13. Sorpreso Dylan?

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"Chiamate la cazzo di scientifica, ne abbiamo un'altra." Page era agitato, nessuno si aspettava un'altra vittima, e poi proprio lei.
Rick si guardava intorno, Jackson era stato accompagnato in macchina da una recluta, era visibilmente agitato, non capiva cosa stava succedendo, faceva domande senza ottenere risposte.
Page non lo aveva mai visto così, non parlava molto, figuriamoci fare domande.
"Eccomi, che succede?" Anne Marie era corsa verso il suo capo, aveva la camicetta sbottonata e i capelli leggermente scompigliati, ma anche in quello stato Page sosteneva che era comunque elegante.
"Devi parlare con Dylan."
"Cosa avete trovato?"
"Il corpo di Caroline Blake."
Anne lo guardò, poi spostò la sua attenzione sul cassonetto alle spalle di Richard, Jackson la stava cercando da mesi, ma lei aveva già capito che i due casi erano collegati, ed aveva anche un'altra idea.
Se il vero obbiettivo fossimo noi?

Ashton sorrideva compiaciuto, a quell'ora i poliziotti avevano scoperto già il suo regalo, già immaginava l'espressione del giovane Dylan J. Jackson, voleva vederlo, ma se si fosse avvicinato lo avrebbero perquisito e gli avrebbero controllato l'auto, quindi meglio non rischiare.
"Mi era simpatica" Disse James piano, lui si era preso cura di lei per mesi, ma era arrivato il momento di colpire il cuore della squadra investigativa, per raggiungere il loro vero obbiettivo.
"Sono solo involucri, non contano nulla, come te."
James rabbrividì, la mentalità di Ashton era contorta, era pazzo ma intelligente, il suo analista lo avrebbe definito sociopatico, ma a quel tempo tutti gli assassini erano considerati tali, non provavano alcun rimorso, erano violenti sin da piccoli, avevano capacità di apprendimento più alte del normale, James era affascinato da Ashton, voleva essergli amico, ma in fondo dopo tutto quello che avevano passato forse lo erano.
"Il nostro informatore?"
"Arriverà oggi pomeriggio, sa che non possiamo muoverci per adesso."
"Ottimo, preparami un te."
James obbedì, era impossibile contraddire oppure evitare gli ordini di Ashton, la sua voce magnetica catturava chiunque, rendeva tutti schiavi delle sue labbra.
L'assassino era un tipo carismatico, poteva cambiare come voleva, un giorno uccideva una donna a sangue freddo, quello dopo passeggiava per strada tranquillamente in cerca di un buon giornale da leggere.
Era sempre molto compiaciuto Ashton quando vedeva le sue "opere" trattate dai giornalisti, si sentiva di aver fatto davvero qualcosa di buono nella sua vita.

Cos'è il bene? Cos'è il male? Nulla, polvere.

