Pronti per la partenza (parte 1)

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-Hermione, sei sicura che non vuoi che ti accompagni?- la voce impastata di sonno di Daphne la fece sorridere: avevano passato la nottata a cercare di tirarle su il morale, lei e le altre.
-Dormi, non voglio più ripetertelo!- sorrise, chiudendosi la porta della sua camera alle spalle.
Dai finestroni della Torre di Gryffindor, vide il cielo: era ancora buio, ancora non erano passate le sette e densi nuvoloni si addensavano sulla Scuola. Sospirò: quel clima era perfettamente conforme al suo stato d'animo.
Scese lentamente le scale, mentre l'aria si colorava di bianco ad ogni suo respiro: sembrava che il freddo si fosse messo d'impegno, per congelarla fino alle ossa. In Sala Comune trovò Harry, addormentato sul divano: gli aveva detto di non preoccuparsi, ce l'avrebbe fatta da sola, ma ovviamente, lui era lì. Si avvicinò, afferrando la coperta che, con il suo agitarsi, il ragazzo aveva fatto finire per metà sul pavimento e lo coprì, stampandogli un bacio in fronte.
Le sue palpebre sottili si mossero impercettibilmente e un inconscio sorriso gli addolcì i lineamenti, ma Harry non si svegliò.
Tutti erano in pena per lei: si erano esposti troppo, lei e Malfoy.
Il loro recentissimo allontanamento aveva creato più chiacchiere e pettegolezzi della loro "tregua".
Hermione si infilò il cappotto scuro, stringendone la cinta sulla vita sottile; sollevò il bavero, acconciando la sciarpa per coprirsi il più possibile, poi toccò ai guanti. Con un'ultima occhiata al ragazzo disteso lì accanto, si accinse ad uscire dalla Torre dei Grifoni.
Silente aveva fatto comunicare a lei (e probabilmente anche a Malfoy), che il treno per Londra sarebbe partito alle sette e trenta minuti in punto. Hagrid aveva il compito di scortare in carrozza i ragazzi fino alla stazione e di tornare poi a riprenderli alcune ore più tardi.
La ragazza fece un paio di calcoli: per arrivare a Londra, nebbia e gelo permettendo, ci sarebbero volute un paio d'ore, quindi per le dieci avrebbe riabbracciato sua madre e suo padre.
Il pensiero le diede una fitta di gioia e calore improvvisa, un senso di serenità la avvolse e, sorridendo, aumentò il passo in direzione della Sala Grande.


