28. l'ira della Distruttrice

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Il jet rallenta e rimane sospeso in aria a poco più di un chilometro dalla lunga nave militare, in modo da stare fuori dai radar e darmi il tempo di domare la tempesta.

Cece apre il portellone per lasciarmi libera la visuale sul ciclone che imperversa a pochi chilometri da noi. Ancora non ho capito come faccia la nave a non venire risucchiata dalle onde ma immagino sia a causa delle grosse catene che da poppa e prua spariscono nell'oceano. Metto una mano fuori in aria e la indirizzo verso le nuvole scure e minacciose che mi bloccano la visuale, nascondendo l'orizzonte. Chiudo gli occhi per cercare di sentire la tempesta ruggire dentro e attraverso me. Cerco di legarmi a essa con tutte le mie forze, domarla e condizionarla al mio volere. Pian piano il vento cessa di far dondolare il jet come su delle montagne russe e il velivolo acquista un po' di stabilità in più.

"Attiva lo schermo visivo!" grida Karina al pilota. Il portellone si chiude con uno scatto metallico e le luci si spengono all'interno mentre fuori l'aereo diventa invisibile a tutti.

Jansen mi si avvicina e mi stampa un veloce bacio sulle labbra prima di avvicinarsi alla sua squadra e mettersi in posizione.

"Buona fortuna Irie!"

"Anche a te" rispondo con un sorriso.

Il veicolo avanza velocemente per raggiungere una posizione adatta per poter far calare giù la squadra. I primi a scendere sono Chelsey e gli altri due psichici che, rendendosi invisibili allo sguardo dei soldati, si fanno scivolare lungo una corda. Dopo viene il turno di Jansen e Tristan, io sono l'ultima a mettere piede sul ponte. Danielle prende me e Tris per mano e insieme ci dirigiamo verso l'interno della struttura. Ho perso di vista il gruppo di Chelsey nell'esatto istante in cui hanno toccato terra e non ho nemmeno il tempo di preoccuparmi per loro perché vengo strattonata da Tristan verso una porta sul lato sud ovest dell'imbarcazione.

Il ragazzo è serio, freddo. Si muove come una macchina seguendo Danielle che, davanti a lui, fa strada a tutti quanti.
Dobbiamo schivare qualche soldato armato qui e la nel nostro percorso ma riusciamo comunque ad arrivare alla porta senza essere visti. L'interno è ricoperto di vernice bianca leggermente rovinata in alcuni punti dove si ammassa sul pavimento come se fosse polvere. I corridoi sono estremamente stretti e sulle pareti sono appese centinaia di mensole e scafali. Le portici e che con probabilità portano alle cabine sono su ogni lato tranne dove il corridoio si interrompe con una piccola rampa di scale. Scendiamo sempre più giù mentre Danielle stringe i denti in preda al dolore e quando è sicura che nessuno possa sentirci si ferma e si gira verso di noi.

"Non riesco a portarvi più lontano di così. Se mi stanco troppo adesso non potrò farvi uscire senza essere visti." Danielle si siede in un angolo con la testa appoggiata contro il muro e gli occhi chiusi.

"Dove dobbiamo andare?" Tristan tiene la sua mano stretta sulla mia come se avesse paura che lasciandomi andare, possa sparire dalla sua vista.

"Due scale più in basso, la prima porta a destra. O forse a sinistra?"

Tristan annuisce e con uno scatto inizia a correre lungo i corridoi deserti alla ricerca della fatidica porta. Ci blocchiamo improvvisamente quando sentiamo un vociare crescente provenire da dietro l'angolo.

"Che facciamo?" sussurro in preda al panico. Sento le gambe molli e il cuore in gola. Sono così in preda al panico che nemmeno mi accorgo quando Tristan mi lascia ma mano per affrontare le due guardie che sono sbucate davanti a noi.

Con un pugno infuocato il ragazzo colpisce la prima guardia sotto la mascella e mentre il cranio gli prende fuoco, l'altra con un suono gutturale si avventa sul dotato. Tristan lo schiva e lo stende con un unico colpo al petto.

The last DestroyerWhere stories live. Discover now