20. Doug

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"Che altro sappiamo?"
"Praticamente nulla, oltre il suo nome e la sua faccia certo."
Page si portò la mano sotto il mento, lo faceva spesso quando rifletteva con più attenzione.
Adesso avevano un nome associato ad un volto, sarebbe stato facile trovare il suo indirizzo o qualunque altra cosa che li avrebbe portati dal loro uomo.
"Bennet controlla il database, voglio sapere tutto su questo Doug anche quante volte va in bagno."
Gli ordini erano stati chiari, e subito l'omino si precipitò davanti al display del suo computer e con le grandi digitò velocemente il nome del diretto interessato.
Anne cercava di capire la situazione, aveva tra le mani l'identikit e lo studiava per bene.
Aveva già memorizzato i tratti rudi di quel volto, poteva anche immaginare la sua voce stridula quasi disumana, ma d'altronde quale umano farebbe mai quello che ha fatto quell'essere? Una risposta c'era, e non serve menzionarla perché è fin troppo ovvia.
Morrison invece si sedette autonomamente su una delle sedie di fianco a Page, tirò fuori le sue registrazioni e gliele consegnò.
"Che cosa stai aspettando tu?" Ringhiò Rick scocciato, Paul per lui era incompetente ed ottuso al punto da non sapere che avrebbe dovuto già aver iniziato a visionare quei filmati.
"Chiamo Donald, gli faccio portare un televisore" Morrison non fece troppo caso all'espressione amareggiata e di disapprovo del suo partner, e uscì dalla stanza per telefonare a Donald Roman.
"Smettila di trattarlo così, non fa bene né al vostro rapporto professionale nè al caso."
Anne aveva forse azzardato troppo questa volta, ma una piccola parte del burbero ed egoista Richard Page pensò che la donna avesse ragione.
Anne però non ricevette comunque alcuna risposta.
Passarono un paio di minuti, e finalmente Bennet aprí bocca.
"Ho trovato il suo fascicolo.."
Tutti erano di nuovo con il fiato sospeso, gli occhi e l'attenzione erano tutti sul Russell.
"..ha precedenti per furto e violazione di proprietà privata, c'è un indirizzo ma l'immobile appartiene alla madre."
"Potrebbe vivere lì però." Aggiunse Morrison.
"Può darsi. Paul io e te andremo a dare un'occhiata, Bennet tu controlla i video di sorveglianza e Anne..tu..tu rimani qui."
Subito dopo aver dato nuovi ordini Page prese la giacca e si alzò e corse insieme a Morrison verso l'ascensore senza nemmeno degnare di uno sguardo Anne.
La donna si era sentita inutile.
"Roman sarà qui fra poco, ci mettono parecchio per scendere nella Cantina." Commentò Russell che aveva ben notato l'espressione della psichiatra.
Quel suo comportamento colpí Bennet, Anne non aveva mai dimostrato un briciolo di stupore, paura oppure delusione come gli altri; lei riusciva sempre a celare le sue emozioni sotto la sua corazza di inespressività, era molto simile a Dylan Jackson.
Anne si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, accennò un sorriso forzato e poi prese il cellulare.
Un nuovo messaggio
La psichiatra fece una smorfia, si aveva preso il telefono, ma non si aspettava di vedere davvero una notifica. Chi poteva essere?

-Ci sono novità?
D. Jackson-

Anne rimase un po' interdetta. Non sapeva bene cosa rispondere, l'unica cosa certa era che quel ragazzo non sapeva davvero come rilassarsi. Ma come ci si può rilassare con un assassino alle calcagna? Anne non lo poteva sapere, non era nella sua stessa situazione.

-Sì, una volta lì ti spiegherò tutto
A. M. Collins-

Jackson lesse il suo messaggio e non rispose, voleva sapere, voleva essere al corrente di tutto. Certo aveva sofferto e ancora lo stava facendo, per questo aveva bisogno del lavoro voleva vedere quell'uomo marcire dentro una gabbia tre per tre, voleva vedere mentre gridava perdono, voleva vederlo dimenarsi mentre le guardie lo portavano via dopo la sentenza.
Voleva vederlo morto.
Dylan non sopportava l'idea che Coraline fosse morta mentre quel mostro ancora camminava sulle sue gambe, respirando l'aria a pieni polmoni.
Avrebbe pagato, oh se lo avrebbe fatto.
Dylan prese un'altra sigaretta dall'ultimo pacchetto che gli era rimasto, se la mise tra le labbra e la accese con un accendino che aveva trovato in quella sudicia casa.
Era disteso sulla poltrona, con la testa abbandonata sullo schienale rovinato.
La nube di fumo si confuse con i suoi pensieri.

