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Torno a casa

Scrissi, poi scollegai il telefono dal carica e mi alzai in piedi. Restai fermo ed aspettai che rientrassero anche gli altri, per salutarli. Quando furono entrati, infilai il telefono in tasca e presi in mano il mio pacchetto di sigarette.
-Raga, io vado casa- annunciai, salutando successivamente. Fui ricambiato, poi uscii dalla casa.
Mi incamminai, estraendo dal pacchetto una sigaretta marcata Marlboro Red, poi la accesi e la fumai, giusto per passare il tempo. Stavo facendo un po' fatica a respirare, tra colpi di tosse quasi continui ed il mio fiato che si era fatto corto. Finii di fumare, e pochi minuti dopo ero a casa.
Entrai, ed una volta dentro mi diressi in bagno, per lavarmi le mani; non mi ero nemmeno fermato a salutare, dato che li avrei visti pochi istanti dopo. Andai in cucina, dove trovai la mia famiglia che si stava sistemando attorno al tavolo.
-Ciao Arthur!- mi salutò Kayla, con un sorriso solare. Ricambiai, mettendomi a sedere al mio solito posto; poi salutai anche i miei genitori, che fecero lo stesso.
Trovai nel mio piatto una porzione di spaghetti al pomodoro, che iniziai a mangiare. Durante la cena, ci furono i solito discorsi tra i miei genitori e le mie sorelle, che tenevo di sottofondo ai miei pensieri.
Finii la mia pasta, ed una volta che mangiai l'ultimo boccone, mi alzai e riposi il piatto nel lavandino, poi andai in soggiorno, dove mi posizionai comodo sul divano, accendendo la televisione. Tossii forte e più volte, sentendo dolore ai polmoni. Stava iniziando a darmi fastidio tutta quella tosse, mi stava venendo un gran mal di gola e mi doleva respirare.
Arrivò Xenia e si mise al mio fianco, sedendosi a gambe incrociate. Avevo sonno, ma non la voglia di andare al piano superiore, in camera mia, a dormire.
Tossii nuovamente, davvero forte, sentendo qualcosa di liquido colare dalle mie labbra e cadere sulla mia mano; buttai uno sguardo su quest'ultima e notai che c'era del sangue. Sgranai gli occhi, senza riuscire a distoglierli dal liquido rosso che era nel dorso della mano.
Mi sporgei verso il tavolino poco più avanti del divano e presi un fazzoletto, che usai per togliermi il liquido dalla mano. Xenia però, girandosi verso di me, notò quello rimasto sulla mia bocca.
-Arthur, che hai?- urleggiò lei, attirnando l'attenzione di mia madre; ci mise pochi secondi a passare dalla cucina al salotto.
-Xenia, che succede?- chiese la donna entrando nella stanza. Mi guardò, e capì in pochi istanti ciò che era successo, poi assunse un'espressione preoccupata.
-Andiamo in ospedale, Arthur- sentenziò con voce un po' tremante.
La guardai ed annuii, poi mi alzai in piedi, tossendo nuovamente. Mi pulii del tutto col fazzoletto che avevo ancora in mano, successivamente infilai velocemente le mie dvs ed aspettai alcuni istanti, in cui mia madre indossò il suo cappotto.
-Amore, porto nostro figlio in ospedale.. ha tossito sangue, non credo stia molto bene.. tieni d'occhio le ragazze- sussurrò lei all'uomo, che mi guardò con occhi tristi.
Ci dirigemmo all'auto ed una volta che fui salito, allacciai semplicemente la cintura senza aggiungere altro. Non parlammo per tutta la durata del tragitto, fino a quando non arrivammo al parcheggio dell'ospedale. Entrammo, dirigendoci subito al pronto soccorso, sedendoci in sala d'aspetto.
C'era una coppia di donne: una delle due aveva un occhio nero, mentre l'altra un graffio sulla guancia. C'erano alcuni bambini che piangevano, ed un ragazzo più o meno della mia età che aveva un taglio sulla fronte.
Mia madre si sedette accanto a me, guardandosi in giro, probabilmente alla ricerca di un'infermiera. Tossivo parecchio, e accadde nuovamente: la mia mano fu sporcata ancora di sangue, e ricevei l'attenzione di mia madre, che mi diede un fazzoletto pulito. Le sorrisi e mi pulii, nonostante stessi a pezzi, sia fisicamente sia moralmente: fisicamente, i miei polmoni stavano andando a puttane, ed avevo un male atroce alla gola. Moralmente invece ero a terra, perché avevo la consapevolezza di non stare bene mi distruggeva.
Un'infermiera fu attirata dalla mia tosse insistente e dal sangue, quindi si diresse verso di noi, passandomi in codice rosso.
Non aspettai molto, essendo in urgenza, poi mi spostarono tre piani più in alto, in un ambulatorio pieno di macchinari e libri; c'era anche un dottore, e mi spiegò che mi avrebbe fatto la tac ai polmoni e un'analisi del sangue, poi mi rivolse alcune domande.
-Avrai i risultati domani, Arthur, quindi stanotte dormirai qua.. così possiamo anche monitorare la tua tosse nel sonno- mi spiegò l'uomo, mentre mi stavo alzando dalla sedia in cui ero sistemato.
