Capitolo 13.

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VIKY'S POV:

Quella mattina sembrava essere come tutte le altre: sveglia presto, vestirsi, sentire le critiche per ciò che mi metto perché "ti rende troppo rotonda" o "sei una suora così mettiti una minigonna" e il tutto non faceva che peggiorare il mio umore. Fino all'arrivo a scuola dopo 30 minuti di camminata perché mio padre si rifiuta di accompagnarmi la scuola di pezzenti, come dice lui. Dopo una giornata di domande come 'Dove siete stati in vacanza?' e 'I compiti li avete?' uscì con accanto Nicole e Chiara: le mie migliori amiche, le mie complici e le uniche che davvero mi capiscano, oltre a José, mio amico di infanzia. Accesi il telefono per mettere su la musica e mi accorsi di un messaggio di quest'ultimo: "Ciao, attenta alle macchine parcheggiate e alle persone che ci sono dentro, ringraziami dopo" Il tutto mi sembrava strano e suonava peggio, mentre mi interrogavo con le mie amiche sul significato attraversammo la strada e entrammo nel parcheggio antistante. Feci come aveva detto il mio migliore amico e la vidi, vidi itziar seduta sul cofano della macchina che sembrava aspettare qualcuno, forse me. Mi salutò. Oddio era lì per me. Mi fermai mentre Nicole mi guardava strano, Chiara aveva già capito tutto e stava tirando fuori il telefono. Dopo lo stordimento iniziale mi avvicinai, prima a piccoli passi e poi correndo, fino a trovarmi tra le sue braccia che mi strinsero fortissimo e le sue labbra che mi baciarono la fronte. Non so per quanto tempo restammo in quell'abbraccio, era casa, tranquillità, tutto, ma ancora non riuscivo a spiegarmi perché lei e non qualcun altro. Sciolto l'abbraccio ci guardammo per alcuni secondi prima di ricaderci di nuovo, era come una calamita. 'Mi sei mancata' fu l'unica cosa che riuscì a sussurrarle tra le lacrime, e pianse anche lei con me. Quando ci riprendemmo tornai a salutare le mie amiche con un: 'Domani vi spiego' per poi ritornare indietro. Itzi sorprendentemente mi disse: 'Ti andrebbe di andare a mangiare qualcosa insieme?' Nulla questa donna era una scatola di sorprese 'Certo, andiamo' 'Le tue amiche hanno bisogno di un passaggio? Siamo di strada tanto' 'Ragazze' chiamai e, dopo essere salite tutte in macchina e averle lasciati stazione, rimanemmo sole, in silenzio, non un silenzio scomodo ma confortante. Arrivate al ristorante ordinai hamburger e patatine, cose che mi hai non mi concedevano mai, mentre Itzi una piadina con il crudo:


V:'Come stai?'



'Bene tu?'


'Ora bene davvero'




'bene raccontami un po', cosa fai adesso? la scuola, sport'


'Allora faccio un liceo linguistico, mi piacerebbe girare il mondo e conoscere ogni angolo ma vorrei anche diventare un membro dell'intelligence'


'Ambiziosa vedo e perché proprio questo?'


'Perché voglio aiutare gli altri, proteggerli e fare un lavoro dinamico non dietro ad una scrivania'


'Giusto e come sport?'


'Non faccio nulla, non mi ispira nulla e non mi è concesso'


'Visto che siamo sull'argomento... Come va?'


'Come sempre, forse un po' meglio o forse peggio, davvero non so. Non posso uscire vestita in un certo modo, non posso andare a pigiama party o uscire a mangiare con qualcuno, chiedere qualsiasi cosa che non sia strettamente necessaria e avere voti minori di 10. Io davvero..'


'Non ce la fai più'


'Già ma'


'Ti conosco bene solo questo, se hai voglia di parlare io ci sono, sempre. Pensavo che potremmo anche organizzarci tipo una volta ogni due settimane per mangiare insieme, se ti fa piacere o qualcosa del genere'

Nostra figlia | AU ALVITZWhere stories live. Discover now