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-Buongiorno, amore mio-
Bryan mugugnò qualcosa privo di senso, stiracchiandosi come un gatto. Le lenzuola frusciarono intorno al suo corpo, ancora caldo e pesante, mentre sollevava le palpebre e si guardava intorno, per nulla infastidito dalla luce che proveniva dalle sue spalle. Davanti a sé, seduto sui talloni, stava Isaac. Appena l'uomo lo vide ricambiare il suo sguardo si alzò, si tolse la giacca e la cravatta, gettandoli con poca grazia da qualche parte, fuori dal suo campo visivo.

-Che ore sono? Com'è che ti stai spogliando?- domandò Bryan, sentendosi un po' confuso a causa del mal di testa - che si rese conto di avere soltanto in quel momento - che gli impediva di aprire del tutto gli occhi.
-Un po' tardino rispetto il tuo solito. Ringrazia che oggi è domenica. Sono dovuto passare in ufficio, stamattina...-
-Stamattina?- lo interruppe Bryan, stiracchiandosi ancora. Isaac rimase immobile a fissarlo dall'alto, immobilizzandosi con due dita intorno ai bottoni del polsino di una manica della camicia che indossava, stregato dalla sensualità ferina del compagno.

-Stai facendo le fusa?- chiese e Bryan aggrottò la fronte.
-Come, scusa?- ribatté lui, del tutto ignaro del proprio charme e abbastanza confuso da non riuscire a capire cosa l'altro intendesse dire.
Isaac smise di trafficare con i bottoncini e accostò il polsino alle labbra, liberandoli dalle asole con i denti, senza mai smettere di fissarlo. Bryan, la cui mente pareva si stesse finalmente liberando dal caos del sonno e anche dal mal di testa, incominciò a comprendere le allusioni del marito e si rannicchiò in posizione fetale, una mano sotto una guancia e l'altra a stringersi con forza il braccio opposto.

Isaac prese a liberare anche i bottoni che si trovavano nella parte frontale dell'indumento, scoprendo mano a mano porzioni di pelle sempre più ampie.

-Che ore sono?- chiese ancora Bryan, con voce morbida e distante persino alle proprie orecchie.
-È quasi mezzogiorno-
-Così tardi?-
-Ieri abbiamo fatto le quattro del mattino. Ryan aveva bisogno di sfogarsi e tu non volevi saperne di mandarlo a letto. Abbiamo quasi dato fondo alle bottiglie del mobile bar-
-Ora ricordo- biascicò il giovane, mentre il respiro gli veniva meno nel vedere la camicia di Isaac scivolargli lungo le braccia, per poi sparire da qualche parte sul pavimento. -Perché tu sembri fresco come una rosa e io mi sento come se mi avesse messo sotto un tir?-
-Perché tu non sei abituato a bere. E sei più emotivo di me. Ieri notte hai pianto tanto, amore mio, mi dispiace- mormorò l'uomo, accarezzandogli una guancia con un dito.

Quelle parole furono in grado di toccare le corde giuste e Bryan socchiuse gli occhi, mentre Isaac poggiava un ginocchio sul materasso, le mani ai lati del suo corpo, protendendosi verso di lui. Il giovane ricordò quello che era accaduto la notte prima, il marito che tornava a casa portandosi dietro uno dei suoi migliori amici, annunciandogli che il loro inatteso ospite avrebbe passato la notte nella loro abitazione. Poi le chiacchiere in giardino, con l'aria che si faceva più fresca a bordo piscina, Maria che salutava tutti e tre e si ritirava nella sua stanza per dormire.

Come se quella scena avesse pigiato un bottone, Ryan aveva iniziato a piangere, silenziosamente, reclinando il viso sul petto, fuggendo dalle blande luci di quelle rade stelle che riuscivano a scorgersi nel cielo in mezzo ai rossori e ai violacei che lo illuminavano in modo inquietante a causa dell'inquinamento.

Bryan aveva subito percepito l'istinto di consolarlo - istinto paterno, lo definiva Isaac - e la risposta dell'amico gli aveva come dato l'impressione che Ryan non aspettasse altro. Il loro ospite gli era parso come un involcro colmo di dolore, tremante e così ferito da fargli domandare più volte come fosse in grado di respirare ancora. Sembrava impossibile che fosse anche solo capace di restare in piedi dopo tutto quello che aveva passato.

Bryan aveva provato a ipotizzare le proprie emozioni e reazioni se si fosse trovato catapultato al posto dell'amico anche solo per un giorno. Conoscendosi, era arrivato alla conclusione che avrebbe finito per dare di matto. Non sarebbe bastato avere Isaac al proprio fianco: sapeva, perché in fondo lo aveva sperimentato sulla propria pelle, quanto l'amore non fosse in grado di lenire tutte le ferite, di risolvere tutti i problemi. Aveva amato Isaac fin dal primo giorno in cui lo aveva incontrato, in quella grande sala conferenze dove, per sopperire alle ennesime mancanze del suo unico dipendente, si era recato per consegnare dei fiori.

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