22. Chiamata

30 6 0
                                    

Dylan era rimasto pietrificato a quelle parole, non credeva nemmeno a quello che stava pensando. Come poteva essere l'assassino? Come aveva fatto a trovarlo? Ma soprattutto perché era lì?
Ashton si stava letteralmente nutrendo con l'espressione stupita e di panico che si era stampata sul bel viso di Jasper, voleva ridere ma il momento richiedeva un atteggiamento decoroso. Non poteva lasciarsi andare.
"Sorpreso?"
"Tu..che razza di scherzo è questo?"
"Oh, ti prego! Sei così intelligente eppure non capisci."
Dylan aveva la pistola tra le mani, avrebbe potuto puntargliela contro e con un po' di fortuna avrebbe anche avuto il tempo di premere il grilletto ma era bloccato.
Tutta quella situazione gli stava sfuggendo di mano, era completamente inerme.
Non poteva crederci, voleva urlargli contro, mettergli le mani addosso o ancora meglio ucciderlo una volta per tutte. Invece rimaneva lì, bloccato dallo stupore.
"Vuoi farmi entrare? Fa freddo qua fuori.."
"Siamo a fine maggio, in California."
Ashton si lasciò scappare una risatina acida, che alle orecchie di Dylan aveva lo stesso suono di quando si riga una lavagna nera con le unghie.
Non c'era nulla di divertente in tutto quello.
Quell'assassino aveva ucciso sei persone o chissà quante altre eppure si comportava nel modo più naturale possibile, era un camaleonte. Dylan ancora stentava a credere alle sue parole, non poteva essere proprio lui.
"Andiamo Jasper! Non ti sarai mica offeso per lo scherzetto del cassonetto? Guarda che ho visto come guardi la psichiatra, ti ho fatto un favore!"
Quelle parole cambiarono completamente i sentimenti di Dylan, non era più spaventato o comunque stupito adesso la rabbia ardeva nella sua anima come un fuoco selvaggio.
Aveva la Glock tra le mani e sapeva bene come utilizzarla.
Con un rapido gesto la puntò in mezzo agli occhi di quel mostro, lui non batté ciglio sembrava deluso quasi amareggiato.
"Ma come? Tutto qui?"
Dylan continuava a non capire, le sue parole gli sembravano i deliri di un pazzo omicida.
Nessuno dei due si mosse per i seguenti trenta secondi, poi Ashton decise che il loro primo incontro era durato anche troppo.
L'assassino aveva capito che Jasper era forte, intelligente ed astuto ma non coraggioso come si aspettava. Octavius era andato lì con la convinzione che Dylan gli avrebbe conficcato una pallottola proprio in mezzo agli occhi ma non fu così.
Era deluso, proprio come il giovane detective aveva pensato.
"È arrivato il momento di dormire un po' non trovi?"
Dylan continuava a non capire, vedeva l'uomo muoversi davanti a lui.
Il detective sentì le mani fredde e lisce dell'assassino studiargli il collo, poi si avvicinò alla nuca e all'improvviso tutto divenne nero.
La casa scomparve e con lei anche Ashton.
"Buonanotte D."

Dopo dodici estenuanti ore e cinque turni con Bennet, Anne riuscì finalmente a vedere Doug immortalato nell'atto di entrare nel negozio.
La psichiatra diede una forte gomitata al suo collega Russell che si era assopito sulla sedia, questo rizzò la testa e si mise ad osservare.
Doug entrò nel negozio seguito da un'altra figura maschile, non sembrava una coincidenza quel due erano arrivati lì insieme.
Russell ed Anne Marie continuarono a guardare il filmato fino a quando McNulty è il suo amico non furono fuori dall'inquadratura.
"Chi diavolo è quello?"
Anne non ne era sicura, poteva essere un suo amico ma poteva anche trattarsi dell'assassino stesso.
"Non ne ho idea."
Appena Anne ebbe finito di parlare, il telefono di Bennet squillò rumorosamente.
Era Morrison.
Il nanetto rispose prontamente e dopo una breve conversazione riagganciò aveva un'espressione soddisfatta, Anne era sicura che avesse ricevuto una buona notizia.
"L'hanno preso, Doug McNulty è nostro."
"Fantastico, adesso ci resta solo da capire chi è questo tizio."
Disse la psichiatra indicando la figura che torreggiava proprio dietro il vecchio Doug.
Il secondo uomo era visibilmente più giovane, era alto e snello ma non era possibile sapere di che colore avesse i capelli dato che i filmati erano in bianco e nero, l'unica cosa certa era che di sicuro erano di una tonalità abbastanza scura.
Bennet si alzò ed iniziò a trascinare via il televisore, Anne non capiva più nulla aveva completamente perso la cognizione del tempo.
Guardò di nuovo il suo cellulare, erano le sei della sera del cinque giugno. Il tempo era passato e lei non se ne era accorta, le sembrava di non uscire mai da quelle quattro mura di spesso cemento.
Infilò di nuovo nella tasca il suo telefono e appena lo lasciò cadere all'interno, questo prese a squillare. Anne storse un po' il naso e poi lesse il nome figurato sopra il numero, era Dylan.
La psichiatra rimase un po' interdetta ma poi si decise a rispondere, poteva essere importante.
"Anne..."
La voce del ragazzo era strana, suonava quasi incorporea la Collins si rizzò sulla sedia come per ascoltare meglio.
"Dylan? Che cos'è successo?"
"Anne..l'ho visto..ne sono sicuro.."
Anne Marie non capiva ma il modo di parlare del suo collega le stava mettendo ansia, era preoccupata.
Dylan respirava a fatica, attraverso il telefono si riuscivano a sentire tutti i suoi lenti e profondi sospiri.
"Dylan, sto arrivando."
Nessuno rispose all'altro capo del telefono.
"Non fare nulla di stupido."
Detto questo la psichiatra riagganciò, prese la sua giacca e corse fuori senza badare a Bennet.
In corridoio incontrò Morrison e Page che erano appena usciti dall'ascensore.
"Anne? Dove stai andando?"
Chiese Rick con aria perplessa. Lui e Paul avevano portato un sospettato e per questo avevano bisogno di lei, doveva interrogarlo.
"Dylan..credo che qualcuno sia entrato in casa."
Anne non sapeva bene cosa rispondere alla domanda del suo capo, ciò che Jackson le aveva detto sembrava impossibile.
"Ti chiamo io." Rispose Page deciso, Dylan aveva bisogno di aiuto.
La psichiatra non disse nulla e prese il posto dei due uomini nell'ascensore.

Page e Morrison erano appena entrati nella sala riunioni, Bennet era seduto davanti al suo computer e cercava di migliorare la qualità di un fotogramma.
"Forse abbiamo una foto dell'assassino.."
Disse senza staccare i piccoli occhi dallo schermo del suo computer.
"Perché Anne era così agitata? Sai se è successo qualcosa?"
Chiese Morrison mentre si allentava il nodo della cravatta, all'improvviso era diventato troppo stretto.
"Dylan ha chiamato e lei è corsa fuori, non mi ha detto nulla"
Nessuno rispose.
Page era molto preoccupato. Anne aveva detto che qualcuno aveva fatto irruzione nella Safe House e Rick non faceva altro che figurarsi l'assassino davanti al povero Dylan. Un assassino senza volto.
La tensione era papabile, tutti erano agitati per motivi differenti.
Morrison non vedeva l'ora di interrogare Doug McNulty, Page aveva paura per Anne e Dylan mentre Russell stava litigando con il suo computer.

Ashton aveva ripreso la sua corsa. Era ora di tornare a casa, la sua vera casa.
Ormai la ragazza sarà stata presa in custodia e chissà quando la faranno uscire, pensò l'assassino con nostalgia. Si era pentito di non averla presa e portata via, sarebbero stati bene insieme. Si sarebbero divertiti.
Octavius monitorava i movimenti dell'FBI, sapeva dove era rinchiuso James o meglio Doug ma non aveva intenzione di aiutarlo.
Quel viscido avrebbe svuotato il sacco dopo le prime tre ore.
"Codardo.." sussurrò Ashton.
Stava guidando da un po', la Safe House era davvero isolata.
Arrivato al centro di Sacramento parcheggiò la sua auto e si diresse verso un hotel dove aveva prenotato una camera.
"Benvenuto signor Hall, è andata bene la vacanza?"
"Certamente, Los Angeles è davvero magnifica!"
Cercò di sembrare il più naturale possibile. Usò quello che lui definiva il suo charme.
Prese le chiavi della stanza e salì fino al terzo piano dell'hotel Plaza.

A CRIME SCENEWhere stories live. Discover now