XI. Coincidenze e colpe

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Furono introdotti in una stanzetta quadrata, illuminata dal fuoco brillante che scoppiettava nel camino di marmo e in cui erano stati portati un tavolo rotondo e tre poltrone foderate di seta: su una di esse, stringendo in una mano un calice di vi...

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Furono introdotti in una stanzetta quadrata, illuminata dal fuoco brillante che scoppiettava nel camino di marmo e in cui erano stati portati un tavolo rotondo e tre poltrone foderate di seta: su una di esse, stringendo in una mano un calice di vino rosso e nell'altra una sottile corona d'oro, sedeva Re George IV, della casata degli Hanover.
Non aveva una presenza imponente o particolarmente autoritaria, anzi, a vederlo pareva un innocuo uomo di mezza età: in sovrappeso e di bassa statura, giocherellava con il simbolo stesso del suo potere, facendo roteare la corona sul tavolo con aria assorta. Quando il valletto li annunciò, i suoi occhi blu saettarono su Lyon e si fecero più caldi, prima di soffermarsi su di lei con viva curiosità; Messalina strinse di riflesso il braccio del suo accompagnatore, desiderando di non aver speso in chiacchiere inutili il tempo che avrebbe potuto impiegare a scoprire di più sul conto dell'uomo che aveva di fronte.

"E, soprattutto, come dovrei affrontarlo..."

L'unica risposta di Blackraven fu sospingerla in avanti e accennare un inchino col capo. La ragazza si sarebbe voltata volentieri per incenerirlo con lo sguardo, ma non osò tanto davanti al monarca e piegò invece le ginocchia nell'inchino più maldestro che avesse mai fatto: le scarpette si impuntarono nel folto tappeto che copriva il pavimento, facendola barcollare e quasi perdere l'equilibrio. Il Re la tolse d'impaccio perché, dimostrando maniere squisite che niente avevano a che vedere con i modi spicci del figlio, accettò la sua riverenza con un sorriso mite e si sporse verso di lei per farle cenno di alzarsi.

«È da tempo che i miei occhi non si soffermano su una fanciulla così graziosa.» commentò gioviale. «E mi stupisce ancor di più vederla al braccio di mio figlio.»
Mess non poté fare a meno di scrutare Lyon di sottecchi: anche se lui sembrava risentire della sua condizione di figlio illegittimo, il Re non faceva mistero della loro parentela e anzi se ne compiaceva. Quell'incontro non stava affatto andando secondo le sue aspettative.
«Con chi ho l'onore di parlare?» continuò il Re, un po' seccato, dato che entrambi i giovani parevano essersi tramutati in due statue di sale.

«Sire, lei è Messalina Seymour. Figlia di Robert.» borbottò Lyon, accomodandosi infine su una delle poltrone e versandosi un bicchiere di vino.

L'espressione del Re si rabbuiò appena:
«Quel Robert Seymour?»

La fronte di Blackraven si inarcò in un'espressione colma di sarcasmo:
«Quante probabilità c'erano che la figlia di un altro Robert Seymour atterrasse sulla mia nave?»

«Già, già...» Re George tornò a guardarla con più attenzione, poi la invitò con un gesto del braccio a prendere posto. «Venite, miss Seymour. Si parla meglio seduti davanti al fuoco, non credete? Immagino che voi due abbiate molte notizie interessanti da riferirmi.»

Messalina rimase affascinata da quell'uomo, che non interruppe mai il resoconto di Lyon, ma si limitò ad ascoltarlo con attenzione mentre la sua espressione si faceva sempre più fosca; più volte, quando il figlio si soffermò sulle probabili colpe di Raymard e dei suoi complici, il Re aprì di scatto le ali, ma quello fu l'unico segno visibile della sua stizza.
Le protesi erano le migliori che avesse mai visto, ovviamente: sebbene l'oro fosse troppo pesante perché un uomo potesse sfruttarlo per volare, l'artigiano che le aveva create aveva fatto colare una sottile lamina di quel prezioso metallo lungo ciascuna delle centinaia di piume d'acciaio che si aprivano sulle spalle del Re. Il risultato erano due ali simili a quelle di un'aquila, che catturavano ogni bagliore del fuoco e brillavano luminose come il sole nella saletta priva di finestre.
Quando infine Blackraven tacque, Re George mandò giù l'ultimo sorso di vino e la parvenza di tranquillità che Mess aveva sperimentato nell'ultima mezz'ora svanì: pur senza sembrare minaccioso, il sovrano la fissava con insistenza ed era evidente che stava decidendo cosa dovesse farne di lei. In quelle iridi la ragazza vide la stessa freddezza che a volte si affacciava nello sguardo di Lyon, ma le somiglianze terminavano lì: gli occhi del corsaro dell'aria avevano una forma più esotica, il colore delle foglie a primavera e una scintilla di sincera arroganza che mancava in quelli del padre, resi più torbidi da anni di politica e intrighi.

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