XLVIII. Tutto è bene quel che finisce bene

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L'anticamera della sala del trono era lunga e stretta e seduta su una panca foderata di velluto, Messalina non poté fare a meno di confrontarla con i bui corridoi che aveva attraversato per giungere alla sua prima udienza col Re

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L'anticamera della sala del trono era lunga e stretta e seduta su una panca foderata di velluto, Messalina non poté fare a meno di confrontarla con i bui corridoi che aveva attraversato per giungere alla sua prima udienza col Re.
All'apparenza, nulla era cambiato da allora: Lyon Blackraven era ancora un bastardo, anche se di sangue reale, lei era ancora una svergognata senza dote e il fatto che venissero ricevuti nelle stanze del potere come ospiti di gran riguardo aveva di certo fatto inarcare più di un sopracciglio.
Mess sarebbe stata pronta a scommettere che la servitù, in quel momento, non stesse parlando d'altro in tutto il palazzo. Eppure, quando provò a specchiarsi nella ragazza che era sbarcata a Londra piena di meraviglia, non riuscì a riconoscersi.

Le massicce porte di mogano della sala del trono si aprirono con un sibilo, strappandola alle sue riflessioni, e l'alta figura di Blackraven si stagliò sulla soglia. La guardò con lo sguardo che le era diventato fin troppo familiare nelle due settimane che erano servite per riportarli in Inghilterra da Baltia: un misto di amore, desiderio e senso di colpa – per averla trascinata in quella storia, per non essere riuscito a salvarla dal suo stesso destino, per non poter cancellare le ombre sotto i suoi occhi.
Si erano a malapena parlati durante il viaggio.
A onor del vero, Messalina era rimasta per lo più chiusa nella propria cabina, intenta a venire a patti con le proprie colpe e i propri dubbi; e Lyon, incupito dal lutto, non aveva provato a dissuaderla.
"Dovrò affrontare anche lui, dopo" pensò Mess e una fitta di dolore minacciò di spezzarle il cuore.  Tuttavia nascose attentamente le proprie emozioni, gli regalò un sorriso dolce e rassicurante e lo superò con il portamento che le era stato insegnato delle migliori governanti di Cloud Eden: la schiena perfettamente dritta, la testa alta, le labbra curvate in un sorriso educato ma non volgare.
Trovava incredibile che certi gesti le fossero ancora così naturali, quando tutto dentro e fuori di lei era diventato così estraneo.

Le porte si richiusero alle sue spalle, separandola da Lyon. Mess rimase sola con il Re e i suoi ultimi segreti.
George era assiso su uno scranno troppo stretto per la sua costituzione e le sue ali, che apparivano piegate in una posizione alquanto scomoda.
La osservò con occhi privi d'espressione mentre lei avanzava sul pavimento di marmo policromo, superando colonne e statue e dipinti dall'espressione grave: sembrava egli stesso un manufatto, più simile ai ritratti dei suoi antenati che a una persona viva. Ancora una volta, l'enorme differenza che c'era tra Lyon e suo padre le mozzò il fiato per la soggezione.
I due si studiarono in silenzio per qualche istante e nell'inchinarsi con grazia la ragazza avvertì lo sguardo del sovrano soffermarsi a lungo sulla protesi danneggiata.

«Ebbene, posso sapere perché avete richiesto quest'incontro privato?» esordì infine lui, abbandonandosi lungo lo schienale della poltrona. Quell'apparente sfoggio di sicurezza era in evidente contrasto con l'impazienza che gli animava lo sguardo.

«Immagino che Lyon vi abbia raccontato con dovizia di particolari cosa è successo da quando siamo partiti da Londra... Tuttavia, non può avervi raccontato tutto.»

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