Capitolo 32: Lisette

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«Sai, un giorno ti ho chiesto di essere la mia confidente. Avevo solo tredici anni e non una certezza, nemmeno una piccola. Tu mi risposi che non ti conoscevo, era il primo giorno che ci vedevamo, e io risposi che era meglio così. Sapevo che i tuoi consigli sarebbero stati sinceri perché non avevi pregiudizi nei miei confronti.»

«Non è cambiato niente, mia signora. Sono ancora sincera e quando, oggi pomeriggio, vi ho detto che Jon non si sarebbe mai inchinato, dicevo la verità.»

«Te l'ha detto lui?»

«Sì, ma non esplicitamente. Lo conosco troppo bene per sapere che ha sofferto troppo per inchinarsi a un altro... tiranno.»

«Mi sto forse comportando da tiranna?» Daenerys scoppiò a ridere, sarcastica.

«Sì,» risposi, rimanendo serissima. Il sorriso sbiadì dalle labbra della signora.

«E in che modo lo starei facendo?»

«All'inizio la vostra idea era giusta: non avreste mai toccato il popolo, solo i padroni tiranni. Poi vi siete trasformata in una di loro: gli uomini che avete liberato erano per la maggior parte soldati forti, quindi un'idea ha iniziato a formarsi dentro di voi. Vostro fratello era venuto a Pentos per avere degli uomini, e voi ne avevate parecchi. Il trono è un'idea allettante, ma la rivendicate nel nome della persona sbagliata.»

«Viserys è l'unico che può rivendicare il trono, ma ha rinunciato da quando ha seguito i Guardiani.»

«Abbiamo ragione di credere che ci sia un erede di cui non eravamo a conoscenza. Un figlio di vostro fratello Rhaegar.»

«Abbiamo? Con chi ne hai parlato?»

«Con Jon e Viserys.»

«Mi pare ovvio che loro sono d'accordo con te.»

«I dubbi a riguardo sono molto scarsi. Perché avete ragione di dubitare di questo?»

«Viserys ti ama, anche un cieco se ne renderebbe conto, mentre Jon è tuo fratello. Si taglierebbe una mano piuttosto che contraddirti.»

«Vi sbagliate, mia signora. Il fatto che io sia molto legata a quei due ragazzi non preclude che possano dirsi in disaccordo con me. Non c'è nessun contratto scritto che lo vieti, e io voglio sapere se c'è un altro erede Targaryen che ha il diritto di rivendicare il trono.»

«Non mi appoggerai mai, non è vero?» i suoi occhi si intristirono, e per un momento ricordai il suo volto pallido reso stanco dal lungo viaggio sino a Pentos.

«Vorrei ancora essere vostra amica, mia signora. Purtroppo, però, abbiamo una visione diversa e opposta della vicenda. E nessuna delle due può far cambiare idea all'altra. Non posso combattere più di una guerra alla volta, e ora devo stare accanto alla mia famiglia.»

«È un peccato...» mormorò a denti stretti. «Speravo di poter contare ancora una volta sui tuoi servigi.»

«E perché mai? Io ho smesso di essere la vostra serva nel momento in cui ho salvato vostro fratello da una morte atroce. Sono una persona libera senza alcun vincolo di gratitudine nei vostri confronti, signora.»

Vidi la sua palpebra tremare nervosamente alle mie parole. «È un peccato sapere che sarai la prima persona che giustizierò quando diventerò regina,» proclamò, lapidaria.

«Ma perché non ammazzarmi ora? Non mi pare vi siate mai fatta scrupoli nell'uccidere qualcuno. O è perché sapete che, in fondo, ho ragione io? Voi siete una tiranna, mia signora, anche se vi credete una benefattrice.»

«Io sono una benefattrice!»

«Ogni persona malvagia è un eroe nella sua mente. E io non sono nessuno per impedirvi di pensarla in altro modo, ma posso dirvi una cosa: il confine tra sanità e pazzia è molto sottile e vi consiglio di fare attenzione a non varcarlo mai.»

Le cronache del Lupo e del DragoWhere stories live. Discover now