Capitolo 3

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Tony aveva cambiato un bel po' di cose da quando la torre era diventata la nuova base dei Vendicatori.
Il cinema privato era diventato la nuova palestra, la piscina interna l'aveva adattata per gli allenamenti e le camere degli ospiti posizionate al penultimo piano le aveva ristrutturate per ogni Avenger.
L'unica stanza che non aveva osato toccare era la mia.

Mi diressi verso quella che credevo fosse la cucina: un grande bancone in marmo era posizionato di fronte al piano cottura e poco più distante da esso, vi era un tavolo da pranzo su cui poter mangiare liberamente.
Seduti, c'erano i Vendicatori al completo che ancora non si erano accorti della mia presenza.

«Vi è dato di volta il cervello?» il Capitano Steve Rogers si alzò dalla sedia «Stiamo parlando di una possibile minaccia per la squadra e voi non ve ne rendete nemmeno conto!» sbottò furioso.
«Non è pericolosa Cap, la conosco da una vita!» fu Tony a difendermi.
«Quella ragazza, è il diavolo in persona e noi dovremmo accoglierla come una risorsa indispensabile per l'umanità?» percepivo il disgusto del biondino, nonostante non potessi vederlo bene.

Decisa di non restare nell'ombra mi feci avanti «Tecnicamente, stai parlando di mio padre, ma se vogliamo essere più pignoli, voi umani confondete un po' troppo le religioni.. Sei cattolico eh?».

Il biondino si voltò dalla mia parte.
Trattenni il fiato per un paio di secondi.
Le sue iridi mi stavano trafiggendo.

«Immagino lo sei, ed immagino riponi la tua fede in Dio o nella provvidenza» mi avvicinai a lui, alzai l'avambraccio, portai il palmo della mano a livello della faccia, e feci il segno di portare due dita dai miei occhi ai suoi, fingendomi seria «Ma quando attraversi la strada, so che guardi a destra e sinistra, ammettilo!» continuai a fingermi seria per poi scoppiare in una fragorosa risata.

«Immagino possiamo evitare le presentazioni» Tony si interpose tra noi.

«E perché mai?» chiesi innocentemente.

Una chioma rossa si avvicinò a me, mi porse la mano ed io ricambiai stringendola.
«Piacere, Natasha Romanoff» la ragazza che a primo impatto mi sembrava fredda e distaccata mi rivolse un mezzo sorriso.
«Elizabeth Phoenix».

Poi si avvicinò a me un'uomo poco più adulto della rossa.
«Occhio di falco, ma per gli amici Clint Barton» mi strizzò l'occhio ed io sorrisi.

«Toglimi una curiosità: ti chiami davvero Elizabeth?» mi chiese lui.

«Il padre di Tony mi ha "battezzata"» mimai le virgolette «Con questo nome, Phoenix sulla Terra non è molto comune» feci spallucce.
A presentarsi poi, fu il turno del mezzo scienziato, mezza testa calda, Bruce Banner.
Ed infine si avvicinò il biondino dagli occhi cristallini «Steve Rogers».
«Devo farti un saluto militare o un inchino?» chiesi ironica.
Lo vidi sospirare «Ancora ironia, di bene in meglio».
«Ti dispiace?» alzai un sopracciglio.
«Si».
«Beh, fattela piacere» sbottai.

Si avvicinò pericolosamente a me, sentivo il suo respiro ad un soffio dal mio.
I nostri nasi si sfioravano e la tensione era estremamente palpabile.
Perché non avevo effetto su questo ragazzo?

«Sei solo un bel faccino, niente di più».
«Ha parlato l'esperimento uscito male della seconda guerra mondiale»
Rogers gonfiò il petto «Almeno ho dei valori».
«Si, quelli di una vecchia in pensione».
«Ho letto il tuo fascicolo agente Phoenix, dovresti avere più pudore per te stessa».

«Ed ecco che gli parte l'embolo moralista» si intromise Tony

«Ed ecco che gli parte l'embolo moralista» si intromise Tony

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