Capitolo quattro

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22 luglio 2019
📍Londra

Apro gli occhi e sospiro.
Perché non ho comprato delle tende?
Mi stiracchio e poi sento sbuffare accanto a me,
sgrano gli occhi e mi giro leggermente per capire chi sia.
Cosa ci fa qua Charles?
Perché è nel mio letto?
Cosa è successo ieri sera?

[.]

6 ore prima

<<Che cosa vuoi da bere?>> mi chiede Austin spuntando dal nulla.
<<Rum e Coca, grazie.>> gli sorrido e ritorno a ballare con la mia amica Emily, non che una mia collega.
<<Ci vai giù pesante stasera?>> mi sorride mentre mi sistema delle ciocche di capelli dietro all'orecchio.
Annuisco e le indico il motivo.
<<Ahh, è tornato?>> chiede ed io annuisco.
<<Non mi ha scritto, non mi ha detto nulla del fatto che sarebbe tornato a Londra ed ora me lo trovo qui con Giada.>> sospiro e bevo un sorso del mio bicchiere non appena Austin me lo porge.
<<E poi è qui con Giada, quindi non mi calcolerà mai.>> continuo a bere dalla cannuccia ed Emily mi guarda con un sorriso un po' malizioso ed io alzo gli occhi al cielo capendone il motivo.
Ma perché dovevo sempre fare figure di merda?
Mi giro lentamente e cerco in tutti i modi di fare un sorriso decente per far vedere che ero felice.
Ma non credo che sia uscito bene.
Perché non appena ho visto Lando, Pierre ed una ragazza, che credo sia la ragazza di Pierre visto come si stringo le mani, ho smesso di sorridere.
Ma non per loro.
Ma per quello che succedeva dietro di loro.
Charles e Giada che si baciavano appassionatamente.
Sospiro chiudendo gli occhi.
È straziante vederlo con lei, vederli baciarsi, è difficile poter credere che una volta, al posto di lei, c'ero io.
Difficile da credere perché è durato troppo poco, neanche un mese, perché poi, da codarda quale sono, sono scappata non appena le cose sono diventate troppo difficili e l'aria troppo pesante per poterla respirare.
Sospiro di nuovo e riapro gli occhi.
Non so quante volte ho sospirato in questi minuti.
<<Allora Emelie, come stai?>> mi chiede Lando dandomi un bacio sulla guancia.
Io ricambio, e saluto anche gli altri presentandomi alla ragazza.
<<Emelie.>> lei mi sorride a trentadue denti e mi stringe la mano.
<<Caterina.>>
Poi mi giro verso Lando e mi scuso <<mi sono dimenticata di risponderti, tutto bene dai, e voi? Come state?>> chiedo in generale guardando tutti e tre.
<<Massi dai, abbiamo avuto una settimana libera, la prossima sarà in Germania. Tu invece cosa hai fatto in questa settimana?>>
Mi chiede mentre mi appoggia il braccio attorno alla spalla.
Anche se mi ero ripromessa di smetterla con questo mondo, alla fine non sono riuscita a dire di no al viso dolce di Lando.
Lo conosco da un paio di anni, è stato lui a farmi amare il Tea con il latte.
E quindi siamo diventati amici perché comunque è una brava persona, un bravo ragazzo, anche se rischia la vita ogni giorno.
<<Nulla sono andata al lavoro e sono stata a casa, una cosa tranquilla insomma.>> mento.
Non potevo digli che ero andata a Monaco a pingere, come facevo ogni anno, sulla tomba di Jules.
<<Lei è?>> mi chiede invece Caterina indicando dietro di me.
<<Oh, che sbadata!>> mi metto una mano sulla fronte.
<<Lei è Emily, la mia amica, e anche collega>> le prendo il braccio facendola venire accanto a me e lei stringe la mano a tutti e tre.
<<Charles?>> lo chiama Pierre ed io velocemente gli do uno schiaffo sulla spalla.
<<Lascialo stare. È impegnato.>> tempo di dire quelle frasi che lui e la sua bella si presentano accanto a Pierre.
<<Ciao, Lie, come stai?>> mi saluta con due baci sulle guance.
Lie.
Mi ha chiamata Lie.
Come mi chiamava sempre Jules.
<<Ciao Charles.>> gli sorrido un po' falsamente e guardo Giada che si avvicina a lui e gli mette le mani attorno al collo.
Un po' troppo appiccicosa per i miei gusti.
<<Perché Lie?>> chiede lei urlando per farsi sentire.
Sotto le note di Calling, Lose My Mind di Sebastian Ingrosso, era un po' difficile farsi sentire con il tono di voce normale.
<<È un soprannome che usavamo quando eravamo più piccoli.>> si giustifica e le dà un bacio sulla fronte.
Lei annuisce e mi guarda.
Ma che ha da guardare?
<<Che ci fai qui?>> gli chiedo portando tutta l'attenzione sul suo viso più che perfetto.
Ha un'accenno di barba, la faccia e gli occhi sembrano stanchi, magari è solo stressato per le gare.
Mi manca guardarlo negli occhi e perdermi ogni volta.
Mi manca stare con lui, ridere di ogni problema, guardare l'alba o il tramonto su un tetto o in riva al mare, oppure anche le cose semplici come mangiare una pizza davanti al nostro film preferito o fare la maratona della nostra serie tv preferita.
Mi manca tutta questa normalità, mi manca tutto quello che si è portato via Jules.
Perché da quando lui non c'è più io e Charles non riusciamo ad essere noi stessi.
Non riusciamo a parlare per più di due secondi e subito abbassiamo lo sguardo per paura di innamorarci ancora.
Io però, appena l'ho visto, dopo quattro anni, mi sono innamorata.
Appena mi ha detto ciao, ho capito di non aver mai smesso di amarlo.
<<Lie, posso parlarti un attimo?>> mi sussurra all'orecchio riportandomi alla realtà.
Annuisco e mi prende la mano portandomi fuori dal locale.
Mi copro meglio con la gonna e lo guardo mentre si guarda in giro un po' preoccupato.
<<Arriva al punto Charles.>> gli dico e incrocio le braccia sotto il seno.
<<Sei andata a Monaco.>> si gira completamente verso di me e mi guarda negli occhi.
<<È una domanda o un'affermazione?>> chiedo non avendo capito.
<<Una domanda..>>
<<Allora spiegati meglio.>> mi stavo alterando
<<Lie dai..>>
<<Dai cosa? Non ci arrivi da solo? Certo che sono andata a Monaco, come tutti gli anni, tutto il giorno su quella cazzo di lapide, ho pianto tanto, tutto il tempo in cui sono stata accasciata a terra sai cosa ho pensato?
A noi .
A noi, a quello che abbiamo fatto, a quello che abbiamo passato, quei giorni che siamo stati assieme sono stati i più belli della mia vita.
Il fatto che, la prima volta che ti ho visto dopo quattro anni ho capito che non ho mai smesso di amarti.
Che avrei voluto saltarti addosso e riempirti di baci la faccia.
Ma poi è arrivata lei.
Lei con i suoi capelli lunghi biondi, e quel sorriso smagliante.
Lei che ti ha fatto dimenticare di me..>> sbraito diventando rossa sulle guance.
Non me ne ero nemmeno accorta, ma delle lacrime mi rigavano il viso e avevo le mani e le gambe che tremavano.
Lui velocemente prende il mio viso tra le sue mani e mi guarda negli occhi.
Aveva anche lui gli occhi lucidi.
Avrei voluto baciarlo, davanti a tutti i passanti che ci guardavano straniti.
<<Lie io non ho mai smesso di pensarti un attimo, tutte le lettere che ti spedivo il 17 luglio oppure il 5 ottobre. Oppure anche il 3 agosto per il suo compleanno.
Ti sono sempre stato accanto, perché sapevo che stavi male, ma stavo male anche io. Non ho mai smesso di amarti, e mai smetterò. Perché per me sei speciale.>> cerca di convincermi mentre mi asciuga le lacrime.
<<Smettila di chiamarmi come mi chiamava lui. Non riesco a sopportarlo.>> cerco di dire ma non so se ha capito quello che dicevo.
Mi sta stringendo le guance e sembro Bugs Bunny quando dice "no".
Si avvicina a me ma io lo blocco.
<<Non possiamo, c'è Giada dentro.>> lui annuisce contrariato e ritorna dentro lasciandomi fuori dal locale.

