24. Desiderio, Delusione e Terrore

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Dylan si era sentito strappare via dal quel sudicio divano. Aveva riconosciuto delle voci, ma da ubriaco era difficile mettere insieme i pensieri.
Non ricordava molto, solo Anne con il suo inconfondibile profumo.
Ma io amo Caroline.
Ma è morta.
Un uomo lo prese di peso e lo aiutò a salire su un'auto. Aveva iniziato a parlare ma Dylan non lo capiva, vedeva le labbra chiudersi ed aprirsi ripetutamente senza però far uscire alcun tipo di suono. Tutto era ovattato.

Anne...

Ashton era seduto sul letto king size, era rimasto un po' deluso dal comportamento della squadra quattro. Si aspettava di competere con persone più coraggiose.
Doug McNulty non era stato interrogato perché altrimenti sarebbero già venuti a prenderlo, il topo sapeva dove Ashton viveva realmente.
Aveva affittato quella camera da sei mesi, ormai era diventato un cliente fisso.
Nessuno gli aveva detto di no, Octavius pagava più del dovuto e poi un chirurgo in missione non può essere lasciato per strada.
La ragazza della reception gli era simpatica, ma la donna che più lo interessava era la cameriera che aveva rapito. Oh, lei si che gli mancava.
Non sapeva il suo nome ma avrebbe voluto renderla immortale.
Il suo piano andava a gonfie vele, aveva previsto tutte le prossime mosse del detective Page e dei suoi sottoposti.
Ashton era euforico.

"Alcuni detective già stanno interrogando il sospetto, Anne potresti venire a dare un'occhiata?" Chiese Morrison scuotendo un po' la spalla della psichiatra, che si alzò di scatto.
"Sì..in quale stanza si trovano?"
"La numero sette. Vai al piano di sotto è la prima porta sulla sinistra."
Anne Marie non rispose, si limitò a seguire le indicazioni del suo superiore.
Page annuì in direzione di Paul. Dovevano tenerla lontana da Dylan non era stato prelevato in condizioni normali.
"Dio che situazione.."
Fu l'unica cosa che Page si sentì in grado di dire. Con Jackson ubriaco, Anne in preda ai suoi sentimenti e tutta la squadra sotto stress non riusciva a lavorare.
"Signore...ecco il detective Jackson."
Un uomo robusto entrò nella sala, trascinandosi dietro un Dylan inerme. Era ridotto peggio di quanto Page immaginasse.
Paul fece cenno al gigante di abbandonare Jasper sull'unico è scomodo divano della sala che avevano fatto portare apposta per l'occasione.
Jackson boccheggiava, non stava bene era evidente. Aveva trascurato il suo aspetto e questo non era da lui. Puzzava di sigarette, alcol e Page riuscì a percepire le sue notti insonni.
Richard guardava quel giovane come un padre guarda il proprio figlio, gli dispiaceva lasciarlo.
No, quello non era né il momento né il luogo per pensare a certe cose.
Fino a quando poteva doveva evitare che quell'assassino lo trovasse, la prossima volta lo avrebbe ucciso.

Anne era entrata nella sala adiacente quella dove Doug McNulty era stato rinchiuso da quando Rick e Paul erano tornati al Bureau.
Nella sala c'era solo il complice dell'assassino, nessuna traccia dei detective a cui Page aveva accennato.
La psichiatra non faceva altro che fissare negli occhi quel viscido ometto, secondo lei l'identikit non rispecchiava al meglio il suo aspetto.
Doug era agitato, muoveva velocemente la gamba destra ed evitava di guardare lo specchio che aveva davanti. Tutti i film polizieschi gli avevano insegnato che dietro il suo riflesso c'era sempre una squadra di agenti ad osservare il sospettato.
Voleva calmarsi, ma non ci riusciva.
Ashton lo aveva incastrato.
Oh, ma lui si sarebbe vendicato. Il giovane assassino non se lo sarebbe mai aspettato, o almeno questa era la convinzione di Doug.
Non sottovalutarmi James.
La voce di quel mostro risuonava nella sua mente come una vecchia canzone, era insopportabilmente bella e ipnotica.
Anne si era persa nello sguardo vitreo del sospettato che all'improvviso aveva cambiato atteggiamento.
"Ci scusi, siamo andati a fare una pausa.."
La voce di Greg Holt attirò l'attenzione di Anne. Nella stanza buia erano entrati due detective, sembravano stanchi e frustrati. Entrambi avevano la cravatta allentata.
"Si figuri, sono qui da poco. Ha detto qualcosa nel frattempo?"
Chiese Anne accennando al vecchio Doug che si era abbandonato sul tavolo in metallo.
"Non fa che ripetere 'no comment' è frustrante."
Anne fece un cenno di assenso, poteva immaginare come si sentissero quei due.
"Comunque io sono il detective Holt, e lui è il mio collega Jefferson. Lei deve essere la Collins giusto?"
Greg le porse la mano in segno di rispetto, Anne la strinse e poi si presentò a sua volta.
"Sono la psichiatra Anne Marie Collins, aiuto da tempo Richard Page nelle sue indagini."
I due detective si scambiarono degli sguardi che la donna conosceva fin troppo bene.
Holt era un uomo all'apparenza in là con gli anni anche se ne aveva poco più di quaranta. Non si curava, Greg era convinto che a nessuno importasse del suo aspetto ed in effetti era così.
Axel Jefferson invece aveva l'età di Jackson, ma non era bello ed attraente come lui; era più sbarazzino e semplice, il suo completo non era impeccabile e la sua andatura era piuttosto sciolta.
Dopo alcuni secondi di puro silenzio Jefferson decise di aprire bocca.
"Lo vogliamo continuare l'interrogatorio oppure ci limiteremo a fissare il sospettato nella speranza che confessi?"
Tipico atteggiamento di chi è impaziente di conoscere la verità, o semplice di vantarsi di aver catturato un altro assassino. Anne era indecisa tra le due.
"Adesso entrerò da sola e voi seguirete tutto da qui, dovete intervenire solo nel caso mi serva aiuto. È tutto chiaro?"
Le piaceva dare degli ordini, sopratutto a quei due. Le ricordavano molto Page e Jackson, in una versione più scadente però.
"Non può entrare da sola.." Disse Holt alludendo alla pericolosità del sospettato.
"Non si deve preoccupare, in ogni caso ci sarete voi a controllarlo."
I due detective non risposero e lasciarono passare Anne. La psichiatra uscì dalla stanza buia ed entrò in quella dove sedeva Doug McNulty da almeno un'ora.
"Finalmente hanno mandato una donna..mi chiedevo quando sarebbe successo.."
Anne ignorò le parole del vecchio e si sedette davanti a lui.
"Salve signor McNulty, è consapevole delle accuse che l'hanno portata qui?"
"Oh, ma certo tesoro."
La Collins rabbrividì, immaginò di essere toccata dal quel viscido. Non faceva altro che pensare a quelle povere ragazze che aveva rapito e probabilmente stuprato. Il viso dolce di Caroline fece capolino tra tutti gli altri.
Jackson era distrutto per colpa sua.
"Lei cosa ne pensa? Dell'assassino intendo."
"È un pazzo."
Idiota.
"Lo conosceva?"
"Come ti chiami?"
Doug cercava di entrare in Anne, la stava immaginando nelle situazioni più disparate.
La immaginava nuda al posto della biondina, mentre lui le aveva ficcato la pistola in bocca e gliel'aveva spinta fino in fondo alla gola.
Poteva sentire nella sua bocca il sapore delle calde e dolci lacrime che avrebbe versato.
"Il mio nome è Anne"
Ah sì, Anne.
La donna non era spaventata, il suo obbiettivo era quello di creare un rapporto con il sospettato. Sapeva bene quello che lui stava pensando.
"E dimmi Anne..sei sposata?"
Scandì il suo nome in modo viscido, la psichiatra si sentì quasi violata in quel momento.
"No, non lo sono."
Doug sorrise e poi fece scendere una mano sotto il tavolo.
"Conoscevi l'assassino?"
"Non ti dirò niente e lo sai perché? Perché contro di me non avete nulla"
Scacco matto.
"Ne sei convinto?"
Anne fece un cenno con la mano, e pochi secondi dopo nella sala entrò il detective Jefferson che portava con sé il fascicolo relativo a Doug McNulty.
Quella cartellina gialla era piena di prove schiaccianti quali alle sue impronte, le testimonianze delle ultime due vittime ma anche le riprese del negozio di elettronica dove lui stesso aveva acquistato il telefono in seguito ritrovato accanto al corpo della sesta vittima.
Al vecchio Doug si gelò il sangue nelle vene, non era possibile.
"È falso, è tutta una messinscena!"
"Ne sei sicuro?"
La barricata che aveva costruito cominciava a cedere sotto il peso delle parole di Anne.
"Sono stato attento! Lo sono sempre stato!"
L'uomo iniziò a dimenarsi, cercò in più occasioni di alzarsi dalla sedia su cui era stato bloccato.
Anne doveva morire, Doug le voleva stringere le mani intorno al collo. Voleva sentire la vita scivolare via dalle sue membra.
Voleva vedere i suoi occhi cambiare colore.
Voleva ucciderla a tutti i costi.
Anne si era spaventata, l'uomo aveva puntato il suo sguardo assassino verso di lei.
Jefferson si sentì in dovere di portarla via mentre Doug continuava a gridare e ad insultare la psichiatra nei peggiori modi possibili.
"Lui mi aveva detto che non sarebbe mai successo! Io sono stato attento!"

A CRIME SCENEWhere stories live. Discover now