Capitolo 2: Lisette

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Dopo un anno, come previsto, Illyrio concluse le trattative con Khal Drogo per le nozze con Daenerys. Si era messo in testa che voleva a tutti i costi dare una mano e si era premurato di contattare il capo Dothraki di persona. Finalmente la ragazza, ormai tredicenne, fu messa a parte degli intrighi di suo fratello per ottenere un esercito e conquistare il Trono di Spade.

A me spettò l'ingrato compito di avvertirla delle trame ordite da Viserys. Protestai che fosse quantomeno il fratello a prendersi le sue responsabilità, ma Coryus mi fece notare che avevo accettato di essere al completo servizio dei Targaryen, e non potevo per quello tirarmi indietro di frote a un ordine.

«Quel verme!» si sfogò Daenerys con la sottoscritta. «Da quanto tempo stava architettando tutto?»

«Un annetto, da quel che so.»

«Un anno?! Verme schifoso!»

Mi trattenni dal ridere: era davvero quello l'insulto peggiore che le veniva in mente?

«È stato uno stronzo, non posso darvi torto,» dissi invece, usando una parola decisamente più dura. «Ma vedetela così, mia signora: un anno fa, il primo giorno che ci siamo conosciute, mi avete detto che avreste voluto visitare il continente occidentale. E potrete farlo, grazie a questo piccolo... sacrificio

Col senno di poi credo che quelle non furono le parole più adatte per consolarla, ma almeno ebbero l'effetto di calmare la sua ira. Continuava a farmi tanta pena per l'obbligo a cui era costretta, ma ero abbastanza cinica da pensare che quantomeno non toccava a me sposare un uomo molto più grande di me. Io dovevo solo sorridere, annuire e inchinarmi. E non parlare troppo.

«Almeno lui com'è?» sussurrò poi, sedendosi sul letto con un grugnito e seppellendosi il volto tra le mani.

«Non lo so. Ma è un uomo forte, se è il re dei Dothraki. Dev'essere assolutamente forte. Con dei lunghi capelli neri raccolti in una bellissima treccia. Di poche parole, probabilmente, ma premuroso nei confronti di chi vuole proteggere. E sia lui che vostro fratello vogliono solo il vostro bene, mia signora.»

«Ma se lui non mi conosce nemmeno!»

«Ma Viserys sì!» ribattei, iniziando a spazientirmi. «E lui sa qual è il vostro bene. Non vi avrebbe mai chiesto una cosa così grande, altrimenti!»

«Perché il nostro destino deve sempre dipendere da un uomo?!» mi chiese, la voce spezzata dal pianto. «In un mondo giusto ogni persona sarebbe libera di decidere per sé. Non ci sarebbero servi o padroni, regni da conquistare e soldati da mandare a morire.»

«La mia sorte è dipesa da una donna meschina, che mi odiava a tal punto da cacciarmi da casa sua e dal continente in cui viveva, per assicurarsi di non rivedermi mai più. Ciò che avete detto è quindi inesatto. D'altro canto, devo la mia vita a due uomini: a mio padre, senza il quale probabilmente sarei morta poco dopo la mia nascita, e a Ser Jorah, grazie al quale ho avuto la possibilità di ambientarmi in questi luoghi apparentemente ostili, di trovare la felicità e, di conseguenza, incontrare te, mia signora.»

«Me?»

«Sì... la legge della natura è da sempre molto chiara: un lupo solitario muore; il branco sopravvive. È solo grazie all'aiuto degli altri che riusciamo a tirare avanti. I miei ricordi di quell'epoca sono un po' confusi, ma ricordo di aver pensato spesso di farla finita. Pensieri oscuri che non dovrebbero frullare nella mente di una bambina.»

«Guardati, sei tanto giovane, eppure così saggia. E invece io non faccio altro che frignare!»

Finalmente sorrise, e tirai un sospiro di sollievo. Le porsi un lembo di stoffa, pregandola silenziosamente di ripulirsi dalle lacrime, poi sentimmo bussare alla porta. Era Viserys.

Le cronache del Lupo e del DragoOnde histórias criam vida. Descubra agora