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Aprii il primo cassetto del comodino alla nostra destra e con la mano, senza guardare, cercai la scatolina con i preservativi.
Sentii i movimenti sopra di me fermarsi, poi vidi il suo sguardo fisso sul cassetto aperto.
-Arthur, ma che cazzo- disse lei, con tono scazzato. Non riuscivo a togliere lo sguardo dal suo volto, che da dolce era diventato una maschera di confusione e tristezza.
-Cosa?- chiesi, non capendo a cosa si riferisse. Felisja si allungò verso il cassetto e ne prese una busta, quella con l'erba. La tenevo lì per comodità, dato che fumavo joint come sigarette.
La ragazza mi stava guardando davvero male, e mi lanciò la busta addosso, scendendo dalle mie gambe, mettendosi in ginocchio alla mia sinistra.
-Pensavo avessi smesso- mi disse con voce delusa. Lei era consapevole del fatto che io fumassi, ma non lo facevo mai davanti a lei per rispetto, e nemmeno ne parlavo.
Guardavo la coperta che copriva il materasso; era a righe nere e grigie ed era bella pesante, come piaceva a me.
Non volevo guardarla negli occhi in quel momento, perché sapevo che vi avrei visto solo delusione e rabbia, ed era l'ultima cosa che avrei voluto vedere; non mi piaceva saperla così.
-È l'unica cosa che ora come ora mi rimane.. mi sento solo. Certo, ho i miei amici, Andrew e te, ma l'erba mi aiuta a staccarmi dalla realtà, per quanto possa essere possibile almeno- spiegai, con tono triste. La sentii sospirare piano.
-Questa cosa ti metterà in crisi, ora sei giovane e te lo puoi permettere, però secondo me dovresti iniziare a pensare al tuo futuro, cercare un lavoro, e poi.. pensa a tutte le persone che smetterai di frequentare, ma che ti vogliono bene- mi rispose, guardando un punto fisso nel muro.
L'ultima frase che aveva detto era sicuramente diretta a sé stessa, e mi faceva star male il fatto che lei mettesse in preventivo il fatto che non avrebbe più voluto avere a che fare con me se avessi continuato.
Continuai a ragionare sulle sue parole, e pensandoci bene, aveva ragione: è risaputo che una persona che si afferma fattona e che va ai rave, sta con quella categoria di persone. Questo è perché non verrebbe giudicata, essendo che gli altri sono tali e quali all'individuo; ed è proprio quella la fregatura, dato che è difficile uscirci. Ma non tanto dal fumare, bensì staccarsi dalle persone con cui si sta bene.
Ero però consapevole del fatto che se avessi voluto avere una famiglia ed un lavoro, come gli altri miei coetanei, i quali stavano già iniziando a costruirsi una vita, avrei dovuto smettere di frequentare le persone con cui stavo in quel periodo e cercare di crearmi uno stile di vita più stabile.
-Hai ragione..- dissi con tono sincero e malinconico.
-..però mi piace fumare. È vero che dovrei cambiare per me, ma è difficile- aggiunsi, con lo stesso tono usato in precedenza, continuando a giocare con il lembo della coperta, senza guardare Felisja negli occhi.
-Capisco, ma sai.. non mi va che tu lo faccia. Ti distruggi-
Aveva la voce tremante e me la immaginavo con gli occhi lucidi ed un volto triste.
Si risistemò sdraiata e continuammo a guardare il film, che non avevamo mai stoppato, senza alcun altro dialogo durante tutto il resto della durata.
Mi dispiaceva che fosse andata a finire così, ma ormai non ci potevo fare nulla. Cercai di seguire la trama, ma i miei ricordi legati alla serie di riferimento erano molto fiochi e deboli.
Quando finì, spensi tutto; senza la luce del televisore, la stanza era completamente avvolta dal buio e dal silenzio, se non per i nostri respiri pesanti. Guardai l'ora nel telefono: erano le sei e mezza, e stavo iniziando a sentire fame.
-Vado a chiedere a mia madre a che ora si mangia- sentenziai, alzandomi.
-Okay- disse solamente, sospirando piano.
Uscii dalla stanza e riscesi le scale, trovando mia sorella Kayla intenta a guardare un programma alla tv, seduta comodamente sul divano, e mia madre si era sistemata accanto a lei, mentre leggeva qualcosa sul telefono.
-A che ora mangiamo?- domandai, restando in piedi dietro il divano.
-Verso le sette.. Felisja è su?- chiese lei in risposta.
-Sì- dissi solo.
-Fel? Voglio salutarla!- esclamò la piccola, alzandosi di scatto dal sofà in cui era stravaccata.
-Certo vieni..- la invitai, e lei mi si avvicinò, mettendo poi il piede sul primo scalino, salendo successivamente le scale.
-..dov'è Xenia?- chiesi poi, facendola fermare a metà, sul pianerottolo.
-In camera, abbiamo litigato- spiegò lei, con tono poco allegro, abbassando lo sguardo. Poggiai una mano sulla sua spalla e la accarezzai piano.
-Dovete chiarire e volervi bene, su, vai in camera e chiamala- risposi, portando la mano dalla spalla alla schiena, che battei piano; la indirizzai verso la loro camera, dove entrò solo col capo.
Feci gli ultimi scalini, con il fiato che mi mancava.
-Xenia, vieni a salutare Felisja?- domandò Kayla con tono incolore alla sorella.
-Sii- esclamò l'altra, che al contrario, era entusiasta. Sentii dei passetti avvicinarsi alla situazione e poi vidi le due donnette davanti alla porta di camera mia, che mi aspettavano.
Aprii la porta e le lasciai passare le mie sorelline, che con aria allegra si avvicinarono a Felisja, che le accolse calorosamente in un abbraccio.
Iniziarono a parlare di discorsi nei quali io centravo ben poco, quindi mi misi seduto in un angolino del letto e pensai a cosa avrei dovuto fare con lei; il suo discorso reggeva molto più del mio, e ne ero pienamente consapevole, ma era difficile che mi smuovessi così dai miei ideali, che ormai erano quelli da anni, nonostante avrei dovuto farlo soprattutto per me stesso.
-È pronto!-
Sentimmo mia madre urleggiare dal piano inferiore, quindi ci alzammo ed andammo giù, sedendoci successivamente a tavola.
I miei genitori salutarono la ragazza, che si era seduta accanto a me, e lei ricambiò, indossando una maschera di finta felicità: forse l'avrebbe data a bere a mia madre, ma a me no. Conoscevo bene il suo vero sorriso, quello sincero, e quello che aveva in quel momento, era tutto fuori che sincero.
Ci fu messo davanti un piatto di pasta alla bolognese, che mi ricordava l'infanzia: aiutavo sempre mia nonna a cucinare, quando ancora avevo degli interessi concreti, e veniva sempre ottimo.
La cena era colma di chiacchiere tra i miei, le mie sorelline, che continuavano a tirarsi frecciatine l'un l'altra, e Felisja, che partecipava attivamente alle conversazioni.
Finii il mio piatto di pasta e misi le posate nel piatto, poi mi versai un bicchiere di acqua e lo bevvi tutto d'un fiato; anche la ragazza aveva terminato di mangiare, ma stava facendo conversazione con mio padre, quindi decisi di non interromperli e controllare velocemente il telefono, dove vi trovai un messaggio di Andrew.

𝐀𝐫𝐭𝐡𝐮𝐫.Where stories live. Discover now