II

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14 OTTOBRE

Aveva coperto il volto con le mani

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Aveva coperto il volto con le mani. Quel ragazzo, alla vista dell'erede del regno, aveva coperto il volto con le mani. Dieci dita lunghe e affusolate avevano coperto le palpebre serrate e la linea in cui si era contratta la bocca sottile. Del naso non si scorgevano che quelle due curve appena al di sotto delle sopracciglia scure. Jimin allora poté affidarsi solo al torso e ai polpacci stretti in un paio di stivaloni al ginocchio per conoscere meglio il ragazzo che aveva di fronte. Dall'avambraccio piegato dinanzi alla spalla, sfuggiva un lembo del mantello carminio, dove s'intravedeva un fine ricamo. In un primo momento il filo color terra, intrecciato a un altro di una seconda tonalità più scura, indusse Jimin a pensare a un passero, di quelli che, di tanto in tanto, bussavano alla sua finestra con il fine becco, a volte anche racchiudente un verme. Ma quando uno spasimo mosse l'avambraccio e il tessuto si liberò dalla piega del gomito, ecco che la chimera rampante dei Min svelò per intero l'abilità con cui l'avevano intessuta.

«Non riportatemi a palazzo,» i piedi scivolarono sul terriccio non appena tentò di stringere le ginocchia al petto. «vi prego. Io... io non posso tornare lì»

Jimin avanzò di qualche passo, gli zoccoli di Malachite che lo seguivano trascinando con loro un rumore attutito. A ogni centimetro di distanza colmato le spalle dell'altro si curvavano sul petto, come se tentando di scomparire la tensione che lo costringeva a irrigidire il diaframma potesse abbandonarlo. Quando il ginocchio sinistro dell'erede dei Park toccò terra, una delle mani dell'altro si chiuse su se stessa, una presa troppo fiacca per essere definita pugno. Le dita flesse si avvolsero attorno al palmo, come per aggrapparsi a un ultimo brandello di speranza che la corrente, ostinata, intendeva portar via. I lineamenti docili di Jimin studiarono quell'occhio messo a nudo davanti al suo sguardo. Il principe dell'Acqua tentò di essere il meno inquisitore possibile. Schiuse le labbra, come per parlare. Quando la voce lasciò le sue labbra, era già trascorso un minuto. «Non voglio farvi del male. Non so chi tu sia, o cosa tu abbia fatto, ma costringerti a tornare in un posto che nemmeno conosco è l'ultima delle mie intenzioni. Venite da lontano?»

«Non- non lo so» appena la mano di Jimin gli fu a poca distanza dal viso, forse per afferrare il suo polso e tentare di scostare la mano sinistra dalla parte di volto che nascondeva, il ragazzo dai capelli corvini portò il palmo accanto alla coscia, sul terreno asciutto. «Non so dove mi trovo. Ho visto delle mura e ho pensato che forse qui avrei potuto trovare un rifugio, ma...»

«Vi siete perso»

«Non ho la più pallida idea di dove andare. Baia Salmastra non è un posto di mia conoscenza»

L'ombra di serietà che oscurava il suo volto coincideva con la linea irregolare proiettata da una foglia. Il naso minuto e la pelle tirata tradivano appena vent'anni d'età, non di più, pensò Jimin. Eppure, la profondità con cui quelle pupille scavavano la sua anima e leggevano quello che aveva da dire ancora prima che le parole sfiorassero le sue labbra, scandendo con chiarezza le sillabe, lasciavano intendere la stessa saggezza di chi era maturato prima del tempo.

Water and Fire - Yoonmin #WATTYs2021Where stories live. Discover now