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Non avevo voglia di tornare a casa, così decisi di andare in un parco vicino a casa mia; dopo circa dieci minuti di camminata, arrivai al parcheggio del parco, che era deserto.
Quando avevo circa quattordici anni, uscivo sempre in quel parco, sia di sera che di pomeriggio, d'estate d'inverno e a volte anche con la pioggia; i quattordicenni del 2019, non sono più così: vanno al bar o rimangono a casa, senza nemmeno immaginare quanto fosse bello fare esperienze in giro per il proprio quartiere. Ero fiero di essere della mia generazione.
Mi girai e vidi una macchina nera parcheggiata; aveva la luce dei sedili posteriori accesa, e riuscivo a intravedere una figura maschile all'interno della vettura. Notai che mi stava guardando quasi intensamente, e la cosa mi metteva un po' in soggezione.
Guardai l'ora: erano le diciannove e qualche minuto. Mi guardai intorno e decisi di andare verso la macchina, dato che gli occhi dell'uomo non smettevano di divorarmi vivo; anche a pochi centimetri non riuscivo a riconoscere il volto, ma gli occhi luccicavano nel buio per via della luce riflessa dal lampione lì davanti.
Mi fece cenno di fare il giro e salire, e così feci. Sbloccò la porta ed entrai nell'auto, chiudendo la porta non appena mi sedei. Quest'ultima fu subito dopo bloccata nuovamente, e ciò mi preoccupò leggermente.
L'uomo si girò verso di me e lo identificai subito come il signor Rinaldi. Un brivido percorse la mia schiena, ma non riuscivo a distogliere lo sguardo dal suo, così intenso e carico.
-Come mai in giro da solo, Arthur?- mi chiese, senza smettere di fissarmi per un solo momento.
Il suo sguardo divagava dai miei occhi alle labbra, poi alle mani, nelle quali risaltavano notevolmente le vene.
-Mi servivano dei soldi.. per una cosa. Quindi magari.. facendo due passi.. mi venivano delle idee- dissi con un nodo alla gola: ero spaventato da quella situazione, e volevo andarmene, ma non potevo. Ero chiuso lì e non sarei riuscito nemmeno a sviare il discorso.
-Posso aiutarti io, se vuoi- disse lui, con una voce un po' strana. Ci pensai un istante, dei soldi sarebbero risultati utili, anche se non capii a cosa alludesse. Annuii, dopotutto, cosa sarebbe mai potuto succedere?
Non disse nulla, ma nel suo volto si formò un sorrisetto a tratti inquietante, poi sentii il rumore della sua fibbia slacciarsi, poi quello della cerniera aprirsi. Buttai uno sguardo sulla fonte dei rumori, e notai che aveva anche già abbassato l'intimo, liberando il suo membro non del tutto eccitato.
Ero piuttosto disgustato, non volevo, ma avevo paura di andarmene, contando ciò che faceva casa, non avrebbe provato pietà per un ragazzino di 19 anni. Lo stava maneggiando mentre il suo sguardo mi stava divorando, da capo a piedi.
Mi fece un cenno che capisi, quindi feci un respiro profondo e mi abbassai, prendendolo in bocca quasi completamente. Lo sentivo diventare sempre più duro sotto il tocco delle mie labbra, poi cominciai a fare il movimento con il capo.
Avevo la testa altrove, cercavo di non concentrarmi su ciò che stavo facendo; sentii la sua mano posarsi sulla mia nuca, invitandomi a fare di più, a non smettere. Sentivo anche i suoi gemiti grotteschi e la sua mano continuava ad accarezzarmi i capelli, a tratti con delicatezza, a tratti sembrava me li volesse strappare.
Durò parecchio, forse una decina di minuti, poi venne dentro la mia bocca senza avvisare minimamente. Mi alzai di scatto, ripulendomi le labbra, poi guardai fuori dal finestrino; sentivo gli occhi bruciare un po', ma mi ripresi subito.
Il rumore dei suoi pantaloni che si sistemavano, mi risvegliò, quindi mi rigirai a guardarlo. Aveva in mano il portafoglio aperto, poi mi rivolse un'occhiata soddisfatta
-Quanto ti serviva?- chiese, guardandomi negli occhi.
-Novanta cinque euro- risposi, sospirando. Aggiunsi cinque euro, mi sarei preso un nuovo accendino l'indomani. Prese dallo scomparto più grande delle banconote, poi ne contò tante quante ne avevo chiesto. Me le porse e le afferrai, poi fu aperta la porta, quindi uscii senza spiccicare parola.
Mi allontanai dell'automobile a testa bassa; nonostante nessuno sapesse di questo fatto, mi vergognavo da morire. Era forse questione di orgoglio, ma non l'avrei detto a nessuno.

FINE

𝐀𝐫𝐭𝐡𝐮𝐫.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora