14. Amaro passato

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Ashton Hall aveva due anni,  era intento a disegnare steso comodamente sul tappeto davanti al caminetto della libreria.
Cercava sempre l'attenzione o l'approvazione dei genitori, il brillante professore di storia dell'Università di Washington Colter Hall e la psicologa Hannah Jones Hall, ma loro lo ignoravano, non c'era affetto nella famiglia Hall, nessuno dei due genitori sapeva come lo si dimostrasse, erano entrambi freddi, distaccati ed introversi, nessuno sa come siano finiti insieme, forse proprio per i loro caratteri similari.
Due lupi solitari
Ashton non aveva memoria di un qualche gesto amoroso che i suoi si fossero mai scambiati, sembravano piuttosto due conoscenti, finiti per caso in quella villa fuori New York con un figlio per giunta.
Ashton diventò come loro, freddo e distaccato.
Frequentò l'università dove aveva insegnato il padre, ma non gli piaceva stare in mezzo alle altre persone, si limitava al saluto cordiale, allo scambio di una breve conversazione e poi finiva lì, preferiva stare da solo, a leggere i suoi libri e a pianificare omicidi.
Perché già ai tempi dell'università Ashton aveva provato la sensazione della vita che scivola via dal corpo di una persona, aveva sentito il respiro della morte sul suo collo, e la sua risata compiaciuta aveva riempito la sua stanza.
Appena laureato il giovane e promettente chirurgo Ashton Octavius Hall iniziò a viaggiare per il paese, ma non era facile per lui trovare delle vittime se non provavi alcun interesse per la specie umana.
Appena ebbe ottenuto un posto da primario in un ospedale di San Francisco iniziò ad osservare in modo più ravvicinato le persone, e si rese conto che alcune erano davvero uno spreco di ossigeno, così cominciò la brillante carriera non di Ashton il chirurgo, ma bensì di Ashton il macellaio di uomini.
Un nome poco elegante che non si addiceva alla sua persona, ma che aveva coniato lui stesso.
Si innamorò una volta, ma lei era troppo diversa da lui, voleva solo i suoi soldi, non capiva a fondo il lavoro ed i bisogni che Ashton aveva e che doveva soddisfare, e così il giovane la fece finire nel refrigeratore nel garage della sua villa bifamiliare nel Maryland.
Era così bello, una sensazione che non aveva mai provato.
All'età di trentasette anni aveva deciso di smetterla, non sapeva quante persone avesse ucciso, la polizia non lo aveva mai incastrato, prendeva sempre delle precauzioni.
Un giorno però, passeggiando, notò un articolo di giornale, lo guardò e poi decise di comprarlo.
La prima pagina era un elogio ad un giovane cadetto, il più promettente dell'Accademia che era entrato da poco nell'FBI come detective.
Sotto la sua foto c'era un nome, Dylan J. Jackson.
Ashton fu colpito da lui, i suoi occhi gli ricordavano i suoi, ed in quel momento la sua fame tornó.

Ci divertiremo Dylan Jasper Jackson, io e te...

Anne Marie parcheggió l'auto davanti alla villa del suo collega, era davvero una bella casa, moderna e minimale, come Dylan.
"Entro da solo, grazie e scusami per prima."
La psichiatra non ebbe il tempo di rispondere che Jackson era già entrato in casa sbattendosi alle spalle la porta di noce.
Provava pena per lui, tutti quei mesi, quelle notti vane passate a cercare una donna che è morta in un modo disumano ed orribile, ed è stata abbandonata in un cassonetto come spazzatura.
Anne rimase a guardare il giardino curato e rigoglioso, poi decise che ere meglio tornare da Page, avrebbero avuto molto da fare.
"Che ha detto?"
"Niente, ha bisogno di stare da solo."
"È sempre da solo"
Anne ignorò l'ultima affermazione, le sembrava amara, aveva un sapore metallico in bocca.
Gallagher era entrato come un tuono nella sala riunioni della squadra quattro, sventolava il reperto della scientifica come fosse un poster, lo consegnò a Page dopo essere stato sottoposto al suo sguardo accigliato, nessuno resistiva a quello, nemmeno i criminali.
"La donna è Caroline Blake, scomparsa.."
"Lo sappiamo, vieni al punto"
Erano tutti distrutti, non perché conoscevano la ragazza, no, il problema era che Jackson non era con loro, lui era l'elemento fondamentale della squadra, lui ed Anne Marie.
"È stata torturata, per molto tempo, le ferite che aveva sul corpo erano vecchie, forse di qualche settimana"
"Era un'esca..."
Tutti si girarono verso di lei, doveva rispondere a quegli sguardi affamati.
"Non ho detto niente, Gallagher continua."
Il medico legale si voltò verso Page, lui gli fece un cenno e poi riprese la parola.
"È stata sgozzata con un coltello affilato, la lama corrisponde a quella usata per ferire l'ultima vittima, poi il resto lo avete visto con i vostri occhi."
Un attimo di silenzio.
In quel frangente Anne sentí il pianto di Caroline, aveva una sua foto davanti di quando ancora era viva, sorrideva sdraiata su un telo da mare, una ragazza davvero bella.
Il pensiero di Caroline dentro una bara stretta sotto tre metri di terra la fece rabbrividire, pensiamo a qualcos'altro.
Pensò a suo padre, morto sul pavimento, poi vide se stessa, era piccola, con una calibro 22 in mano.

Siamo uguali, non negarlo

Dylan era rimasto a lungo in piedi, davanti a letto, non aveva mosso un muscolo e non aveva intenzione di farlo, se solo non fosse per prendere la bottiglia di rum messicano che era rimasta sul comodino.
Meglio muoversi allora.
Si tolse la cravatta con un gesto veloce della mano, poi si sfilò la giacca con la destra, si strappò la camicia con la sinistra.
Il letto, posto strano quello.
Era diventato improvvisamente freddo per Dylan, Dylan, quel nome gli suonava strano nella testa, la madre lo chiamava Jasper, ma non ricordava bene se avesse mai avuto una madre.
Tutti ce l'hanno.
Senza Coraline il letto era freddo, lo era sempre stato da quando era scomparsa.
Un sorso, un altro, lo aiutavano a pensare.
Mi piaci D.
Sentiva la sua voce sussurrargli il suo nome nell'orecchio, poi il suo respiro caldo e affannato sul collo.
Si tirò su, no, non era il momento, lui doveva catturare un assassino.
Ma Coraline era morta, aveva sofferto, e adesso soffriva anche lui.
Un sorso, un altro si concentrò sulle lancette dell'orologio appeso alla parete di fronte al suo letto, segnavano le undici, ma non sapeva bene se fosse mattina o sera, aveva cancellato tutto.
Le voci di Anne Marie e di Page lo accompagnarono fino a quando tutto non divenne ovattato e finalmente si addormentò.
Vicino a lui, il cuscino di Coraline, ai piedi del letto la bottiglia di quel rum messicano vuota.

Ci divertiremo Jackson.

Ashton aveva raggiunto il suo obbiettivo, il suo informatore gli aveva raccontato tutto, e adesso lui godeva, godeva grazie a Dylan.
Benedí il giorno in cui aveva visto la sua foto su quella rivista, che bel soggetto era lui, l'unico essere umano che Ashton riteneva degno della sua attenzione nel senso meno violento.

Violenza, che suono dolce.

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