Prologo

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Buio.

Freddo.

Ryan aprì gli occhi e si sentì raggelare nel rendersi conto di non riuscire a vedere nulla al di là del proprio naso. Tese le orecchie e cercò di carpire i suoni che lo circondavano, nella speranza di riuscire ad attribuire loro un significato e renderli punti di riferimento da seguire.

Ma non sentiva nulla.

Poi udì un sibilo e si girò di scatto alla propria destra, ma batté una spalla contro una parete. Allungò una mano in quella direzione, flettendosi sulle ginocchia e alzandosi dal pavimento.

"Magari è suggestione" si disse, in quel momento ancora più spaventato dall'eventualità di non essere solo.

L'umidità dell'ambiente gli penetrava dentro le ossa e rendeva i suoi gesti insicuri, tremanti. La paura accelerava i battiti del cuore, ma sembrava che i polmoni non riuscissero a mantenere lo stesso ritmo e i suoi respiri si spezzavano di continuo, facendolo sentire in procinto di soffocare.

Strisciò contro il muro, percependolo sotto le palme delle mani freddo e umido. Deglutì un paio di volte e si costrinse ad andare avanti. Non voleva sapere dov'era finito, perché fosse lì, chi lo aveva rinchiuso al suo interno.

Voleva soltanto uscirne.

Aveva lasciato un sacco di cose in sospeso, si era fatto trascinare dall'entusiasmo della vita, dalla presunzione di essersi gettato il passato alle spalle.

Si sbagliava.

"Non sei degno di essere felice. Rimani un Dervinshi e come tale devi pagare" quel pensiero lo fece tremare con violenza e le gambe cedettero. Si trovò in ginocchio, contro la parete, il fiato corto, la gola serrata.

Doveva andarsene da lì. Subito.

"Non merito di essere felice?" si domandò, rincuorato dal fatto che non ci fosse nessuno con lui, in quel momento, che nessuno fosse testimone della sua manifesta debolezza, "Ma loro sì..." si disse ancora e strinse con forza nella mente quel pensiero, rialzandosi da terra.

Compì un paio di passi e urtò qualcosa con la punta di una delle scarpe. Trasalì e tornò sui propri passi. Ancora una volta tese le orecchie e si concentrò, ma non sentiva nulla.

Le orecchie fischiavano tanto a causa dell'assenza di suoni da alterare le sue percezioni.

Si lasciò scivolare contro la parete, il cuore in gola, si sedette sui talloni e allungò una mano, con titubanza, in direzione della cosa che aveva sfiorato poco prima.

Con la punta delle dita si trovò a toccare qualcosa di morbido, dalla forma indefinita. Salendo verso l'alto gli parve che la cosa mutasse: gli ricordava vagamente la sensazione di stare a toccare della stoffa, ma era umida, "Tipo un panno bagnato" pensò.

Continuò la propria ispezione, scendendo verso il basso e percepì un movimento della cosa. Ritrasse la mano, terrorizzato, e cadde all'indietro sul sedere. Quella volta riuscì a captare dei suoni distinti, brevi e imprecisi, ma che sembravano specchio dei suoi stessi respiri irregolari.

-C'è qualcuno?- si azzardò a chiedere, parlando a voce bassissima, ma l'ambiente doveva essere vuoto e più grande di ciò che aveva immaginato e la sua voce rimbombò con una potenza che non si era aspettato.

-Ryan?- si sentì chiamare e il giovane sgranò gli occhi, si mosse nell'oscurità, riconoscendo immediatamente quella voce.
-Oh mio Dio! Perché tu sei qui?- gli domandò, strisciando al suo fianco, rendendosi conto di avere toccato, poco prima, parte del suo corpo. -Sei ferito? Stai male? Che ti hanno fatto?- incominciò a dire, sommergendolo di domande e sentendosi sopraffare dalla preoccupazione e dal senso di colpa.

-Non... non lo so. Penso di stare bene- gli rispose. -Non ti vedo-
-Sono qui- rispose il giovane, slanciandosi verso di lui e tastandolo con le mani, finché non si trovò con le sue tra le proprie: erano gelide. Le strinse con delicatezza, le sfregò nel tentativo di scaldarle.
-Ricordi cosa è successo?- gli domandò e l'altro non gli rispose. Ryan ripeté la domanda finché non si rese conto che Lui era svenuto. Lo afferrò per le spalle e lo scosse con violenza, in preda alla disperazione, finché l'altro non si fece sfuggire un gemito di protesta.

-Non ti addormentare!- disse, stringendogli il volto tra le mani e poggiando la fronte contro la sua, per sentirlo ancora più vicino. -Ricordi cosa è successo? Ti hanno fatto qualcosa?- ripeté e lo percepì scuotere la testa.
-Ricordo che eravamo insieme- biascicò Lui in risposta e gli occhi di Ryan parvero riempirsi di immagini frammentarie, mentre anche lui rammentava ciò che era accaduto la sera prima. Lo abbracciò con dolcezza, gli baciò la fronte e iniziò a cullarlo.

-Mi dispiace tanto- mormorò tra le lacrime, ma Lui non gli rispose, probabilmente era svenuto di nuovo.

Poi un cigolio sinistro catturò l'attenzione di Ryan. Una porta venne aperta, sembrava si stesse ritagliando direttamente nell'oscurità. Scivolò verso l'interno della stanza in cui si trovavano e un fascio di luce invase l'ambiente, facendogli strizzare gli occhi. Se li schermò con una mano, in attesa che si riabituassero alla luce, e vide una figura imponente stagliarsi sulla soglia.

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