1 ora prima

Sospiro cercando disperatamente le chiavi della macchina di Charles.
Perché si era devastato così?
Perché Giada non c'era ad aiutarlo nel momento del bisogno?
Perché mi sono offerta io?
Lo guardo che era appoggiato alla macchina con gli occhi chiusi e sorrido involontariamente.
Non si reggeva in piedi, e grazie all'aiuto dei ragazzi siamo arrivati qui, nel parcheggio.
Trovo finalmente le chiavi e apro la porta appoggiando la camicia di Charles dietro e cerco di farlo sedere davanti.
<<Sali in macchina.>> dico con voce autoritaria.
<<Guarda che posso benissimo tornare da solo>> cerca di convincermi, ma nemmeno lui ci crede.
<<Ma smettila, sali in macchina, forza!>>
dico entrando in auto mentre mi allaccio la cintura.
<<Non sono ubriaco.>> mi ripete mentre chiude la portiera con forza.
Se solo avessi avuto il coraggio, l'avrei preso a sberle.
<<Ma se non ti reggi in piedi!>>faccio la voce grossa, ma sorrido, gli allaccio la cintura prima che si ribalta per poi mettere in moto.
<<Non sono ubriaco. Perché se lo fossi comincerei a straparlare e a dire un sacco di cose che non dovrei dire.
Tipo ti direi che speravo tantissimo che mi proponessi di riaccompagnarmi a casa e che in questo momento, anche se tu fai finta di essere arrabbiata, io sono felice perché sono con te.
Ti direi che è passato un sacco di tempo, è vero, dall'ultima volta che hai guidato tu, ma ti giuro che non c'è stato un giorno in cui io non ci abbia ripensato.
Non c'è stato un giorno in questi quattro anni in cui io non abbia ripensato al nostro primo bacio.
E fa ancora male,
Dio mio se fa male.
Ti direi che mi capita ancora di piangere per te, ma anche di ridere, o sorridere, quando ricordo qualcosa che mi hai detto.
E poi magari proverei a riprendere quel discorso che per me abbiamo lasciato a metà, ti rinfaccerei di aver scelto per me cosa fosse giusto o sbagliato e rimprovererei a me stesso di avertelo lasciato fare.
Mi sono fidato di te anche in questo. "No, le cose stanno così e non possono cambiare." E invece non era vero.
Le cose potevano cambiare, ma tu non hai voluto.
E io mi sono fidato di te quando mi hai detto che era meglio così.
Per un po' magari ci ho anche creduto.
Ma come vorrei poterti dire che non è vero niente, che niente è meglio se non ci sei tu.
Che quando bacio Giada penso a te.
Che mi preoccupo se non ho tue notizie per un giorno intero o se ti vedo un po' più pallida. Che mi fai venire i brividi quando mi accarezzi. Che quando ti vedo sono felice e basta.
Che riconoscerei il tuo profumo tra un milione. Che avrei voglia di baciarti per ore, svegliarmi accanto a te al mattino e prepararti il Tea.
Anche con il latte.
Ti direi che non riesco a fare a meno di cercare i tuoi occhi negli sguardi degli altri, ma non li trovo mai.
Che ti voglio ancora più di ogni altra cosa.
Che forse siamo ancora in tempo per cambiare le cose, perché io, nonostante tutto, nonostante il male che mi hai fatto, io sono ancora innamorato di te. 
Ma non sono ubriaco e non ti dirò niente di tutto questo, perché queste "sono cose che passano", no? E se non passassero, invece?   Fammi scendere dalla macchina, torno a piedi.>>
Accosto.
Mi guarda.
Lo guardo.
Si sporge in avanti.
Mi bacia.

[.]

Ora ricordo tutto.
Non c'è stato niente se non dei semplici baci, poi lui è crollato accanto a me.
Lo guardo diventando di sicuro bordeaux e appoggio la mia testa sulla sua spalla.
Avrei voluto qualcosa di più, di sicuro.
Ma non avrei mai potuto.
Lui apparteneva ancora a lei.

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