno e lo slacciai, poi le sfilai il maglioncino e la poggiai al nostro fianco; guardai per un momento il suo corpo, ed era davvero meravigliosa. Mi sorrise, poi mi accarezzò la mascella mi lasciò aprire la zip dei suoi jeans bianchi, che per il momento non le sfilai, poi fu lei a sfilarmi la maglia.
Mi mordei delicatamente il labbro inferiore, mentre il mio sguardo pendeva da lei, essendo che non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso. Lo sentivo premere nei pantaloni, e probabilmente anche lei se ne rese conto; mi baciò nuovamente il collo, e pensai che era il momento di prendere un preservativo.

Cosa farà Arthur?

Scelta G
prendere un preservativo senza il gusto

Scelta H
prendere un preservativo col gusto

𝐀𝐫𝐭𝐡𝐮𝐫.Where stories live. Discover now