Anne non aveva tanta voglia di visionare i filmati, il messaggio di Dylan ancora la turbava. Perché aveva chiesto proprio a lei? C'erano altre persone più competenti, ma soprattutto c'era Rick.
Dylan e Page erano come padre e figlio almeno la psichiatra li aveva da sempre considerati come tali. Litigavamo spesso, ma infondo tenevano molto l'uno all'altro.
Poi ad Anne tornarono in mente le parole del suo collega "ho il cancro" e i suoi pensieri si rigettarono su Dylan, come l'avrebbe presa? Dopo tutto quello che aveva passato avrebbe perso anche Richard e per questo non poteva farci assolutamente nulla.
"Collins, dobbiamo guardare il televisore non il soffitto!"
La forte ed autoritaria voce di Russell la riportò nella sala riunioni, scosse il capo e tornó a fissare quei filmati in bianco e nero.
Non c'era nulla di particolarmente interessante, il negozio era vuoto di tanto in tanto entravano un paio di clienti ma nessuno assomigliava a Doug McNulty.
Era estenuante e per questo Anne decise di mettersi comoda, si tolse la giacca, arrotolò le maniche della camicia perfettamente bianca, prese in mano un taccuino insieme alla sua penna preferita di fatturazione italiana e poi cercò di concentrarsi.
Non era il suo lavoro, ma c'erano alte aspettative anche sui suoi risultati.
Non era più una psichiatra, era diventata anche una detective e non le dispiaceva.

Ashton era abbastanza agitato, si stava preparando per uscire e James non aveva ancora capito perché andasse così di fretta.
"Dove vai?"
"A trovare un amico."
Le risposte di Ashton erano sempre molto fredde e distaccate, all'inizio a James sembrava che volesse essergli amico invece si era rivelato un'approfittatore. Non conosceva neanche il suo nome completo anzi, sospettava che quello che gli aveva dato non era nemmeno vero.
Ma dopotutto anche lui gliene aveva fornito uno falso, James poteva anche essere stupido ma non fino a quel punto.
Il complice si era abbandonato su una delle due poltrone vicino alla porta d'ingresso, proprio davanti alla televisione.
Ashton prima di uscire scese nello scantinato per assicurasi che la sua vittima stesse bene.
"Shh, tranquilla..non ti farò del male, almeno per adesso." Era la verità, non voleva farle del male perché lei serviva per il suo piano.
La ragazza era legata ad una sedia da ufficio tutta rotta, il suo viso era pallido e rigato dalle lacrime. I suoi capelli biondi avevano cambiato aspetto, anche se erano passati solo pochi giorni da quando James l'aveva portata lì.
Ad Ashton fece pena e per la prima volta lo sguardo disperato di una sua vittima gli fece provare qualcosa, un'emozione, una sensazione strana, indefinibile per il freddo Octavius.
L'assassino fece una smorfia non si era mai sentito così e lo odiava, era colpa di quella donna, tutta colpa sua.
Alzò una mano, voleva prenderla a schiaffi, ma poi cambiò idea.
"No...non vorrei mai rovinare questo bel visino."
Mentre diceva questo accarezzò lentamente una guancia della ragazza, al suo tocco il corpo si irrigidiva ed iniziava a tremare.
La biondina si divincolava, emetteva dei suoni, voleva urlare, gridare aiuto, avrebbe fatto di tutto per uscire da quell'incubo, peccato che non ci siano porte d'emergenza per uscire dall'inferno.
Gli occhi verdi della ragazza avevano fatto crescere la fame nel corpo del mostro, non era come le altre, il suo sguardo riusciva a sostenere quello dell'assassino.
Ashton era rimasto sorpreso da questo atteggiamento e così avvicinò pericolosamente il suo visto a quello della bella ragazza che subito però si tirò indietro con la testa, almeno per quanto potesse.
"Siete tutte uguali."
Con quella affermazione l'assassino si allontanò dalla sua preda, e con passo leggero uscì dal seminterrato e poi dalla porta d'ingresso lasciando James e la biondina da soli.
"Quasi mi dispiace per lui.." sussurrò Ashton appena avviò il motore dell'auto.
Era pronto, il suo piano avrebbe funzionato.

A CRIME SCENEWhere stories live. Discover now