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23 MARZO

Jimin strinse a lungo quello che pensava essere il corpo di Yoongi mentre la luce mattutina si riversava dalla finestrella adiacente al letto

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Jimin strinse a lungo quello che pensava essere il corpo di Yoongi mentre la luce mattutina si riversava dalla finestrella adiacente al letto. Della pioggia della notte passata, nulla nel cielo ad averne lasciato traccia. La griglia che mascherava il vetro sottile proiettava ombre in accordo con le forme degli zigomi alti, delle guance piene, delle palpebre sigillate e delle labbra schiuse. Un primo soffio d'aria uscì da esse. Un secondo - uno sbuffo - quando si rese conto che stava abbracciando un cuscino. Costrinse il corpo a sedersi, stropicciandosi gli occhi con uno sbadiglio e i capelli ridotti a ciocche aggrovigliate e in disordine. I brillantini si trovavano da qualche parte tra le pieghe caotiche del copriletto, o forse sotto le federe stropicciate, sotto il materasso, vicino al battiscopa. I muscoli doloranti, si forzò a scrutare il corpo, dove solo un segno violaceo al centro del petto, incorniciato dalla catenella metallica, testimoniava il loro incontro: il resto sarebbe rimasto inciso nella memoria delle stelle, e nulla più. Sfregò la fronte, in cerca di scacciare stanchezza e confusione. Alzò il capo solo quando dei cardini scricchiolarono e Yoongi si trovò davanti a lui, solo l'elastico dei pantaloni a cingergli la vita e il resto del tessuto a occludergli la vista delle gambe, i ricci bagnati e un asciugamano attorno al collo, le braccia che lo tiravano.

«Che ore sono?» compose la domanda con tre, lente parole ancora impastate da un sonno che non sembrava pienamente soddisfatto.

La falange intermedia del pollice di Yoongi sfiorò il suo naso appena prima che lui si girasse, portasse entrambe le mani ai fianchi e stringesse gli occhi a un'illuminazione di cui aveva dimenticato l'intensità nei minuti che aveva passato chiuso in bagno. Nulla preparò Jimin alla voce arrochita che increspava le frasi dell'altro. «Quasi le dieci»

«Le dieci?» Jimin spinse la schiena in avanti come se avessero pressato con vigore eccessivo su di essa, in un tentativo ben riuscito di scacciarlo. Si mise in piedi con le lenzuola avviluppate attorno alle caviglie fredde, Yoongi che lo raggiunse per reggergli con accortezza le dita tra le sue, afferrandone le punte per i polpastrelli.

«Non c'è fretta» il ragazzo squadrò il corpo che avvolto in quell'albore dorato riluceva di splendore e perfezione ancora più che in qualsiasi altro istante. Quella vista sarebbe mai diventata abitudine?

«Devo- devo tornare a palazzo» cercò di oltrepassare Yoongi, pestando le coperte bianche e raggiungendo i vestiti della sera precedente che, tra un movimento e l'altro, avevano trovato una nuova dimora nella polvere del pavimento. «Solo Minji lo sapeva. Non l'avevo detto a nessun altro, mio padre...»

«Starà bene» completò Yoongi, nel momento in cui Jimin concluse con un: «Sarà preoccupato»

Si guardarono negli occhi. Yoongi lo sosteneva per gli avambracci, entrambi a piedi nudi tra legno, organza, seta e perle. Il pulviscolo ondeggiò in mezzo a loro, ostentando tutte quelle danze che i due non avevano avuto il coraggio di provare, i balli per cui mancava il tempo, i passi ancora sconosciuti. Dalla bottiglia ancora aperta il vino aveva impregnato la stanza del suo profumo, i bicchieri che rifulgevano grazie al loro carattere cristallino.

Water and Fire - Yoonmin #WATTYs2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora