XLV. La rabbia del principe

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Gli uccellini di Raymard si erano fermati a poche miglia di distanza dall'Argon e la circondavano come un grande stormo dallo sguardo ostile

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Gli uccellini di Raymard si erano fermati a poche miglia di distanza dall'Argon e la circondavano come un grande stormo dallo sguardo ostile. Tutti, a bordo, sapevano che sarebbe bastato un piccolo cenno da parte dell'uomo che era appena atterrato sul ponte affinché l'attacco riprendesse.

«Charlie?» mormorò Lyon, non riuscendo a credere ai propri occhi.

«In carne e ossa»

«Cosa... Cosa ci fai qui?»

Le sopracciglia bionde di Charles s'inarcarono:
«Sei una delle spie più famigerate d'Inghilterra, eppure a volte la tua lentezza d'intelletto mi lascia basito.»

Il volto di Lyon perse all'istante ogni colore.
«Sei qui con Raymard. Charlie, non so cosa ti abbia raccontato quell'uomo, ma devi sapere che è un bugiardo!»

«Oh, lo so. Tra simili ci s'intende. Tuttavia, quando mi raccontò di questa preziosa macchina in grado di trasformare l'elettricità in un'arma capii che non stava affatto mentendo e che l'occasione andava colta senza esitazioni.»

Blackraven scosse la testa e indietreggiò, fissandolo con gli occhi rosi dal dubbio.
"Chi è quest'uomo? Non è mio fratello..."
«Tutto questo non ha senso.»

«È così difficile per te ammettere che il tuo famoso acume ti abbia abbandonato? O forse è stata quella graziosa fanciulla, Messalina, a distrarti? Ah!»
Le labbra di Charles si arricciarono in un ghigno sprezzante:
«Del resto tu sei sempre stato un povero cieco di fronte ai lacci del cuore. È fin troppo facile tradirti, fratello.»

«Su questo hai senza dubbio ragione. Dunque sei qui solo per gongolare a mie spese?»

Per la prima volta gli parve di ravvedere in quell'uomo il Charles che conosceva, che si tolse dal naso gli occhiali e li lustrò con un lembo della camicia con fare nervoso.
«Pensavo di doverti una spiegazione. Ho ponderato a lungo sulla possibilità di lasciare che Raymard – o chi per lui – ti uccidesse senza che tu venissi a sapere del mio coinvolgimento. Poi ho capito che questo avrebbe vanificato i miei sforzi.»
Uno scintillio cattivo gli illuminò le iridi slavate:
«Volevo morissi sapendo di aver perso. Volevo sapessi che Margaret non sarà mai Regina.»

«Oh, Charlie, cos'è questa teatralità degna di nostro padre?» mormorò Lyon, inclinando il capo con fare pensieroso. «Leggere tutti quei drammi ti ha dato alla testa!»

«Leggere tutti quei drammi non è servito a niente!» replicò il fratellastro, inviperito. «Nostro padre era più prodigo di carezze con i suoi mastini! A otto anni avevo già letto l'Edipo Re tre volte, ma non bastava. A undici declamavo i sonetti di Marlowe a memoria, e ancora mio padre non trovava il tempo di guardarmi negli occhi – troppo impegnato a istruire una femmina e a correr dietro al suo figliolo bastardo!»

Il viso di solito gentile di Charles era devastato da un odio viscerale, covato per anni, che donava ai suoi occhi una scintilla maligna. Eppure Lyon non riusciva a conciliare le sue parole con il ricordo fanciullesco che aveva di lui: lo ricordava ancora come un bambino timido e smilzo, più incline agli studi che all'esercizio fisico, che sembrava muoversi in punta di piedi tra fratelli molto più fieri e turbolenti di lui.

ArgonWhere stories live. Discover now