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330 giorni al 7 luglio

Le dita di Katsuki stringevano il volante in modo distratto mentre guidava verso la sua meta. Era passato in officina per lasciare la macchina di Eijiro ed aveva raggiunto il retro dell'ampio spazio di lavoro per prendere la sua: era una macchina da corsa con l'assetto sportivo, nero opaca con una grossa X arancione sul cofano e rifiniture verde elettrico.

Passava ore della sua giornata sul motore di quella macchina, rombava tanto da vibrargli dentro l'anima e solo quando la guidava aveva l'impressione che il suo cuore effettivamente battesse.

Aveva compiuto da poco diciotto anni quando aveva partecipato alla sua prima corsa illegale; guidava già da qualche anno, di nascosto e senza patente, ma quando si era ritrovato in quel mondo aveva sentito per la prima volta un'emozione tanto forte da farlo tremare.

E così aveva gareggiato; all'inizio aveva perso, tanto. Aveva tenuto botta a scherni e prese in giro, si era chiuso in officina, si era allenato fino al giorno in cui aveva vinto senza più perdere. Aveva vinto ancora, e ancora e ancora fino a scalare le vette di quel mondo illegale che l'aveva accolto a braccia aperte.

«Bakugou», la voce profonda di Tobias gli diede il benvenuto appena sceso dalla macchina. In un mondo legale, Tobias sarebbe stato il suo manager: colui che si occupava di organizzargli le corse e, cosa più importante, che gestiva le sue vincite. Bakugou non aveva mai corso per denaro, gli importava relativamente poco dei soldi che accumulava ad ogni vittoria, così Tobias ed il suo gruppo gli avevano offerto protezione in cambio del 50% di ogni bottino.

«Tob», Katsuki alzò la mano guardandosi intorno, lo guardavano tutti con la coda dell'occhio ma era qualcosa a cui era decisamente abituato.

Tobias gli diede una serie di informazioni, il biondo ascoltava appena. Era già troppo preso, troppo concentrato.

Il suo sfidante si fece largo tra la folla, gli si piazzò di fronte con uno sguardo torvo; era alto e piazzato, la sua pelle leggermente ambrata era coperta da diversi tatuaggi tribali e le dita erano coperte da anelli d'oro decisamente pacchiani. Bakugou non si mosse di un centimetro, i tipi come quello erano sempre quelli che davano meno soddisfazione in gara.

«Pensavo fossi più grosso», commentò il tipo incrociando le braccia al petto. Katsuki si sforzò per non sbuffare, si limitò ad abbassare leggermente le palpebre sulle iridi rosse.

Non disse niente, salì in macchina e l'altro fece lo stesso mettendosi accanto a lui sulla linea di partenza.

Si guardarono per un attimo mentre una delle ragazze si posizionava tra le macchine con un fazzoletto colorato tra le mani.

Il motore rombava sotto i piedi di Katsuki, si sentiva vivo come mai. Provava un sentimento struggente, dilaniante ed allo stesso tempo incredibilmente liberatorio ogni volta che poggiava il piede sull'acceleratore. Era la cosa più simile all'amore che avesse mai avuto, lo stesso amore che aveva sempre rincorso senza mai trovarlo, una botta di adrenalina che gli correva dentro come fosse sangue.

Vinse la gara con uno scarto di cinque secondi, davvero tanti considerando che solitamente si parlava di millesimi.

Scese dall'auto un po' scocciato, non gli era mai piaciuto vincere con tanta facilità. Il gigante tatuato era imbronciato, sembrava sul punto di spaccare qualcosa.

La delusione di Katsuki crebbe a quella vista. Il buonsenso gli diceva di stare zitto, l'istinto che non riusciva facilmente a controllare prese il sopravvento.

«Pensavo sapessi guidare», sbottò con le mani in tasca.

Doveva aspettarsi quello che venne dopo, probabilmente proprio per questo motivo non si mosse di una virgola mentre il suo sfidante gli andava addosso come un rinoceronte infuriato ed alzava un braccio.

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