27

487 66 33
                                    

Jade non riusciva a staccare gli occhi dalla scena incorniciata dalla stanza.
Ovunque c'erano uomini dell'F.B.I., della polizia, della scientifica, troppe persone e tutte con la presunzione di essere autorizzate a stare lì.
Così tante impronte di scarpe, voci, suoni confusi che avrebbero finito per mangiarsi buona parte dei loro indizi, come sempre accadeva in situazioni come quella.

Quando con Sue aveva lasciato la cucina, avevano trovato Max sì, seduto dove lo avevano lasciato pochi istanti prima, ma immobile, con la testa reclinata da un lato, la maglietta imbrattata di sangue. Sul pavimento, vicino ai suoi piedi, il tappeto era stato scostato, rivelando l'accesso a una cantina tramite una botola che, in quel momento, avevano potuto vedere aperta, così come la porta che introduceva all'abitazione.

Jade era corso in strada, ma, com'era prevedibile, troppo tardi per intercettare il fuggitivo. Tornando sui suoi passi aveva percepito il cuore in gola, la fronte e le palme delle mani umide di sudore, il petto colmo di gelo. Aveva visto Sue accettarsi della morte di Storm, tastandogli il polso. La donna aveva scosso la testa e si era portata le mani alla fronte, sempre più pallida e tremante.

-Abbiamo camminato sopra la testa di Rozaf Dervinshi... e non ce ne siamo resi conto- aveva sussurrato, sconvolta.

Da quel momento erano passate meno di sei ore.

Cosa può accadere in meno di sei ore?

Niente, se si passano dietro una scrivania, a lavorare; se si trascorrono in compagnia di qualche amico e amabili chiacchiere.

"Di tutto. In sei ore è successo di tutto" pensò Jade, passandosi entrambe le mani sul viso stanco. Con gli occhi chiusi, per non essere più tentato di guardarsi intorno, cercò di attingere alla memoria della mente e uscì dall'abitazione, recandosi in giardino, finché non arrivò ai bidoni dell'immondizia. Ne aprì uno e la puzza che ne scaturì lo travolse come un pugno in pieno volto, aumentando a dismisura la nausea, ma era digiuno, perciò il suo stomaco e la sua gola si contrassero a vuoto, lacerandolo dall'interno come delle lame.

"Come quella con cui gli ha tagliato la gola" pensò e richiuse il bidone con stizza, pulendosi la bocca umida di saliva con il dorso di una mano. Gli girava la testa e si sentiva a pezzi, in imbarazzo, e infatti finì per accarezzarsi le parte posteriore del collo, chinò il capo, e tornò a chiudere gli occhi. Si lasciò cadere sull'erba ingiallita e incolta del giardinetto che si apriva davanti alla villetta, come una tovaglia fradicia e macchiata dall'eccessivo utilizzo, e iniziò a schioccare due dita, tenendo il tempo di un ritmo immaginario, cercando di rilassarsi.

Quel gesto insignificante gli riportò a galla i ricordi delle volte in cui aveva assistito ai balletti di Claud e Ryan – anche senza musica, guidati dai battiti dei loro cuori. I movimenti sensuali, le risatine sommesse, i baci rumorosi e giocosi. Gli occhi di Claud così limpidi, luminosi e azzurri e quelli di Ryan, scuri, ma pieni di luce, pieni di stelle quando era felice.

Claud disteso sulla sabbia, la pelle dorata che pareva brillare, ricoperta di granelli che scivolavano via ad ogni movimento, mentre lui, al suo fianco – durante uno di quei pomeriggi che sembrava essere stato inghiottito da chissà quale passato lontano – gli accarezzava una spalla in punta di dita, timoroso di turbare la sua perfezione.

Ryan seduto sul davanzale della finestra – quella maledetta! – gli occhiali da lettura, un libro tra le mani, mentre lo controllava di sottecchi, accertandosi che lui non stesse bruciando la cena. Anche quello un ricordo di chissà quale sera di pochi giorni prima, eppure pieno di così tanta malinconia da farlo struggere, da fargli rimpiangere di non avere la capacità di tornare indietro nel tempo a quel momento semplice, ma intimo e perfetto.

Claud che si tendeva contro di lui, accogliendolo nel suo corpo mentre facevano l'amore; gli occhi di Ryan colmi di un piacere languido, inatteso; ricordarselo nell'istante in cui allungava le braccia, gli circondava il collo, ringraziandolo con un filo di voce, colmo di emozione, e sentirlo confessare, tremante, che mai si sarebbe immaginato di poter provare nulla di tutto quello prima di incontrare loro.

LIKE A SERAPHIMWhere stories live. Discover now