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Decisi di fumare; forse, se avessi bevuto, avrei perso il controllo di me stesso.
Presi la ganja, le cartine e un paio di filtri già pronti, poi girai un paio di cannette; ne infilai una tra le mie labbra socchiuse, mentre l'altra la misi in una delle tasche del pantalone.
Presi lo skate sottobraccio, le chiavi, il telefono e l'accendino.
Era quasi di un rosso fosforescente, e lo usavo poche volte, essendo che ne avevo più di uno. Quello era speciale, me lo aveva regalato lei.
Scuotei il capo, come per scacciare quei pensieri.
Scesi le scale velocemente e indossai le scarpe che si trovavano accanto la porta d'ingresso.
-Dove vai?- la voce di mia madre mi risvegliò dai pensieri.
-Vado a fare un giro- dissi senza girarmi e con un filo di voce.
-Non fare tardi- mi raccomandò lei, sospirando.
Uscii di casa, maledicendomi per non aver indossato una giacca.
Mi accesi il joint, camminando lungo il marciapiede, e fumai lentamente, cercando di assaporare ogni sfumatura della mia amata erba.
Non avevo una meta precisa, infatti camminavo guardandomi in giro, come se fosse stata la prima volta che percorrevo quelle strade.
Notai la casa della famiglia Rinaldi, che era poco distante dalla mia: stava dall'altro lato della strada, ed era stranamente illuminata.
Solitamente, tenevano i balconi chiusi, quindi era impossibile capire se ci fosse qualcuno.
In quel quartiere le voci giravano tantissimo, e quelle riguardanti quelle persone, non erano per nulla tranquille.
Il padre di quella famiglia era un uomo violento e quasi sempre ubriaco. Conoscevo il figlio, anche se solo di vista, e mi sembrava davvero una brava persona, sebbene avesse una situazione molto difficile tra le mura domestiche.
La madre era quasi sempre chiusa in casa; probabilmente voleva nascondersi dai giudizi delle persone, anche se la gente parlava in ogni caso.
Continuai a camminare, finendo la canna, ed arrivai davanti alle scuole medie. Gettai il filtro a terra, calpestandolo, e buttai fuori dalle labbra una nuovoletta di fumo.
Lanciai un'occhiataccia all'edificio e fui invaso da brutti ricordi riguardanti quel periodo.

-Sfigato, levati!- mi urlò Jacopo, spingendomi. Non lo guardai nemmeno negli occhi.
Mi spostai, facendo attenzione a non farmi spintonare ulteriormente: avevo ancora male alla schiena dall'ultima volta.
Stavo uscendo dagli spogliatoi, e ci stavamo dirigendo verso la palestra.
Iniziammo a correre intorno al campo da basket e dopo un minuto circa, sempre il solito Jacopo, mentre mi superò per la seconda volta mi fece lo sgambetto, come se fosse stato veramente divertente per qualcuno, e i suoi "amici" non ridessero solo per gratificarlo.

Non vidi più Jacopo dopo la terza media. Speravo che fosse cambiato, e che non avesse più trattato nessuno come aveva fatto con me. Ricordo ancora il dolore che provavo nella consapevolezza di non essere come gli altri, solo per il fatto di essere meno estroverso e più sensibile rispetto ai miei coetanei.
Col tempo ho imparato a non mostrare quasi nulla del mio carattere, risultando addirittura apatico.
Vedevo casa mia in fondo alla strada, illuminata dai lampioni; girandomi alla mia destra vidi la casa con la peggior famiglia che abbia mai visto.
Le dicerie locali narravano, ed io ci credevo, che lo zio, fratello del padre, abbia violentato la nipote più volte, e che il padre ne era a conoscenza. La cosa era già disgustosa così, ma aggiungendo il dettaglio che non disse nulla a nessuno, il livello di voltastomaco saliva notevolmente. Non aveva detto nulla per paura di essere giudicato dalla famiglia; da giovane era sempre stato la pecora nera della sua famiglia, ed il timore di rivivere quell'esperienza lo aveva reso schiavo, facendolo arrivare al punto di non parlare, nemmeno se c'era la figlia in ballo.
Ripresi a camminare, e ripercorrendo i miei passi, arrivai vicino a casa mia, in un parcheggio. Mi sedei su una delle panchine; era illuminata.
Decisi di usufruire dell'altra cannetta: la accesi, ma non feci nemmeno a tempo ad aspirare che mi squillò il telefono.
Guardai il nome sullo schermo, ed era Claudio.

Cosa farà Arthur?

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𝐀𝐫𝐭𝐡𝐮𝐫.Where stories live. Discover now