Anne non riusciva ad aprire la portiera di quell'auto, erano adulti certo, ma non aveva mai fatto una cosa del genere, e sapeva quanto Jackson teneva a lei, già a lei.
"Jackson.." Disse piano mentre si sedeva sul sedile accanto al detective.
Lui rimase impassibile, Anne Marie cercava un'espressione, ma Dylan in quel momento non ne aveva uno, era vuoto, l'unica cosa che esprimeva qualcosa erano i suoi occhi di ghiaccio che trapassavano l'anima ad Anne.
"Niente giri di parole, lo odio."
Respirò, piano, profondamente.
Non sapeva perché fosse così difficile, quando le avevano detto del padre lei aveva riso, ma lo sapeva bene cosa era successo, oh se lo sapeva.
"Il corpo che hanno trovato è di Caroline Blake, mi dispiace Jackson.."
Anne posò la mano sulla spalla di Dylan, lui non sembrava essere troppo sconvolto, ma la psichiatra lo sapeva che non era così, si sarebbe sfogato a casa, era fatto così, il forte e risoluto Dylan J. Jackson.
Di nuovo quel silenzio, che adesso si era riempito di urla di dolore, il giovane detective stava pensando a Caroline, quanto avrà sofferto? Perché lui non era con lei? Perché?
Tante domande, nessuna risposta.
Dylan aveva intenzione di soffocare il dolore per un po', a casa si sarebbe sfogato con il Martini, o forse con quel gin la cui marca non gli piaceva tanto, ma faceva lo stesso, Caroline era morta, e lui con lei.
"Jackson, se vuoi posso portarti a casa"
"Non ho bisogno di aiuto"
"Lo so ma.."
"Voglio vederla."
Anne rimase interdetta.
"No."
"Non dirmi quello che non posso fare, non sei tu che comandi qui, chiamami Page."
La psichiatra rimase colpita dalla poca delicatezza usata dal suo collega, non era da lui, o forse sì? Non si conoscevano bene, avevano rispetto l'uno dell'atra niente di più.
Anne non rispose, uscì dall'auto, rivolse uno sguardo alla recluta che stava appoggiata alla coda del veicolo con le braccia incrociate.
"Non si deve muovere da qui."
"Certo."
Poi si avvicinò a Page, che era impegnato a spiegare la situazione a Ghram, il medico legale che lavorava sul caso dall'inizio, era un uomo piuttosto ansiano, ma Rick aveva insistito che si occupasse lui delle analisi, in effetti era bravo.
"Vuole vederla" si intromise Anne senza salutare, ma la situazione non era delle migliori.
"Impossibile, non può"
"Glielo dica lei, a me non da ascolto"
Page non era arrabbiato, comprendeva lo stato d'animo di Jackson, ma non poteva lasciarglielo fare, sarebbe stato un suicidio, anche se non era messa male come le altre.
Fece un cenno a Ghram, che si chiuse la tuta di Tyvek e poi si avvicinò alla pattumiera, dove due suoi sottoposti stavano scattando già delle foto.
Il telefono era chiuso in una busta di plastica, nella tasca destra della vecchia giacca di Page.
"Dylan, tornatene a casa lo dico per te ragazzo"
Forse Rick aveva ragione, forse Jackson aveva bisogno di riposare, doveva sfogarsi, o forse no, non lo sapeva neanche lui.
La sua anima era in balia di sentimenti contrastanti, voleva rimanere, voleva stare da solo, voleva qualcuno accanto, voleva tutto ma oramai non aveva più niente.
Tutta la sua vita, tutti i suoi piani erano morti con Caroline.
"Ti faccio portare via da Crawford, sarai a casa tra dieci minuti."
"No, ci torno da solo, non lo sopporto."
Page sbuffò, e poi ebbe un'idea.
Chiamò la Collins e le chiese di riaccompagnare Dylan, lei accettó senza esitazioni, voleva aiutare, le dispiaceva vedere un collega in quella situazione.
Dylan era introverso, un tipo difficile, non lasciava traspirare alcuna emozione.
"Jackson, andiamo con la mia auto."
Entrambi salirono sulla vecchia ma elegante auto della psicologa, lei alla guida e il povero Dylan sul sedile del passeggero.
Mentre viaggiavano a tutta velocità per le strade si Sacramento, Jackson aprí bocca, senza distogliere lo sguardo dal finestrino.
"L'ho persa Anne."
C'era un pizzico di malinconia e di dolore nella sua voce, si sentiva che aveva cercato di trattenerle il più possibile.
Anne volveva studiarlo, ma non le sembrò il caso, se lui non le voleva dire altro, se non si voleva aprire non poteva fare nulla, e forse era meglio così.
"Lo prenderemo Jackson."
Era la cosa migliore che gli potesse dire.

Ashton fantasticava sulle facce della polizia in quel momento, sperava che qualcuno già avesse intuito il suo piano, bramava la caccia, gli piaceva sentire il fiato delle autorità sul collo, era come un bambino a Natale.
Era sempre stato così Ashton Hall.

A CRIME SCENEWhere stories live. Discover now