Diamante a metá

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-Miseriaccia Harry, da sola con Malfoy!- esclamò Ron, facendo sobbalzare la bionda Corvonero al suo fianco.
- Silente sta perdendo colpi.- annuì Harry, scuotendo la testa sconsolato.
Erano da poco passate le cinque e dei Caposcuola nemmeno l'ombra.
Si erano riuniti in giardino, Harry e Ron, insieme a Daphne e Luna, Ginny e Blaise, in attesa di vederli comparire, magari per accertarsi che fossero entrambi interi.
Gli occhi verdi del Salvatore del Mondo Magico si incupirono: non gli piaceva quella situazione, nemmeno un po'.
La vicinanza di Hermione era fondamentale per lui, la sua presenza, la sua voce, lo sostentavano, come non avrebbe potuto fare nessun'altro.
Sentendosi osservato, sollevò gli occhi sulla bella Serpeverde che aveva di fronte: Daphne era interessata a lui, gliel'aveva fatto capire chiaramente.
La sera della sfilata, dopo la passeggiata che avevano fatto lungo le sponde del Lago Nero, lei gli aveva chiesto di accompagnarla al ballo.

*
Daphne aveva sorriso, di spalle ad Harry, sospirando, mentre il vento di Dicembre si insinuava tra i suoi capelli d'oro.
-Ho una cosa da chiederti.- gli aveva detto, senza giri di parole.
Si era voltata lentamente, fissando gli occhi azzurro-verde nei suoi. – Mi faresti da cavaliere al Ballo di Natale?- non un lampo di vergogna sul volto.
Harry era arrossito invece, grattandosi imbarazzato la testa. -Ecco io...-
- Non voglio una risposta adesso: posso aspettare.-
Harry aveva taciuto: erano le stesse parole che lui aveva rivolto ad Hermione una sera di poco tempo prima. Hermione.
Era entrata prepotentemente nei suoi pensieri, distogliendolo completamente dalla bionda visione di fronte a lui. Aveva sorriso distratto.
-Non voglio mentirti Daphne: l'ho già chiesto ad un'altra.-
- Lo so, ad Hermione.-
- Te l'ha detto lei?-
Lei aveva scosso la testa. – Si vede lontano un miglio quello che provi per lei. La differenza tra ragazzi e ragazze è che noi sappiamo guardare lontano, più lontano di voi.-
-Perché me lo hai chiesto, se sapevi...-
- Te l'ho già detto Harry: ho visto più lontano.-
Il discorso si era chiuso lì: Daphne era troppo legata alla Grifondoro per continuare a parlare della sua vita privata e Harry era troppo scosso per fare domande.
*


Punto della questione, lui non aveva ancora dato una risposta a quella stupenda ragazza che ora gli sorrideva serena.
Il viso corrugato di Ginny attirò la sua attenzione e, voltandosi, avrebbe giurato di aver visto Zabini strizzarle l'occhio.
Affilò lo sguardo ma sembrava tutto normale: Ron scoccava qualche occhiata di tanto in tanto a Luna, che sorrideva imbarazzata e la piccola Wesley parlottava con Daphne.
-Hermione!- una voce.
Gli occhi e il cuore di Harry scattarono.


Hermione e Draco bussarono leggeri alla porta dell'ufficio di Silente.
-Venite avanti, ragazzi.- la voce del Preside arrivò attutita dalla porta.
Il ragazzo abbassò la maniglia facendo un cenno alla Granger.
-Sedetevi, sedetevi pure.-
All'uomo non sfuggì la familiare intimità con cui accostavano le due sedie.
-Ecco, Professore, qui c'è l'abete.- Hermione consegnò la bustina al Preside, poi sorrise.
- Il suo amico è stato davvero gentile: ha detto che sarebbe bastato pronunciare un incantesimo per far tornare gli alberi alla loro forma naturale.-
- Rantos è un vero genio, anche se a molti può sembrare un vecchio rimbambito.-
Draco annuì vistosamente, come a dire che concordava sul "vecchio rimbambito" e lei gli pestò un piede, lanciandogli uno sguardo di rimprovero.
-Signorina Granger, Signor Malfoy, sono davvero fiero di entrambi: avete portato a termine il vostro compito con successo. – sorrise.- Domani potrete riposare.- li congedò. - Grazie ancora, ragazzi.-
Uscirono dalla stanza e scesero la lunga scalinata, avviandosi verso il giardino: i loro amici erano appollaiati sulle panchine di marmo del giardino.
Ginny fu la prima a vederla. – Hermione!- esclamò.


Malfoy la guardò con la coda dell'occhio: un sorriso le si era aperto sul viso, mentre sia allontanava in direzione delle amiche.
Potter la intercettò prima e la stritolò con un abbraccio ,al quale si unì presto il Pezzente.
Imbarazzata, la Granger si ricompose, sparendo nel cerchio formato dalle altre tre.
Blaise lo salutò con un cenno del capo, porgendogli una sigaretta.
-Ce l'hai fatta.- disse soltanto.
Lo ignorò: le occhiate omicide di Potter lo infastidivano parecchio e rispose con un ghigno tipico del suo repertorio.
-Dovresti invitarla al ballo, prima che lo faccia Potter.-
- Cambia disco, Zabini.-
Blaise sbuffò.
Daphne prese a braccetto, allontanandosi. - Ho chiesto ad Harry di accompagnarmi al ballo.- le disse.
Hermione spalancò gli occhi. – Ma Daphne!- rise. – Dovrebbe essere il ragazzo a chiederlo alla ragazza!-
-Come sei antica, Hermione!- la canzonò la Serpeverde.
- Va bene, va bene: e lui che ha detto?-
- Che l'aveva chiesto a te. –
- E' la verità.-
- Che hai intenzione di rispondergli?-
- La stessa cosa che ho detto a Ron, solo che tu mi hai anticipata: gli avrei detto di chiederlo a te. –
Daphne sorrise ,soddisfatta. – Non pensare a male, Hermione, non ho perso la testa per Potter: quando e se lo rivorrai, ti basterà dirlo.- le spiegò.
Hermione rise. – Mi basta come amico.- rispose.

-Tuo fratello morirà di infarto la sera del Ballo, non puoi fare questo a tua madre, Ginevra!- rise Hermione.
Lei sbuffò. – Non la prenderà bene, vero?- chiese, retorica.
Daphne lanciò uno sguardo a Ron, poi scosse la testa divertita. – Non credo proprio.- dall'altro lato della panchina, quest'ultimo e Zabini si squadravano, sospettosi.
-Io credo che se fossi tu a chiederlo, per il bene che ti vogliono, si comporterebbero bene.- fu l'ottimistica previsione di Luna.
- Vorrei che fosse vero!-
Draco diede una gomitata all'amico. – Torno a Serpeverde, ho bisogno di una doccia.- gli disse.
Non riusciva a capire cosa gli stesse prendendo: tornare a Hogwarts e all'abitudine, vederla con le amiche, vederla in quella che era la sua vita, gli faceva tornare in mente tutta la questione del "sangue". Si sentiva sporco, sporco perché lei lo aveva toccato.
Perché lui gliel'aveva permesso. Senza degnarla di uno sguardo, si avviò verso i sotterranei.
Blaise lanciò un'occhiata di saluto a Ginny, accompagnato da un sorriso, un sorriso visibile solo a lei, poi lo seguì.
-Credo convenga andare anche a noi, Hermione.- disse Harry. - Tra meno di un'ora si cena. - aggiunse.
La Caposcuola annuì, salutando le due amiche di Case diverse, poi si allontanò dal lato opposto preso dalle Serpi, verso la Torre dei Grifoni.


La Sala Grande era già piena di gente quando Malfoy si accomodò al suo solito posto, salutando Nott.
Daphne, al suo fianco, si lanciò in una fitta conversazione con Blaise, che aveva, probabilmente, come protagonista la Piattola.
Le parole "ballo", "fratello", "omicidio", furono più volte ripetute.
Senza farsi notare, scoccò un'occhiata in direzione del tavolo dei Grifoni: Potter e i due Wesley erano già seduti. Ma lei dov'era?
La Weasley alzò gli occhi su di lui, come se gli leggesse la mente e il ragazzo si affrettò a guardarla in un misto di odio e disgusto.
La gomitata di Blaise non si fece attendere.
Era passata circa mezz'ora dall'inizio della cena e della Mezzosangue nemmeno l'ombra.
Un'ansia giustificata cominciò ad insinuarsi nella sua mente e cominciò a battere il piede sotto il tavolo. Ancora un minuto, poi un altro.
Draco scattò in piedi, avviandosi a grandi falcate verso l'uscita. Varcato l'immenso portone, se la ritrovò scaraventata addosso come una furia.
- Granger, perché non guardi dove cammini!- sbottò scocciato: l'aveva fatto preoccupare e stava addirittura andando a cercarla.
La teneva ancora per le spalle, troppo furente per rendersene conto.
-Che modi, Malfoy, non l'ho mica fatto a posta!- ribatté lei.
Gli occhi azzurri di Draco si ridussero a due fessure. – Si può sapere dove cavolo ti eri cacciata?-
La Granger parve sorpresa della domanda. – Perché me lo chiedi?-
La Serpe realizzò, in quel momento, l'assurdo della situazione: che diritto aveva su di lei? Ma soprattutto: voleva un qualche diritto su di lei?
Qualcuno li urtò appena uscendo dalla Sala Grande, senza riconoscerli e il tempo riprese a scorrere, entrambi tornarono alla realtà.
Draco la lasciò. – Ci vediamo, Mezzosangue.- e il tono era di nuovo cattivo, di nuovo pungente.
La ragazza non lo degnò di uno sguardo, superandolo.


Draco camminò svelto: di nuovo quella sensazione di sporco che gli faceva saltare terribilmente i nervi.
Sbatté il ritratto dell'ingresso a Serpeverde, facendo capire agli altri il suo stato d'animo: in un secondo la Sala Comune fu vuota.
Si versò un bicchiere di Fire Whiskey, buttandolo giù tutto di un sorso.
La gola gli pizzicò appena e si avviò verso il corridoio, entrando nella sua camera. Il buio regnava sovrano.
Accese lui stesso le luci, rimanendo immediatamente di sasso: su di un angolo della sua scrivania faceva bella mostra uno degli abeti comprati dalla Granger.
La ragazza lo aveva ingrandito di pochi centimetri, era alto quanto elfo domestico: tante palline argentate e verdi lo adornavano, piccole luci saltellavano da un ramo all'altro. Si avvicinò e sfiorò appena il puntale: un angelo dalle sembianze femminili, con le ali spiegate.
Gli ricordava sua madre.
Al centro, nascosta tra i rami, una minuscola farfalla d'argento: Draco si abbassò per osservarla da vicino.
Sull'ala sinistra, un piccolo diamante, un rubino, tagliato a metà. Sorrise, dandosi mentalmente dell'idiota: la Mezzosangue.

Il Nostro Sangue || Dramione Where stories live. Discover now