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1967, febbraio.



Jennifer aprì gli occhi avvertendo una strana sensazione concentrata nella zona bassa del ventre; anche se sentiva dei dolorosi crampi all'altezza dei reni e sulla schiena, però, non ci fece veramente caso: il giorno precedente aveva avuto due ore di ginnastica a scuola e la loro insegnante, per sua enorme sfortuna, non ci andava molto alla leggera con gli esercizi di riscaldamento e con la corsa.

Erano diverse le materie scolastiche che a Jen proprio non piacevano, ma nessuna di loro le suscitava un odio viscerale come ginnastica; odiava le lezioni pratiche di ginnastica perché fin da piccola era sempre stata goffa ed impacciata, ed ogni volta aveva l'orribile sensazione che i suoi compagni di classe ridessero alle sue spalle quando era l'unica che non riusciva ad eseguire un esercizio assegnato.

Come di consueto, la ragazzina scostò le coperte per alzarsi, darsi una risciacquata in bagno, cambiarsi e scendere in cucina a fare colazione, prima di correre alla fermata per non rischiare di perdere lo scuolabus, ma anziché uscire dal letto rimase paralizzata alla vista della grande macchia scarlatta apparsa sul candido materasso; la osservò, perfettamente immobile, per un intero minuto, e quando finalmente ritrovò la voce perduta spalancò la bocca in un lungo urlo prolungato.

Subito si udì il rumore di passi veloci che giungevano dal piano inferiore e qualche secondo più tardi Pamela spalancò la porta con un'espressione sconvolta e gli occhi spalancati; chiese immediatamente alla figlia adottiva più piccola cosa fosse accaduto e lei indicò con la mano destra, che tremava vistosamente, il materasso.

Pamela si avvicinò per vedere meglio e tirò un sospiro di sollievo alla vista della macchia rossa perché l'urlo di Jennifer l'aveva fatta spaventare terribilmente e le aveva anche fatto temere il peggio, ovviamente; si lasciò scappare anche una breve risata, che suscitò l'incredulità totale della ragazzina: com'era possibile che la madre adottiva scoppiasse a ridere di fronte allo spettacolo che le aveva appena mostrato? Non c'era nulla di divertente o ironico!

"Tesoro, ti prego, non farmi prendere mai più un colpo simile! Ho rischiato che le frittelle finissero incollate sul soffitto, lo sai?"

"Ma... Ma... Ma..." prese a balbettare Jen, sbattendo più volte le palpebre "ma... Mommi hai... Hai visto il materasso? Hai visto cosa c'è? Quello... Quello è sangue! C'è un enorme macchia di sangue che è uscita dal mio corpo!"

"Si può sapere che cosa sta succedendo qui?" Ginger sbucò dal corridoio, tutta affannata: anche lei, come Pamela, era al pianoterra quando Jennifer aveva iniziato ad urlare; si avvicinò a sua volta al letto e non appena notò la macchia di sangue ormai raffermo agitò una mano con noncuranza "ohh, tutto qui? Hai urlato perché ti è venuto il ciclo? Hai fatto quella scenata isterica per una sciocchezza simile?"

"Sciocchezza simile? Ciclo? E si può sapere che cosa sarebbe?"

"Come che cosa sarebbe? Mio dio, ma a scuola non v'insegnano educazione sessuale? Non vi hanno spiegato che cosa sono le mestruazioni ed a che cosa servono?"

"Ginger, va bene così, da questo momento in poi ci penso io a tua sorella, d'accordo? Tu vai pure ad aprire il negozio, io ti raggiungo più tardi"

"Come vuoi" commentò la ragazza, scrollando le spalle con aria noncurante ed uscendo dalla stanza; una volta rimaste da sole, Pamela aiutò Jennifer ad alzarsi, l'accompagnò in bagno per farsi una doccia e le insegnò come doveva essere indossato accuratamente un assorbente.

Poi, l'accompagnò al pianoterra, le rimboccò le coperte sul divano e le preparò una tazza di cioccolata calda, dicendole che per quel giorno poteva anche saltare le lezioni scolastiche; quando la raggiunse sul divano, insieme alle due tazze fumanti di cioccolata calda, Pam spiegò alla figlia adottiva più piccola tutto quello che doveva sapere sul ciclo, sulla pubertà e sui cambiamenti che nei prossimi anni il suo corpo avrebbe subìto.

Jennifer ascoltò tutto quanto con estrema attenzione, sorseggiando la bevanda dolce e calda.

"Dunque, il mio corpo cambierà così tanto adesso che sto per compiere quattordici anni?"

"Sì. All'inizio sarà spaventoso, perché farai fatica a riconoscerti, ma ti abituerai molto in fretta"

"E diventerò bella?"

"Perché vuoi diventare bella se lo sei già?"

"No, mommi, io non sono affatto bella. Sono solo goffa ed imbranata, e tutti ridono alle mie spalle quando facciamo ginnastica perché non sono brava come loro a fare il salto all'ostacolo od arrampicata. Spero di diventare finalmente bella e magra, sono stanca di avere questo viso così rotondo e paffuto, non lo sopporto proprio" la ragazzina posò la tazza sopra un tavolino e nascose il viso tra le mani; Pamela passò il braccio sinistro attorno alle spalle della figlia adottiva più piccola e la strinse a sé.

"Ohh, Jen, mi piange il cuore sentirti dire queste parole perché non sono affatto vere" la donna riuscì a far scostare a Jennifer le mani dal viso e con pazienza le asciugò le lacrime che aveva iniziato a versare "non sei né goffa né imbranata, ed i tuoi compagni di classe sono solo sciocchi ed invidiosi. Tu sei un bellissimo bocciolo di giglio che aspetta solo di sbocciare, Jen. Vedrai: quando finalmente i tuoi petali si schiuderanno, sarai il fiore più bello di tutto il prato".

Remember A Day; Pink Floyd (✓)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora