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Da quasi venti minuti Jeffrey si trovava seduto sui comodi sedili posteriori della propria limousine, in attesa e, nonostante la confortevole sistemazione, stava iniziando a diventare insofferente.

Attraverso il finestrino, dal vetro oscurato, che dava sul marciapiede alla sua destra, poteva vedere l'ingresso del palazzo oltre cui, proprio venti minuti prima, Claud era sparito, lasciandolo lì.

L'uomo si era imposto di tenere sotto controllo, con ogni mezzo a propria disposizione, il percorso di cure che l'amico stava affrontando; era vero che non poteva assistere né sapere cosa si dicevano Claud e lo psicologo durante le loro sedute, ma era del tutto intenzionato a fare sì che l'altro non ne saltasse nemmeno una.

Conosceva bene Claud, sapeva con quanta leggerezza affrontasse i casini della propria vita, ma aveva subìto un trauma non indifferente, e Jeffrey sperava di cuore che, quella volta, le cose sarebbero andate in modo diverso, che Claud seguisse i consigli di gente più saggia di lui, aiutando gli altri ad aiutarlo.

Tuttavia, era estenuante stare lì, seduto, in attesa, senza neanche potersi accertare che l'amico fosse effettivamente entrato nello studio dello psicologo, dato che l'ingresso al piano del palazzo, in cui era collocato, non era consentito a nessuno al di fuori dei pazienti. Era un posto riservato, dove prestavano morbosa attenzione alla privacy dei propri pazienti e Jeffrey temeva che Claud avesse scelto di recarsi lì, anziché dallo stesso psicologo che seguiva Jade e Ryan, proprio per approfittarsi di quella situazione.

Per quel motivo lo piantonava; aveva corrotto uno dei portieri del palazzo affinché gli assicurasse che il giovane Blake si recasse, effettivamente, al piano in cui si trovava lo studio dello psicologo, ma più di quello non aveva potuto fare e si sentiva abbastanza insofferente.

Poco dopo Claud venne fuori dall'edificio e Jeffrey corse da lui, imprecando.

-Che diavolo ci fai già qui?- gli chiese e l'altro gli sorrise con fare malizioso.
-Oggi ci siamo concessi solo una sveltina- ribatté il giovane e Jeffrey incrociò le braccia sul petto, per impedirsi di prenderlo a ceffoni.
-Almeno ti sei presentato?- gli chiese.
-Certamente!- rispose Claud, allargando le braccia con fare teatrale e rischiando di urtare un paio di passanti.
-Allora perché sei uscito prima dello scadere dell'ora?- insistetté l'amico e Claud assunse un'espressione vacua.

"Perché oggi sono stato tanto male che ho pianto così tanto da sentirmi sfinito dopo venti minuti di seduta, e lo psicologo ha preferito lasciarmi andare prima, invece che insistere e martellarmi come stai facendo tu" pensò, ma non aveva alcuna intenzione di rivelare quei particolari all'amico.

-Sono il favoloso Claud Blake, soddisfatti sempre e nel miglior tempo utile! Oggi sono bastati venti minuti- disse, invece, mettendo le mani in tasca e avviandosi verso la limousine, ma, quando passò al suo fianco, Jeffrey lo afferrò per una spalla, bloccandolo e fissandolo negli occhi. L'uomo aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito e lo lasciò andare, precedendolo verso la limousine.

Claud lo fissò in silenzio per qualche secondo e si fermò davanti la portiera aperta, con John, l'autista, ad attendere che salisse anche lui, prima di chiuderla.

Tuttavia, il giovane rimase fermo sul marciapiede, si chinò un po' in avanti, rivolgendosi all'amico.

-Preferisco tornare a casa a piedi, magari passo anche dalla spiaggia- disse con voce incolore e Jeffrey annuì, poi rivolse un cenno in direzione di John, autorizzandolo a chiudere lo sportello.

Quando ripartirono, l'uomo si voltò a guardare in direzione di Claud, osservandolo fermo ancora nel punto in cui lo aveva lasciato. Poi lo vide incamminarsi imboccando la strada che conduceva alla spiaggia, mentre loro giravano l'angolo opposto, in direzione di Hollywood West.

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