9. L'Altro Caso

62 9 0
                                    

Jackson tornó a casa, per la prima volta nella sua vita si sentiva stanco, ma non era una stanchezza normale, era stufo di vivere.
Iniziò a rimpiangere la sua vecchia vita in Alaska, da solo sulle montagne, in quel momento avrebbe tanto voluto andare a caccia, lo aiutava a svuotare la mente.
Ironico, era passato dalla caccia al cervo alla caccia all'uomo.
Dylan rise, poi si attaccò alla bottiglia di Brandy nell'armadietto del suo salotto.
Si mise davanti all'ampia vetrata ed iniziò a guardare Sacramento, quella città è sempre stata vittima di crimini violenti, eppure si era sempre rialzata, ma Dylan in quel momento non aveva la forza di farlo.
Troppe emozioni tutte insieme.
"Perché..." lo disse ad alta voce, come se qualcuno lo stesse ascoltando eppure non c'era nessuno, era sempre stato solo.
Gli mancava Caroline, ma non era il primo dei suoi pensieri.
La sua attenzione si fermò sulla Collins, lo guardava sempre con quell'aria strana, sembrava come se lo compatisse, questo lo irritava, delle volte odiava quella donna.
Delle volte...
No, non era quello il momento di pensare ai sentimenti, mai mischiare il lavoro con il sentimento, ma era ubriaco, e non aveva in mente quel confine.

Anne Marie era piegata sul grande tavolo, era passata un'ora e mezza, e stavano ancora cercando di esaminare quel bigliettino trovato sull'ultima scena del crimine.
"Il tempo è un buon maestro, l'unico difetto è quello che uccide i suoi alunni."
Non aveva senso, o almeno non per Anne.
Se solo Dylan fosse qui, lui avrebbe saputo cosa fare, era uno dei migliori detective per lei.
"Non ha un cazzo di senso, sta giocando con noi!" Urlò Page con la sua solita delicatezza.
Bennet non rispose, e Morrison non si era fatto vedere, qualcuno aveva detto che si trovava in riunione con i capi, Rick si sentì male a quella notizia, era un semplice detective, non dirigeva neanche quella squadra, perché mai avrebbe dovuto partecipare ad una riunione di pezzi grossi?
Raccomandato figlio di puttana
Anne non sentiva più le gambe, sentiva che le energie la stavano abbandonando, nell'arco della giornata le era successo di tutto.
"Collins, puoi andare se vuoi, io e Bennet ce la possiamo cavare." Le disse Page con tono stranamente gentile, Anne lo guardò, anche lui era allo stremo delle forze, voleva chiudere quel caso come tutti, quelle donne meritavano giustizia.
"Richard, posso farcela." Usò il primo nome del suo capo perché le sembrava appropriato per la situazione, dopotutto si conoscevano anche da molto.
"Anne, torna a casa." Rispose lui accennando un sorriso, la psichiatra era sorpresa, così decise che forse Page aveva ragione, una bella dormita non le avrebbe fatto certo del male, anche se erano già quasi le quattro.
Uscì dalla sala facendo un cenno di saluto rivolto ai presenti, e poi si diresse verso la sua auto, si mise al volante e poi guidò con cautela verso casa, non voleva farsi uccidere dal sonno.

Ashton aveva avuto un'idea, che secondo James era inutile e stupida, ma agli occhi dell'assassino era l'unico modo per tenere d'occhio la polizia.
Dopo gli omicidi, James si recava in incognito sulle scene del crimine, per controllare i movimenti delle squadre dell'FBI, ma Ashton non si fidava molto del suo collega, era poco intelligente e non sapeva cogliere i dettagli come invece faceva sempre lui, e poi adesso che tutti conoscevano il suo viso sarebbe stato difficile passare inosservato.
L'idea era quella di inscenare un nuovo rapimento per studiare bene e con precisione le persone che lavoravano a questo caso, l'eccitazione e l'allargamento crebbero nell'animo di Ashton, a tal punto da diventare quasi sessuale.
"Allora siamo intesi."
"Come sempre."

