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330 giorni al 7 luglio

Il locale scelto per ospitare il concerto a sorpresa dei Plus Ultra, Lo Yuei, era uno dei più belli del quartiere.

Aveva uno stile moderno, ampie vetrate che davano sul cortile esterno ed alberi carichi di lucine che davano all'ingresso un qualcosa di magico.

A Touya era sempre piaciuta l'atmosfera che si respirava, era stato il teatro di uno dei loro primi grandi concerti e tornarci lo faceva sentire sempre un po' al sicuro.

Poggiò la spalla contro lo stipite della porta finestra del retro, vicino alle stanze che gli organizzatori avevano adibito a camerini. Teneva una sigaretta tra le dita, l'aria frizzantina del tramonto gli scompigliava i capelli scuri.

Era felice all'idea di rivedere Shoto quella sera, si impegnava sempre il triplo con lui in giro. Voleva fosse fiero di lui come quando rimaneva ore ad ascoltarlo suonare in garage.

Cacciò uno sbuffo d'aria, il sole stava sparendo lento dietro l'orizzonte. Stava per buttare la sigaretta quando due mani scivolarono sui suoi fianchi fino ad unirsi sul suo addome. Avvertì qualcuno premere il petto contro la sua schiena, un paio di soffici labbra si posarono alla base della sua nuca.

Socchiuse le palpebre, lo avrebbe riconosciuto ovunque.

«Che ci fai ancora qui, non dovresti essere su con gli altri?»

La voce di Keigo gli giunse come una carezza sulla pelle. Si strinse nelle spalle e buttò il mozzicone nel posacenere lì accanto.

«Non dovresti essere anche tu su con gli altri?»

Voltò la testa, incontrò le iridi color ocra del ragazzo e per un attimo si chiese quali geni avessero cospirato per creare un colore tanto particolare. Aveva capelli biondi che ricadevano in onde morbide intorno al suo viso, l'eyeliner nero assottigliava la linea già elegante dei suoi occhi e le labbra rosa sembravano macchiate di fragole; la definizione di un angelo, se solo avesse avuto le ali.

Keigo Takami aveva 26 anni, era il cantante dei Plus Ultra ed era caduto nella trappola che erano gli occhi di Touya con la stessa ingenuità con cui i bambini si fidano di chiunque gli dia un giocattolo e qualche caramella.

Era stato facile, fin troppo, innamorarsi del modo con cui accarezzava le corde della chitarra quando era in piena fase creativa. Muoveva il corpo a ritmo, lo sguardo fissava il vuoto e poteva durare attimi o minuti finché non se ne rendeva conto; allora alzava la testa, lo guardava e rideva imbarazzato.

Era quello il momento in cui il cuore di Keigo faceva un salto e cadeva, cadeva, cadeva e si fermava solo quando sbatteva contro il muro che Touya aveva alzato intorno a sé stesso.

«Non innamorarti di me, Kei», gli aveva detto una sera di dicembre.
Erano rimasti soli nel salottino delle prove, fuori nevicava, nell'aria c'era odore di cannella e vino speziato e Keigo aveva raccolto tutto il coraggio che aveva per annullare la distanza tra di loro.

Aveva stretto le dita attorno alla sua maglietta, si era alzato sulle punte e lo aveva baciato tremante, un po' impacciato.

Touya era rimasto immobile, respirava piano, guardava qualcosa che riusciva a vedere solo lui ma che sembrava fargli male.

«Non era la reazione che mi aspettavo», ammise il più basso facendo un passo indietro. Si sentiva terribilmente umiliato, ma cercò di darlo a vedere il meno possibile.

«E che reazione ti aspettavi?»

«Non lo so, che mi sbattessi su quel divanetto di pelle tanto per cominciare.»

Written in the starsWhere stories live. Discover now