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116 giorni al 7 luglio

Izuku non amava l'alcool; non che non gli piacesse il sapore, era piuttosto una questione di dignità personale. Non lo reggeva più di tanto. Un paio di birre andavano bene, alla terza iniziava a perdere il controllo delle proprie azioni ed era qualcosa che davvero non gli piaceva.

Hitoshi era accanto a lui; non sapeva niente di Bakugou, ma per qualche motivo aveva passato tutta la sera al suo fianco come se avesse capito che il verdino fosse a disagio all'idea di rimanere solo.

«Hai intenzione di startene nascosto dietro il tavolo dei rustici tutta la sera?» chiese di punto in bianco attirando l'attenzione del più piccolo.

Quello sorrise, poi scosse la testa mordicchiando un tramezzino.

«Non devi rimanere qui per forza, so che non vedi l'ora di correre da Denki.»

Gli fece l'occhiolino, Toshi arrossì impercettibilmente prima di muovere la mano davanti al viso come se stesse scacciando una mosca.

«Mi fai preoccupare, gnomo», commentò studiandolo con quelle iridi profonde quanto il cielo di notte. «In genere non stai zitto un attimo.»

«Sto bene, davvero. Piuttosto, come va con lui?»

Toshi si strinse nelle spalle, le dita picchiettavano distrattamente sulla plastica del bicchiere che aveva tra le mani.

«Credo bene, insomma... non ne abbiamo mai davvero parlato. A volte ho l'impressione che abbia paura di me.»

«Paura?»

«Sì, come se pensasse che potrei ferirlo da un momento all'altro. Non lo dice, ma me ne rendo conto dal modo in cui esita quando usciamo insieme.»

Izuku arricciò appena il naso cercando di mettere insieme i puntini delle conversazioni avute con Denki.

«Beh... come fai a biasimarlo? Voglio dire, sei un bassista di una band piuttosto conosciuta, probabilmente hai mezzo Giappone che si venderebbe un rene per averti per una notte. Per non parlare del fatto che gli fai credere che tu voglia scopartelo e basta.»

Shinso alzò un sopracciglio piuttosto confuso ed Izuku ridacchiò per quella sua ingenuità.

«Che ingenuo che sei, di cosa credi che parliamo quando diciamo di andare a prendere un caffè e torniamo dopo quattro ore? Ha paura di essere solo un passatempo.»

«Ma non lo è.»

«A lui l'hai detto? Sei ambiguo. E tra parentesi, sei stato uno stronzo quando ti ha invitato a passare Capodanno con lui.»

«Primo: siete inquietanti. E secondo, non sono bravo con le parole. Se lo fossi, non sarebbero Touya e Keigo a scrivere canzoni.»

Il verdino ridacchiò di nuovo.

«Ti piace Denki?»

«Che domanda è?» Shinso alzò gli occhi al cielo.

«Rispondi e basta.» Izuku mordicchiò un altro pezzo di tramezzino in attesa.

«Io... certo che mi piace. Molto.»

Le iridi verdi di Izuku studiarono l'espressione di Hitoshi; non lo aveva mai visto tanto combattuto. Mandò giù l'ultimo pezzo, poi lo costrinse a guardarlo.

«Mi dici di che hai paura?» chiese quasi innervosito. Gli sembrava di avere di fronte una versione più grande di Bakugou. La differenza stava nel fatto che lui, a Denki, ci teneva in modo più che palese.

«Che cazzo ne so», sbottò il viola alzando gli occhi al cielo. «Io faccio schifo nelle relazioni. L'hai visto, lui? È sempre allegro, pieno di vita, potrebbe spaccare il mondo. Io non so cosa voglio dalla vita, non so nemmeno chi voglio essere.»

Written in the starsWhere stories live. Discover now