Jackson era disteso sul pavimento del suo salotto, fissava le grosse travi in legno scuro che decoravano il soffitto, non avevano uno scopo strutturale, era solo che gli piacevano molto, perché gli ricordavano le montagne ricoperte da folte macchie di alberi.
Non aveva bevuto molto, quel che bastava per rendere Dylan Jasper Jackson sbronzo.
Si sentiva stordito, aveva sempre retto molto bene l'alcol, eppure il ragazzo in quel caso si ritrovò inerme sul suo tappeto rosso.
Iniziò a vedere delle immagini confuse, sua madre, o almeno quello che ricordava di lei, poi suo fratello, ed infine la sua amata sorella, aveva sempre avuto un debole per lei, la proteggeva, era la sua bambolina, ma si sa, tutto quello che Dylan amava finiva male, proprio come lei.
Pianse, pianse tutta la notte, o quello che ne restava.
Si stava sciogliendo.

Anne Marie era riuscita a raggiungere il suo letto matrimoniale e vi si era infilata, tutta vestita. Le mancava qualcuno, aveva sempre avuto bisogno di attenzioni, sin da quando lei e suo fratello riuscirono a fuggire dal padre.
Anne non faceva altro che pensare al caso, era tutto troppo semplice per lei, quell'errore, un professionista non avrebbe mai fatto una cosa del genere no, il loro uomo era un calcolatore, un meticoloso sociopatico. Era pericoloso, e si vedeva che non si faceva scrupoli ad uccidere.
Anne era convita che non era la sua prima volta, ci doveva essere anche qualche altro collegamento, magari aveva già colpito in un altro stato al di fuori della California, ma poi si rese conto che un soggetto come lui poteva cambiare modus operandi senza la minima fatica, e questo rendeva la ricerca di eventuali collegamenti molto più complicata, era un esperto del suo campo, e amava quello che faceva, tutti potevano vederlo.
Orribile.
Anne pensò che non era tornata a casa solo per continuare a pensare al suo lavoro, e decise di svuotare la mente, almeno per un solo istante.

Anche Loren Rogers era nel suo caldo letto, la donna aveva avuto una brutta giornata, e quando era rientrata aveva scoperto che suo marito era partito per Toronto, un viaggio di lavoro, a detta di Ron.
Loren era giovane, e si sentiva in trappola, aver sposato il suo capo non aveva fatto altro che rovinarle la vita e la carriera, era da tutti vista come una poco di buono, che da amante passa al livello successivo solo perché incinta, ma lei era sempre stata convinta che Ronald la amasse davvero.
A ventitré anni la ragazza era rimasta incinta, il suo capo aveva divorziato e si erano sposati, per poi trasferirsi da Los Angeles a Sacramento, in un quartiere borghese molto rinomato, uno di quelli tranquilli in cui tutti vorrebbero abitare, dove i costi delle case sono alle stelle.
La sua vita sembrava procedere a gonfie vele, ma da un paio d'anni non era più lo stesso, Ron aveva un'amante, e non provava più interesse per la moglie e nemmeno per la figlia Christen di soli due anni.
Mentre Loren era tormentata da questi pensieri decise di alzarsi, il letto era diventato troppo scomodo per lei.
Andò in cucina, con l'intento di prepararsi una buona tazza di caffè, quando sentì un rumore provenire dalla finestra alla francese che collegava il salotto al giardino ben curato.
Loren si allarmò, era da sola e con una figlia piccola in casa, decise di non avvicinarsi alla finestra, per precauzione.
Forse è solo il vento.
Di nuovo.
Sarà un animale.
Di nuovo.
Oddio.
Di nuovo.
Si avvicinò lentamente.
Di nuovo.
Si affacciò alla porta.
Di nuovo.

A CRIME SCENEWhere stories live. Discover now