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14 OTTOBRE

Un pugno chiuso, un colpo secco, un suono ripetuto

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Un pugno chiuso, un colpo secco, un suono ripetuto. La mano della governante non fu abbastanza per svegliare Park Jimin. Dovette spalancare prima la porta e poi gli spessi tendaggi che chiudevano le finestre per far sì che il giovane principe le prestasse attenzione. Il vassoio con la colazione giaceva abbandonato sulla toeletta. La ciotolina con le tre, solite zollette di zucchero aspettava solo che le dita aggraziate del principe le immergessero nella tazza di acqua bollente, appena dopo il filtro di tè nero. I raggi infreddoliti di metà Ottobre, a quell'ora ancora ridotti alla flebile illuminazione di un crepuscolo che perforava a fatica il buio notturno, schiarivano i decori della porcellana. Le sei del mattino.

Schiudendo gli occhi, Jimin tirò le coperte ancora più vicine alle orecchie. «Ancora cinque minuti, Minji, te ne prego»

«'Sta volta non mi freghi» Minji prese un lembo della coperta e lo tirò con forza nella sua direzione. Gli incerti bagliori aranciati del Sole sottolineavano quella sottile ragnatela di rughe che aveva inaugurato i cinquant'anni. «È mio compito farti arrivare puntuale ai tuoi impegni, e oggi ne hai già abbastanza»

«Ma ieri il ballo è terminato tardi»

«Niente scuse!»

Jimin sbuffò, si alzò dal letto e salutò Minji con un bacio sulla guancia. Minji sorrise. Non l'avrebbe mai ringraziata abbastanza. Era la madre che non aveva mai avuto, la donna che gli aveva insegnato come fare il fiocco ai lacci delle scarpe, come abbottonare una camicia. Non avendo né fratelli né sorelle, il giovane principe era l'unico figlio del re a cui Minji dovesse rivolgere le proprie attenzioni - e cure.

Camminò con la punta dei piedi nudi per qualche metro. Stirò i muscoli accanto al letto, ponendosi con la fronte rivolta al muro e le mani ai lati dei fianchi. Appoggiò la pianta del piede scalzo alla parete, facendone aderire gradualmente la sua interezza, fino ad arrivare al tallone. Trasalì al freddo contatto. Piegò lo stomaco sulle cosce, le braccia che rincorrevano l'intonaco bianco. Tese ancora il polpaccio. L'indice faticava a raggiungere il punto in cui l'alluce incontrava il muro, ma con una lieve pressione da parte di Minji, anche questo divenne semplice. Gli arti portavano ancora una sensazione di rigidità dalla foga con cui aveva danzato la sera precedente. Diciotto anni non si compiono tutti i giorni, e Jimin aveva dimostrato l'irrepetibilità del momento non lasciando la pista da ballo nemmeno un istante. Che il quartetto d'archi improvvisasse un valzer, duettasse con il pianoforte, o eseguisse un adagio poco importava. Per Jimin l'unico requisito era che la musica scorresse nelle sue vene.

Tornò con entrambi i piedi a terra, poi nelle pantofole. Nella stanzetta adiacente il solito catino intarsiato e l'asciugamano di soffice spugna. L'acqua fresca lo aiutò a riordinare i pensieri e acquisire quel poco di lucidità necessaria ad affrontare la giornata, anche se quella tipica pesantezza che gravava sulle palpebre non se ne andò nemmeno quando Minji passò la spazzola tra i capelli disordinati del ragazzo. Dalla cute alle punte, un soffuso solletico accompagnò il movimento della spazzola dal manico di avorio, che gradualmente allontanava masse di cernecchi dagli occhi scuri di Jimin. Trangugiando un boccone di torta e una sorsata di tè ancora bollente, egli seguì nel riflesso i movimenti delle labbra di Minji. Sottili e screpolate, diventavano una linea invisibile quando parlava con tanto trasporto come in quel momento.

Water and Fire - Yoonmin #WATTYs2021Where stories live. Discover now