2. Lotta all'ultimo sangue

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Sento i miei timpani esplodere in preda a spasmi e convulsioni. Uno si aspetta che dopo dieci anni di prigionia mi si abituata al rumore delle sirene mattutine. Non è così. Ogni volta che suonano le odio un pochino di più.

Mi alzo dal letto, i miei muscoli si muovono senza il mio consenso, in modo automatico e robotico.  Vado verso i cassetti del comodino, tiro fuori un'altra divisa e la indosso in fretta.

Il cuore ha ripreso a martellarmi contro lo sterno, smantellando ogni briciolo di calma che pensavo di possedere. Sono un fascio di nervi e elettricità allo stato puro.

Calmati Irelyn, mi dico. Sei piccola e veloce, magari riesci a non farti uccidere per i primi venti minuti.
Persino nella mia mente quelle parole suonano vuote e prive di significato.

Devo trovare un'arma o qualcosa dietro cui nascondermi e magari il mio avversario si stancherà prima di me. Anche se dubito fortemente che una persona non voglia più lottare per la propria vita.
Io non lo farei mai.

"Allora, se riesco a rubare un'arma forse potrò uccidere qualche guardia" dico ad alta voce per cercare di far ordine nei miei pensieri.

La porta elettronica scatta e Jake, la guardia di ieri sera, entra nella stanza con le solite manette. Alzo gli occhi al cielo con disperazione e per quanto io possa pregare, so perfettamente che nessuno verrà a salvarmi.
Sono sempre stata sola, perché dovrebbe cambiare adesso?

Senza combattere -cosa che non mi porterebbe a nulla se non a uno futile disperdono di energie- mi faccio accompagnare verso un'ascensore che non avevo mai visto prima; sembra più un monta carichi gigantesco e non escluderei l'ipotesi che prima venisse usato per trasportare casse di armi e cibo in scatola nella base. Concentro tutte le mie forze nel rimanere impassibile e nel non cedere all'ansia che mi sta pompando nelle vene in questo istante.

Saliamo per forse mezzo minuto, ma quel minuto si dilata spasmodicamente all'infinito riempiendo ogni mio respiro di angoscia. Pura, consumante.
Come l'ascensore si apre mi ritrovo in superficie per la prima volta dopo un decennio. Avevo persino dimenticato che l'aria avesse un odore così pungente ma allo stesso tempo fresco e inebriante. Una nuova sensazione mi pervade dalla punta dei piedi alla cima della testa, ogni singola cellula del mio corpo è così piena di energia che vorrei potermi mettere a correre per tutto il prato.

Jake mi toglie le manette e mi lancia un ultimo sguardo sconsolato prima di entrare dentro l'ascensore e lasciarmi sola davanti a una decina di uomini che mi guardano come se fossi un marziano.

"Se la su esiste davvero Dio, sappi che questo è il momento giusto per darmi una mano d'aiuto" sussurro prima di farmi avanti e ritrovarmi faccia a faccia con un ragazzo che riconosco molto bene.

"Questo è davvero l'ultimo capitolo del mio libro." Impreco sottovoce e mi preparo ad affrontare la Morte in persona. La mia fine non sarà delicata, non sarà veloce. So che morirò nella maniera più cruenta e dolorosa che esista. Perché non mi hanno solamente buttata qui fuori come preda, no, mi hanno resa la vittima di un vero e proprio artista del sadismo.

473 sta davanti a me con la schiena dritta e le mani sui fianchi. La calma estrema con cui posa il suo sguardo su di me mi mette i brividi. Quando venivo portata ogni giorno a fare le prove fisiche e i test passavo davanti alla palestra e quasi sempre vedevo gli istruttori uscire da lì con tagli e lividi su tutto il corpo e poi usciva, tranquillo e impassibile come adesso, 473 con nemmeno una goccia di sudore in tutto il corpo. Solo una volta ho avuto la sfortuna di vederlo in azione e ciò che fa, il modo in cui fa della morte un mestiere, una perfezione assoluta, è la cosa più raccapricciante a cui abbia mai assistito.
473 potrebbe essere la prole del Diavolo per quanto ne so.
Adesso che ce l'ho davanti mi rendo conto che non conosco nemmeno il suo vero nome. Di una cosa però sono certa, cercherà di uccidermi senza provare il minimo rimorso. 

The last DestroyerWhere stories live. Discover now