Annuii, poi fui accompagnato dall'infermiera di poco prima in una stanza dello stesso piano, che se ne andò dopo avermi mostrato il letto in cui avrei dormito. In quello accanto al mio, dormiva tranquillo un ragazzo di circa diciassette anni, rosso di capelli e con il polso sinistro fasciato, fino a metà avambraccio. Aveva un tubicino infilato nel braccio, ed era collegato probabilmente ad una sacca di morfina.
La porta fu chiusa, ed io mi sedei sul materasso, notando una camicia da notte azzurrina ben ripiegata poggiata accanto a me; iniziai a togliermi i vestiti, poi la indossai, vedendo che mi stava appena più larga di come l'avrei portata io solitamente.
Ripiegai i miei vestiti, poggiando le scarpe accanto al materasso e ciò che indossavo ben in ordine sopra il comodino che avevo di fianco. Feci il giro, andandomi a sistemare comodo sotto le coperte; quelle dell'ospedale erano sempre sottili e non tenevano affatto caldo, ma perfortuna tenevano il riscaldamento abbastanza alto, compensando con la mancanza.
Scrissi a mia madre il numero della stanza ed il piano in cui stavo, ed attesi alcuni minuti prima di sentire la porta aprirsi ed i suoi passi avvicinarsi verso di me.
-Come stai? Ti hanno detto qualcosa?- mi chiese lei, venendo più vicina al mio lettino.
Sorrisi appena.
-Apparte il male lancinante ai polmoni, sto bene. Mi hanno detto di dormire qua, mi daranno i risultati domani- risposi, schiarendomi la voce.
-Capito.. beh, riposati, domani verrò a trovarti.. appena sai qualcosa scrivimelo. Buonanotte- disse lei, sfiorandomi il dorso della mano con il polpastrello dell'indice. Annuii, poi la osservai andarsene.
Le volevo bene, nonostante non mi capisse la maggior parte delle volte.
Con la coda dell'occhio, notai lo schermo del mio cellulare illuminarsi, segnando una chiamata in entrata; era da parte di Andrew, e risposi immediatamente.
-Bro, tutto bene?- domandai, non appena poggiai il telefono all'orecchio.
-Ho parlato con Sofia- disse lui, con tono molto agitato.
-E com'è andata? Che ha detto?- lo incitai io, percependo tensione.
-Ha fatto tre test per esserne certa.. e tutti e tre erano positivi. È incinta, ed il figlio è mio, Arthur- sentenziò Andrew, sospirando piano.
Rimasi per alcuni secondi senza dire nulla, ero abbastanza scosso.
-Oh.. e che hai intenzione di fare?- chiesi.
-Io non posso fare nulla, sta a lei la scelta se abortire o meno.. se non lo farà, ci sarà il problema dei suoi genitori, perché io non dirò mai di essere il padre, se lo scorda proprio. Quindi le ho lasciato totale libertà, ma deve scegliere bene- spiegò, con voce un po' tremante.
-Capito.. beh, sappimi dire- continuai io, mordendomi piano il labbro.
-A te come va invece?- domandò.
Tossii piano, ma più a lungo del solito, sentendo veramente dolore.
-Mica bene, sono in ospedale- mormorai, girandomi su un fianco, in direzione del ragazzo.
-Cosa? E che cazzo è successo?- esclamò preoccupato.
-Sai no quella tosse che ho da un po'?-
Ricevei un suo gemito positivo, quindi continuai.
-Praticamente prima stavo guardando la tv, e ho sputato sangue tossendo, quindi mia madre mi ha portato al pronto soccorso.. mi hanno trasferito in codice rosso e mi hanno fatto delle tac e domande. Domani hanno detto che mi sapranno dire che cos'ho e se è grave, qualsiasi cosa sia.. quindi ho dormito qua per comodità e per essere un attimo monitorato- spiegai, con tono abbastanza tranquillo. Certo, sempre nei limiti della tranquillità possibile in quel momento.
-Oh merda.. domani verrò lì come prima cosa che farò. Dimmi più tardi come ti senti, se hai male o bho se hai bisogno di compagnia.. qualsiasi cosa- disse con fermezza e dolcezza.
Lo adoravo, era la persona migliore che avessi nella mia vita.
-Certo frà, ti scriverò.. ora dormo però, perché ho sonno- conclusi, giocherellando con il mio septum.
-Naturale, si.. notte allora-
-Notte Andrew, grazie- salutai, poi chiusi la chiamata.
Spensi il telefono: la batteria mi sarebbe dovuta durare anche durante la prima parte del giorno successivo, quindi la volevo risparmiare.
Lo poggiai sopra la mia felpa ripiegata e poggiata sul comodino, quindi feci scivolare un braccio sotto il cuscino, e ci poggiai la testa, continuando a guardare il ragazzo. Mi addormentai in pochissimi minuti, avvolto dalle ore di sonno mancanti e dal calore.
Fui svegliato da un'infermiera che aveva un carretto con sopra del cibo.
-Colazione?- mi chiese, con un tono pressoché gentile. Scuotei il capo, mettendomi a sedere; non avevo proprio voglia di mangiare, soprattutto appena sveglio. Lei mi guardò per un istante, poi passò al ragazzo accanto a me, che al contrario di come avevo fatto io, accettò il pasto.
Presi il telefono tra le mani e lo accesi; mentre aspettavo che si avviasse, buttai uno sguardo al rosso alla mia sinistra, che come me stava guardando il cellulare e sgranocchiava il poco cibo che gli era stato offerto.
Tornai a guardare il telefono, notando una notifica.

𝐀𝐫𝐭𝐡𝐮𝐫.Where stories live. Discover now