Draco uscì dai sotterranei, alzandosi il bavero del cappotto nero e passandosi una mano tra i capelli biondi lasciati leggermente in disordine per via del sonno. Non aveva avuto molto tempo per prepararsi: Blaise aveva cominciato a sbraitare che doveva sbrigarsi.
Guardò l'orologio d'oro che portava al polso: erano le sette meno qualche minuto, era ancora in perfetto orario.
Un pensiero lo fece imprecare: lei.
Aveva passato la notte a contorcersi nel letto, odiandosi e ammirandosi per la decisione presa la sera precedente: doveva tenerla lontana da lui, non aveva altra scelta.
L'immagine del braccio di Potter stretto intorno alla sua vita lo fece fremere di rabbia e un tuono illumino la finestra davanti alla quale stava passando a mo' di avvertimento: aveva preferito la vita a lei, ora doveva accettarne le conseguenze senza darle ulteriore fastidio.
Fece scricchiolare le nocche delle mani, entrando in Sala Grande, lei non c'era ancora.
Si accomodò al tavolo delle Serpi, guardandosi intorno: era così raro, se non impossibile, vedere quell'enorme stanza completamente vuota che ne rimase sconcertato.
La porta dietro il tavolo dei professori si aprì e Silente uscì silenzioso, per poi avvicinarsi al ragazzo.
-Buongiorno signor Malfoy.-
- Professore.-
- La signorina Granger non è ancora arrivata?-
Lui scosse la testa, sperando che lei non arrivasse mai:  come avrebbe fatto a saperla così vicina eppure così lontana?
-Sono qui, Professore!- quella voce squillante li fece voltare in contemporanea: Hermione sorrideva, il viso rosso per l'emozione, gli occhi accessi di entusiasmo.
Draco sentì una fitta di rabbia e dolore: era felice, lei.
Era tornata, senza battere ciglio, alla sua vecchia vita, una vita che non comprendeva lui.
-Oh, molto bene cara: vi scorterò fino al cancello, poi Hagrid sarà incaricato della vostra sicurezza fino alla stazione.
Ho provveduto a far recapitare ai suoi genitori un biglietto, in cui li invitavo a raggiungere la Stazione di Londra alle dieci in punto.
Mi fido di lei, Signor Malfoy: sono certo che si comporterà come si richiede ad un gentiluomo della sua portata.- il sopracciglio della Serpe si alzò: perché sembrava più una minaccia che un complimento?
Vide la Caposcuola puntare gli occhi su di lui e allargarli leggermente, come se lo avesse visto solo in quel momento.
-Buongiorno Malfoy.- gli disse infatti, in tono apatico: possibile che non provasse nulla di nulla?
Si era immaginato quei sorrisi e quegli sguardi eloquenti che si erano scambiati nelle ultime settimane?
Tutte quelle sensazioni ed emozioni contrastanti, quel combattimento continuo tra cuore e ragione, per lei, tutto per lei, era stato solo un sogno?
La consapevolezza di essere apprezzato, capito, stimato, per la prima volta dopo tanto tempo, quel sapore di casa che avevano le ore trascorse con lei, erano impressi soltanto nella sua di memoria?
- Granger.- rispose appena, alzandosi.
Si, era così.
Cosa poteva aspettarsi?
Lui le aveva chiesto di starle lontano, lui le aveva imposto un limite, in ogni momento della loro...amicizia?
Storse il naso a quella parola.
Non era ancora riuscito a definire con un nome quello che provava per lei, tuttavia l'aveva già persa.
-Seguitemi, ragazzi e copritevi: fuori si gela.- disse loro il Preside.
"Anche dentro" quel pensiero li accomunò.


Camminarono in silenzio fino alla carrozza, lo sguardo di lei sulla neve fresca, quello di lui fisso di fronte nella nebbia.
-Per di qua, ragazzi!- la voce di Hagrid gli comunicò che ci erano quasi: Silente aveva ragione, la temperatura era di molti gradi al di sotto dello zero.
- Da qui in poi, proseguirete da soli: siate prudenti, figlioli.- il vecchio mago si congedò, dopo aver posato una mano sulla spalla alla ragazza.
- Hermione, come ti senti?- il mezzo-gigante sembrava più eccitato di lei. Malfoy salì in carrozza, ignorandoli.
-Sono felice, Hagrid, molto.- lasciò che l'uomo la cingesse in un abbraccio stritolante.
- Hmm...credi che io piacerò ai tuoi genitori?- le domandò, imbarazzato, il mezzo gigante.
La Granger si sciolse in una risata sincera e poi, con tono più dolce che la Serpe bionda avesse mai udito, rispose.- Hagrid, i miei ti adoreranno! Ho raccontato loro tutto quello che hai fatto per me, per noi, di quante volte dopo gli insulti di...- si bloccò improvvisamente e Draco sapeva perché.
Era stato sempre lui a farla piangere, dal secondo anno in poi, erano stati i suoi gli insulti per i quali il mezzo-gigante l'aveva consolata.
-Ti adoreranno, vedrai.- sorrise, un po' meno serena, la ragazza, salendo anche lei.
La porta si chiuse e la carrozza partì: Malfoy seduto dal lato delle ruote anteriori lei da quello delle ruote posteriori.
-E così hai spifferato tutto ai tuoi.- commentò, senza riuscirsi a trattenere Malfoy.
Lei parve riscuotersi da un lungo sonno. – Come?- chiese.
-Ai tuoi genitori: hai raccontato di tutti i piagnistei di questi lunghi sette anni. -
Qualcosa cominciò a bruciare, negli occhi della ragazza: rabbia e indignazione.
-Hai paura Malfoy?-
Draco per poco non si strozzò. – Paura? Di cosa dovrei aver paura, di grazia?-
Il ghigno di Hermione somigliava in modo impressionante a quello di Draco.
-Che i miei genitori non gradiscano la tua presenza, ad esempio.-
Punto nell'orgoglio, la Serpe scattò.
-Tu e i tuoi genitori non siete degni di camminare sul pavimento di Hogwarts per via del vostro Sangue Sporco, non potreste nemmeno osare di avere l'ardire di insultare un Sangue Puro come me costretto a questa pagliacciata da Silente.- le parole gli uscirono come un fiume in piena e non ebbe il tempo di finire di pronunciarle, perché lo schiaffo di lei lo prese in pieno.
Non c'era più odio o rancore negli occhi di lei, niente dolore o compassione per lui.
-Quando questa pagliacciata sarà finita, considerami pure morta, Malfoy.-
Lui ebbe il buon senso di tacere.
Il viaggio verso l'Hogwarts Express continuò in un silenzio carico di angoscia e tensione.
L'aveva fatta grossa, più grossa di sempre, più grossa di lui.
Quel distacco con cui lo ignorava, quella compostezza con la quale guardava fuori dalla finestra, gli fecero mordere la lingua e torturarsi le mani: l'aveva persa.
Si maledì per quel pensiero: non era mai stata sua, era stato lui a non volerla.
Si sentiva un verme, ma quello che aveva detto era quello che pensava: la Granger era e sarebbe rimasta per sempre una Mezzosangue.
La guancia gli bruciava, ma mai quanto il cuore nel petto, alla vista del suo viso sereno: davvero contava così poco per lei?
-Niente Malfoy, tu non conti niente per me. – lo disse in un soffio, ma per Draco fu come uno schiaffo.
Non aveva usato il  Legilimens, ne era certo.


