VII. Un colloquio illuminante

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Lyon era seduto a gambe incrociate sul pavimento di legno con indosso soltanto le brache e stava tentando di non perdere la concentrazione: il medico orientale che l'aveva visitato gli aveva spiegato che era fondamentale per gli esercizi di rilass...

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Lyon era seduto a gambe incrociate sul pavimento di legno con indosso soltanto le brache e stava tentando di non perdere la concentrazione: il medico orientale che l'aveva visitato gli aveva spiegato che era fondamentale per gli esercizi di rilassamento dei muscoli – una cosa di cui aveva estremamente bisogno in luoghi caldi e umidi come Tortuga, in cui la schiena gli doleva come se fossero passati solo pochi giorni dalla mutilazione e non quasi cinque anni.

Udì la porta spalancarsi di colpo, ma non si prese la briga di voltarsi:
«Spero sia urgente, per interrompermi proprio adesso!» borbottò, estendendo le braccia verso l'alto e stringendo i denti per la fitta di dolore che gli provocò uno spasmo alle ali troncate. Alcune volte sentiva ancora il peso degli arti mancanti sulle spalle. Dato che non riceveva alcuna risposta voltò il capo e spalancò gli occhi per la sorpresa:
«Merda» sibilò poco cavallerescamente, quando incrociò gli occhi di Messalina fissi su di lui. «Tu non sei Smokey!»
La sua voce sembrò risvegliarla dalla trance in cui era caduta e la ragazza scosse i riccioli biondi con aria battagliera, arrivando addirittura a fare un passo verso di lui:
"È davvero furiosa"
Non aveva mai pensato che un esserino così fragile e delicato potesse incutere tanto timore con quelle gote arrossate dall'ira e dal vento e i denti perlacei scoperti in un ringhio.

«Certo che è urgente!» esclamò lei, socchiudendo le iridi grigie fino a farle diventare due fiammelle brillanti di sdegno. «Non avevo grande stima di voi prima, Blackraven, ma abbandonare una donna in un covo di pirati...»

«Corsari»

«Comunque criminali! Avete approfittato della mia fiducia, mi avete ingannato! Non vi credevo così spregevole!»

Quell'insulto lo infastidì nel profondo, ma non le diede la soddisfazione di far emergere il suo disappunto e riprese invece ad allungare e rilassare il torace. Avvertì un basso gemito alle sue spalle, ma non avrebbe saputo dire se fosse per gli innesti metallici che sporgevano per qualche pollice dalla pelle delle sue scapole, circondati da un reticolo di profonde e frastagliate cicatrici, o se invece Messalina fosse imbarazzata dalla sua nudità. Si concesse il lusso di credere a quell'ipotesi e ridacchiò.
"Ti sta bene, spocchiosa e viziata che non sei altro!"
«Ci eravamo accordati affinché io vi garantissi una traversata fino al primo porto sicuro, ricordate?» sbuffò poi, lanciandole un'occhiata di sufficienza da sopra la spalla. «Perciò la vostra fiducia non è stata tradita e io non vi ho abbandonato come mi accusate: avevo già arrangiato un passaggio sicuro e confortevole per Cloud Eden. Sì, avreste pestato un po' i piedi, ma poi vi sareste resa conto che tornare a casa è la cosa migliore per voi.»

«Dite così solo perché non sapete a cosa sono sfuggita!»

«Allo scandalo di aver ballato con un senza-ali, magari? Vi assicuro, miss Seymour, che avreste dato meno nell'occhio se ve ne foste rimasta zitta e buona nella vostra camera da letto»

«Se fossi rimasta a Cloud Eden sarei finita nella camera da letto di Frederich Raymard e probabilmente non ne sarei uscita viva!»

Lyon balzò in piedi così velocemente che sentì la testa girare; le ginocchia gli cedettero e se non fosse stato per la ragazza che gli offrì d'istinto il braccio per aiutarlo sarebbe caduto sul pavimento.
Quando il dolore si fece meno pressante e la vista più lucida, l'uomo rimase sorpreso dalla dolcezza di quel contatto: Messalina lo sosteneva senza fare commenti sulla forza con cui le stava stringendo l'avambraccio e aveva fatto scivolare l'altra mano sotto le sue spalle per sorreggerlo con più facilità. Sussultò quando le sue dita sfiorarono le cicatrici, ma non disse nulla; il suo viso sembrava riflettere una reale preoccupazione mentre lo accompagnava verso il letto, incassato nella parete più lunga della cabina.
Lyon fu svelto a sottrarsi alle sue premure e si accoccolò contro i cuscini a occhi chiusi, in attesa che le fitte si attenuassero, mentre Messalina, incerta, alla fine afferrò la pesante sedia intagliata posta accanto alla scrivania e la trascinò fino a posizionarsi davanti a lui. La sua ira bizzosa era stata spazzata via, ma l'uomo avrebbe di gran lunga preferito affrontare la sua lingua sferzante piuttosto che l'espressione di vergogna e inquietudine che le leggeva sul viso. Il silenzio era rotto solo dai richiami dei gabbiani e dai rumori distanti dei moli di Tortuga e si protrasse fino a diventare insopportabile.

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