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-Tu non hai nulla da dire?- tuonò Jade e Claud si strinse nelle spalle. -E smettila di giocherellare con i capelli che sono sicuro che non è vero che ti stiamo annoiando!- urlò.

Claud ritrasse la mano e si lasciò sfuggire un sorrisino sghembo, che l'altro ricambiò con uno sguardo minaccioso. L'uomo sospirò e picchettò i dorsi di due dita contro il finestrino della vettura, dal lato del passeggero. Tuttavia, Ryan si ostinò a ignorarli. Accese lo stereo e si mise a cercare tra le varie stazioni radio una frequenza non disturbata e che trasmettesse un po' di musica.

Quando finalmente ne trovò una che non sembrava un maldestro tentativo alieno di porsi in comunicazione con la Terra alzò il volume, reclinò il sedile e si stese, iniziando a cantare a squarciagola.

Jade sbuffò e recuperò le chiavi, tentando di aprire l'auto, ma, ogni volta che disinseriva le sicure, Ryan le riattivava dall'interno prima che l'altro riuscisse anche solo a sfiorare la maniglia dello sportello. Continuarono un po' a quel modo, finché Claud non riuscì ad aprire l'auto nella frazione di secondi tra uno scatto e l'altro.

Ryan si tirò a sedere e l'altro entrò nella vettura, arrampicandosi tra i sedili finché non riuscì a occupare il posto di guida. Il giovane si guardò intorno, sentendosi in trappola e, alla fine, sbuffò, decidendo di restare dov'era e spense la radio, che aveva iniziato a infastidirlo a causa del volume effettivamente eccessivo persino per lui.

-Quindi- fece Claud, con aria assente, accarezzandosi il mento con un dito. -Stai facendo tutto questo casino perché non accetti che Jade abbia mollato la sua famiglia per noi?- disse e Ryan si sentì arrossire e fuggì dal suo sguardo, dando all'altro conferma dei propri sospetti.
Jade, che era riuscito a udire le parole di Claud, si trovò a sorridere con tenerezza; aprì lo sportello dal lato del passeggero, per poi sedersi sui talloni e poggiare una mano su un ginocchio di Ryan, che lo guardò in tralice, aggrottando la fronte.

-Anche se adesso ci dividono diversi chilometri, anche se ho mollato l'agenzia, non significa che smetterò di volere bene alla mia famiglia. So quanto sia prezioso avere al proprio fianco qualcuno che ti ama incondizionatamente- disse e Ryan percepì gli occhi riempirsi di lacrime.

Di tutto ciò che avevano condiviso due mesi prima, quello era il punto che il giovane non era ancora stato in grado di affrontare in modo aperto, nemmeno durante le sedute con lo psicologo, da cui si recava con regolarità due volte a settimana. Ogni volta che sfioravano l'argomento, puntualmente Ryan finiva per iniziare a piangere, chiudendosi a riccio.

Avevano rischiato di morire, erano stati rinchiusi e isolati dal mondo per giorni. Pashkà era morto. I membri della famiglia Dervinshi quasi tutti arrestati, tranne Redonald, che era riuscito a fuggire: suo fratello, lo stesso che aveva mandato i suoi uomini a ucciderlo.

Ryan non riusciva a concepire né ad accettare l'odio di suo fratello nei propri confronti: era sempre stato un uomo violento e crudele, gli aveva fatto male in ogni modo possibile, lo aveva persino evirato nel tentativo malato di "guarirlo" dalla sua omosessualità. Ma erano legati dal sangue, eppure quello non era bastato per impedire a Redonald di tentare di porre fine alla sua esistenza.

-Tuo padre...- mormorò il giovane, con un groppo in gola. -... ci sarà rimasto male. Sicuro gli manchi-
Jade sorrise e gli accarezzò il ginocchio su cui teneva ancora una mano.
-Posso prendere il primo volo per New York e andarlo a trovare. Sono certo che tu non me lo impedirai. Anzi... potresti accompagnarmi, in futuro. Chissà- aggiunse e l'altro mise di nuovo il broncio.

Claud scambiò uno sguardo con Jade e si fece più vicino a Ryan, circondandogli le spalle con un braccio e attirandolo a sé. Gli baciò la fronte e lo cullò per un po' in silenzio, finché le sue lacrime non finirono per asciugarglisi sulle guance.

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