-Hermione, i tuoi genitori vi aspettano al di là del muro del binario nove e ¾. – le spiegò Hagrid, tendendole la mano per aiutarla a scendere dalla carrozza.
La ragazza annuì, salutandolo e si incamminò da sola verso il treno, ignorando Malfoy.
Aveva superato ogni limite: era stata una sciocca a credere che quel distacco fosse stato doloroso anche per lui.
Aveva osato insultare i suo genitori, il suo sangue, la sua natura, ancora una volta.
-Nome?-
- Hermione Jean Granger.- rispose all'uomo con la lista.
- Prego, da questa parte.- le indicò uno scomparto vuoto.
- Fermo lei!- l'uomo afferrò un braccio di Draco, che si stava accingendo a salire.
Con uno scatto il ragazzo scansò la presa.
-Nome. –
- Draco Lucius Malfoy.- proferì con orgoglio, gonfiandosi.
- Da quella parte.- gli indicò lo stesso scomparto della ragazza.
- Il treno partirà tra pochi istanti, signorina.- Hermione sorrise, annuendo gentile.
Malfoy alzò un sopracciglio, stringendo i pugni: possibile che, dovunque andasse, le persone rimanessero completamente ammaliate da lei?
La guardò di nascosto, rammentando con malinconia le ultime settimane, in cui aveva potuto ammirarla senza problemi: non si muoveva in modo rozzo o goffo, tuttavia non aveva la sensuale femminilità di molte coetanee.
La vide spostarsi una ciocca di riccioli dalle spalle e arricciare le labbra, come faceva quando qualcosa la scocciava.
Si morsicò la lingua: la Granger aveva una sorta di grazia innata, dote che non si conquista nemmeno con anni di tentativi.
Un fischio li fece sussultare e il treno prese a muoversi.
Un minuto dopo, piccole gocce di acqua scivolarono lungo la finestra, moltiplicandosi a dismisura.
Hermione osservò affascinata il suo riflesso nel vetro: ogni goccia di pioggia sembrava una lacrima che le accarezzava la guancia.
Si affrettò a distogliere lo sguardo, mentre un bruciore fastidioso le pizzicava il naso.

Il Nostro Sangue || Dramione Where stories live. Discover now