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1979, ottobre.



Richard rientrò nell'appartamento che aveva preso in affitto a Los Angeles e sbatté con forza la porta; iniziò a camminare avanti ed indietro per il piccolo e disordinato salotto con il respiro spezzato e con le mani tra i capelli nel vano tentativo di calmarsi, ma si rivelò tutto inutile: solo un istante più tardi, dopo aver lanciato un urlo carico di rabbia, si ritrovò a sfogare la frustrazione, il dolore ed ancora la rabbia con qualunque cosa gli capitasse tra le mani, infischiandosene delle persone che occupavano l'appartamento sottostante al suo.

Rovesciò un mobiletto, assestò un calcio al basso tavolino posizionato davanti al divano e riservò lo stesso trattamento anche a quello della cucina, passando poi alle sedie che scagliò contro le pareti; quando si ritrovò senza fiato, e quando ormai attorno a lui non c'era più altro da distruggere o maltrattare, ritornò nel salotto, si lasciò cadere sul divano e nascose il viso contro un cuscino.

I respiri spezzati si trasformarono ben presto in una serie di singhiozzi disperati, e la rabbia cieca che nutriva nei confronti di Roger lasciò spazio alla disperazione ed all'autocommiserazione; la violenta discussione che aveva appena avuto con il bassista gli aveva fatto aprire gli occhi sulla propria dipendenza dalla cocaina e gli aveva anche fatto capire quanto si fosse spinto oltre in poco tempo: se fosse stato una persona forte, avrebbe chiuso immediatamente qualunque rapporto con quella maledetta polverina bianca che gli aveva già portato via tutto, ma purtroppo Richard sapeva di non essere affatto una persona forte e sapeva altrettanto bene di essere già completamente fottuto.

Si era spinto troppo oltre per tornare indietro.

Era la fine. Era finito. E non aveva nessuno a suo fianco a cui aggrapparsi.

Non aveva più Juliette, non aveva più i bambini, non aveva più Ginger e neppure Jennifer, perché lei ovviamente doveva essere dalla parte di Roger in quanto sua moglie.

Wright si addormentò con tutti quei pensieri negativi che continuavano a ronzargli in testa e si svegliò diverse ore più tardi, quando ormai era sera inoltrata; aveva sognato di essere a casa in compagnia di Juliette ed i bambini, e che la dipendenza dalla cocaina altro non era stata che un orribile incubo.

Era stato tutto così limpido e vivo che gli sembrava ancora di udire Gala suonare il pianoforte.

Il giovane uomo si girò lentamente sul fianco sinistro, vide il piccolo appartamento sporco, vide le disastrose condizioni in cui versava e si rese conto che l'incubo che credeva di avere avuto era invece la nuda e cruda realtà; l'apparente serenità derivata dal torpore del sonno svanì immediatamente, i ricordi del giorno appena trascorso ritornarono a galla e con essi anche la rabbia, la frustrazione e la voglia immensa di picchiare Roger.

Desiderava ardentemente prendere a pugni la faccia da cazzo del bassista, spaccargliela fino a ridurla ad un ammasso informe di carne e sangue, ma dal momento che non poteva farlo perché sarebbe caduto ancora più in basso di quello che già era ora, e perché non ci avrebbe guadagnato null'altro che una denuncia ed un arresto immediati, decise di optare per l'unica altra soluzione che aveva a propria disposizione: annegare i dispiaceri personali in una buona dose d'alcol.

L'unico mobile del salotto sopravvissuto all'attacco di rabbia del tastierista era una vetrinetta che conteneva alcune bottiglie di superalcolici: da quando Richard si era momentaneamente trasferito a Los Angeles per procedere con la registrazione di The Wall, i suoi unici acquisti consistevano in bottiglie di superalcolici, pacchetti di sigarette e cibo d'asporto già pronto, lo stretto necessario per andare avanti; quello che non spendeva in beni di prima necessità si trasformava in piccole bustine contenenti polvere bianca, del tutto identiche a quella che Roger gli aveva sequestrato e gettato a terra con disprezzo, rendendola del tutto inutilizzabile.

Remember A Day; Pink Floyd (✓)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora