Capitolo 17.

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ITZIAR'S POV:

Uscendo incontrammo il papà di Alvaro, lui l'abbracciò e sussurrò

'Grazie papà'

'è il minimo che potessi fare - e sciogliendo l'abbraccio - non mi presenti Itzi?'

'Certo'

'Itzi, mio padre'

'Un piacere' dissi

'Un onore fare la tua conoscenza'

'Pensi che vinceremo?' chiese piano Alvaro

'Penso di sì, non saprei, però con lo psicologo com'è andata?'

'Molto bene'

'Allora vedrai che almeno in affido l'avrete'

'Perché tu sei qui oggi?' chiese poi Alvaro a suo padre mentre uscivamo

'Ho sentito che oggi eri coinvolto in un processo e non potevo mancare'

'Grazie infinite per aver testimoniato'

'Ho fatto solo la cosa più giusta'

'Ci sarai domani?'

'Sì certo'

Ci salutammo e io ed Alvaro tornammo a casa, chiamai mia madre aggiornandola su tutto e poi, dopo aver visto un film, andammo a letto: domani ci aspettava una lunga giornata.

VIKY'S POV:


Itzi mi aveva aggiornato tutto il tempo ed ero contenta per come fosse andata, magari ce la facevamo, pensai. Quel pomeriggio però la mia vita precipitò in un tunnel nero da cui avevo paura di non riuscire ad uscire. Tutto iniziò il pomeriggio quando mio padre mi chiese di vestirmi bene per la serata, non chiesi, non era mio solito farlo. Misi un vestito a pois e scesi in sala. Qui non vidi solo mio padre e la mia famiglia ma anche un ragazzo della mia età, mi sedetti nell'unico posto vuoto accanto a lui: 'Vittoria - disse mio padre - ti presento Ferdinando, figlio di un mio amico che oggi è nostro ospite' 'Piacere' dissi non capendo dove mio padre volesse andare a parare. 'Raccontaci un po' di te' Raccontò per quasi tutta la cena poi salimmo in camera, sempre su consiglio di mio padre 'Quanti anni hai?' chiesi '19' fu la sua risposta 'Che carina la tua stanza, che ne dici di sederci sul letto?' Acconsentì, non ci vedevo nulla di male a parlare lì, ma lui non voleva parlare 'Va bene, che taglia di reggiseno porti?' 'Non sono affari tuoi' 'Non è così che funziona bella, io faccio le domande e tu rispondi' 'Va bene posso mettere su un po' di musica per accompagnare?' Annuì, presi il telefono e feci partire il registratore, dopo aver simulato dissi 'Non funziona' 'Fa nulla, non è una cosa essenziale, quindi?'

ALARM! PER LE PERSONE SENSIBILI VI CONSIGLIO DI PASSARE DOVE HO POSIZIONATO LE RIGHE, IN MODO CHE SALTIATE UNA SCENA DI STUPRO

'La quarta più o meno' 'Ottimo, adesso vediamo se dici la verità' disse spostando le sue mani lungo le mie cosce fino a tirarmi su il vestito. Aveva fretta e io ero spaventata 'Lasciami, non voglio' 'Non decidi tu, voglio divertirmi e tu mi aiuterai' 'No' 'Forse non hai capito' disse stringendomi più forte 'Mi fai male' 'Presto proverai piacere invece' così dicendo mi alzò il vestito fino alla vita, tirò via le mie mutande nonostante i miei calci, le mie menate e le mie preghiere. Mentre stava ancora provando a togliermi il vestito per avvicinare il mio sesso mio padre urlò da fuori la porta: 'Potete fare più silenzio che stiamo guardando un film?' Quello mi fece male, mi sgretolò il cuore in mille pezzi e lì era come se fossi morta: ero lontana pensando a me, Itzi e Alvaro, come potevamo essere felici, ciò che potevamo fare insieme. Mi risvegliai solo quando lui mi prese le mani per tenermele ferme 'Lasciami' dissi 'Non se ne parla, adesso zitta' e dicendo così entrò in me con tutta la sua lunghezza: urlai e piansi, provai anche a dire 'Lasciami, non voglio, mi fai male, ti prego' Ma nulla, non si fermava: spingeva, spingeva e andava avanti nonostante io urlassi e mi dimenassi. A un certo punto venne anche con un fantastico orgasmo, prima di sdraiarsi sopra di me e il senso di claustrofobia aumentò: mi stava soffocando. Per fortuna si rialzò ma non aveva finito e voleva di più, di più, spingeva ancora dentro di me. Io sentivo male, mi sentivo rotta in tutti i sensi arrivò anche il secondo orgasmo e finalmente lui lasciò la mia vagina. Appena lo fece iniziò a sanguinare abbastanza copiosamente, lui riuscì solo a dire 'Minchia pure una verginella ho beccato' e tirata su la zip dei pantaloni mi lascio lì, dolorante, sanguinante e ferita nel corpo e nell'anima.

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Quella notte non chiusi occhio e la mattina seguente i miei si recarono di nuovo in tribunale, convinti che io sarei andata a scuola: sbagliato, mi recai anch'io in tribunale ma non entrai in aula. Mi sedetti per terra, ero ancora dolorante dalla notte prima, e per essere più precisi facevo fatica anche a stare in piedi. Sentì che discutevano ancora e quando entrò il giudice per deliberare entraì anch'io e dissi ad alta voce: 'Aspetti - mentre mi avvicinavo al microfono vidi gli occhi di Itzi ed Alvaro preoccupati mentre quelli dei mie genitori adottivi colmi di rabbia - Non lasciatemi a casa loro - indicai - voglio solo stare con Alvaro ed Itzi vi....' Svennì, sentì l'avvocato chiedere che la sua cliente potesse avvicinarsi, accettò e dopo due secondi avevo le braccia di Itzi intorno e lei che diceva: 'Ci sono qui io tesoro, sono qui. Resta con me' 'Metta giù le mani da mia figlia - urlò mia madre - vattene' Alvaro stava per dire qualcosa quando il giudice disse 'Stia dov'è signora De la Calle, se non vuole aggravare la sua posizione' In pochi secondi due braccia forti mi misero su una barella mentre io chiamavo 'Itzi, Itzi' invano. Mi svegliai in tempo per sentire il giudice dire 'Come riscontrato dallo psicologo, Vittoria è malata ma è una sindrome curabile, procuratale presumibilmente proprio da lei signor De la Calle, contemporaneamente all'esame è risultata una stanza con tre pantaloni, tre magliette e tre felpe, i libri per terra perché non le avete comprato una libreria, mentre le camere degli altri figli sono principesche, con armadi che strabordano. Quindi presa visione della richiesta, si affida per un mese con visita bisettimanale di uno psicologo Vittoria ad Alvaro Antonio Garcia e alla compagna. Per il trasferimento avverrà tra due settimane, durante la quale la minore preparerà le valigie per trasferirsi. L'udienza è tolta' Feci un respiro di sollievo era al sicuro ora. Tornai a casa coi miei che non smettevano di discutere e urlarmi contro quanto fosse grave ciò che avevo fatto. Arrivati a casa mio padre disse solo: 'Vai su e prendi tutte le tue cose. Ecco lo scatolone' e se ne andò. Salì le scale con difficoltà ma una volta arrivata la mia felicità era immensa: feci tutto lo scatolone in pochi minuti, portando con me tutto perché speravo di non ritornare più. Scesi per cena ma i miei mi squadrarono malissimo: 'Cosa stai facendo?' 'Venendo a cena' 'Qualcuno ti ha chiamato?' 'No ma' 'Ma nulla, hai voluto venire oggi in tribunale? hai vinto la tua causa? bene ora esci da questa casa e porta con te tutte le tue robacce' Ero ancora ferita, tornai a prendere le cose e uscì per strada senza giubbotto, solo con due felpe sperando di non avere freddo. E così facendo sentì dietro di me tutti ridacchiare e fare cin cin. Non auguro a nessuno di dover subire una cosa del genere. Per un po' aspettai fuori, non sapevo dove andare: ero tentata di chiedere a Itzi ma avevano detto solo tra una settimana e non volevo disturbare. Mi sedetti sul ciglio della strada, cercando di scaldarmi, quando un uomo di 40 anni circa aprì la portiera invitandomi a salire: 'No' 'E dai, pago bene' 'No' è sceso dalla macchina, io corsi con le mie cose in mano più che potevo, voltandomi con le lacrime agli occhi per vedere se mi seguisse. Non ne potevo più, volevo una casa ed Itzi, soprattutto lei. La chiamai, volevo venisse.

'Viky, ciao. Cosa c'è?' Io faticavo ancora respirare per la corsa e la paura.

'Viky parla, dove sei? Cosa c'è? Perché piangi'

'Io...' sentì Alvaro sussurrare un 'registra' ripreso un po' il respiro dissi:

'Io... mi hanno sbattuto fuori di casa - potevo vedere lo sconcerto sul volto di Itzi - Vi prego venite, ho freddo'

'Viky arriviamo, ci stiamo vestendo però devi dirmi dove sei, mandami la posizione'

'Va.. va bene'

'Rimani con me Viky, parlami dai, respira così so che sei lì'

Pochi minuti e comparve una macchina, dopo un tempo che parve eterno. Scese subito Itzi con una coperta e Alvaro al seguito. Mi coprirono e Itzi mi abbracciò fortissimo, dicendo: 'Ci siamo qui noi, stai tranquilla' Restiamo un attimo in quell'abbraccio confortante finchè non mi domandò: 'Ce la fai ad alzarti?' Mi aiuto e Alvaro chiese, prendendo lo scatolone, se quelle fossero tutte le mie cose 'Si' risposi abbassando la testa. Con Itzi che mi teneva le spalle poi ci siamo diretti alla macchina, ci siamo sedute dietro mentre Alvaro provava a rimanere concentrato sulla strada. Arrivati a casa, prendemmo l'ascensore e salimmo.

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Questa è la cosa peggiore, non piangente troppo perché le lacrime saranno per Alvaro versone papà dal prossimo capitoloooo

vi amo tutte/i. Kiss<3

Nostra figlia | AU ALVITZDove le storie prendono vita. Scoprilo ora