Capitolo 6: Jon

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Una pacca sulla spalla e un abbraccio fu tutto ciò che ricevetti da Robb prima che le nostre strade si separassero.

«Quando ci rivedremo, tu indosserai il nero,» mi aveva salutato.

«È sempre stato il mio colore preferito. Abbi cura di te, Stark,» avevo replicato, con gli occhi lucidi.

«Anche tu, Snow,» era stata la sua risposta.

Ed eccoci qui: all'abbraccio e alla pacca sulla spalla. Non ci rivedemmo mai più, ma all'epoca non potevo saperlo. La stessa cosa accadde poche ore dopo con mio padre. Mi promise che, la prossima volta che ci saremmo visti, mi avrebbe parlato di mia madre. Il mio cuore era pieno di speranza mal riposta. Fu decapitato pochi mesi dopo il suo arrivo ad Approdo del Re.

Alla Barriera io ero solo. Solo con la compagnia di Spettro, il mio meta-lupo, e Ombra, ila meta-lupa nera che accudivo in attesa che Lisette tornasse da me. Ogni volta che la guardavo nei suoi occhi albini , di un bel blu brillante, lei guaiva come a chiedermi quando sarebbe arrivata la sua padrona.

Alcuni dei miei confratelli li guardavano storti perché avevano paura di loro, ma io mi sentivo al sicuro sapendoli al mio fianco. E poi, non avevo nessun altro con cui passare il poco tempo libero che mi veniva concesso.

Nel combattimento con la spada, siccome ero l'unico ad aver preso lezioni, ero il migliore, e la gente mi odiava, per questo. Anche a cavalcare me la cavavo meglio di tutti.All'epoca non lo capivo, credevo che mi odiassero perché ero il bastardo di un nobile, non perché loro avevano rinunciato a molte più cose di me. A casa la vita era difficile perché ero considerato "troppo poco", mentre alla barriera invece ero "troppo". Troppo agile, troppo bravo con la spada... secondo alcuni, persino troppo bello. Era davvero così? Avevo una faccia lunga e spigolosa, corti capelli ricci e neri e acquosi occhi azzurri, cosa potevano trovarci di attraente in me.

Spesso mi ritrovavo a pensare ad Arya: le avevo regalato una spada, prima di partire. Avrò fatto la scelta giusta?, mi chiedevo. Era solo una bambina, in fondo, anche se le piacevano le armi. Ma era ancora ingenua, probabilmente non sapeva nemmeno da che parte prenderla senza infilzarsi. A tal proposito, con un'assurda associazione di pensieri, mi tornarono in mente le parole che Jaime Lannister mi disse la mattina in cui me ne andai: "strano effetto, quando infilzi un uomo" mi disse. "Ti rendi conto che non siamo altro che sacche di carne piene di sangue tenuti insieme dalle ossa." Poi mi aveva stretto la mano, congedandosi. Il pensiero mi aveva dato i brividi, ma avevo deciso di non pensarci ed ero andato a salutare Bran, che ancora non si era svegliato. Gli avevo sussurrato all'orecchio tutte le avventure che avevamo in progetto di fare insieme sperando che mi sentisse, sempre sotto lo sguardo vigile di sua madre che, alla fine, mi aveva cacciato via con le lacrime agli occhi. Avevo eseguito senza discutere, non prima di posare un bacio sulla fronte del mio fratellino e me ne andai.

Sulla strada verso la Barriera incontrai quelli che poi sarebbero stati i miei confratelli: ladri, stupratori... bastardi; la storia dei guardiani era quasi sempre la stessa. Ebbi anche modo di parlare a Lord Tyrion che mi diede molti spunti su cui riflettere. Certo, la sua sarebbe stata una compagnia migliore se avesse espresso le sue opinioni in maniera più gentile, ma non mi aspettavo certo che fosse educato e insieme genale. E infine arrivammo. La Barriera si parò davanti a noi all'improvviso, e non fu come me l'ero immaginata. Non lo fu per niente.

Il mio cuore iniziò a battere più veloce per l'emozione, ma fui anche deluso: me l'aspettavo più imponente.

Zio Benjen si voltò verso di me. «Ci siamo,» disse, sorridendomi.

Entrammo e ci sistemammo. Poi iniziammo ad allenarci. Uno dopo l'altro, vinsi tutti i duelli e feci mangiare la polvere -anche se "mangiare il fango" sarebbe un'espressione più appropriata- a tutti i miei avversari.

Le cronache del Lupo e del DragoWhere stories live. Discover now